Come forma comanda: fogge (culturali) del pane.


Il Vocabolario Treccani sotto la voce "culturale" così afferma:

"(...) Che appartiene alla cultura, cioè alla storia della civiltà, di una popolazione, di un gruppo etnico."

Credo non vi sia definizione migliore di questa per descrivere il pane, prodotto dell'uomo e del suo "saper fare" ma anche e soprattutto della sua storia. E' indubbiamente un alimento simbolo dell'essere umano civile che si contrappone al selvaggio, che quindi non conosce cultura. Ce lo ricorda bene Omero attraverso Ulisse a cui Polifemo al primo sguardo: "Non parve un mangiatore di pane, ma un picco selvoso isolato tra i monti."
In questo articolato mondo che ruota attorno ad una pagnotta fragrante, le forme che essa assume non sono certo di secondaria importanza, soprattutto in Italia. Nel presente sempre più industrializzato e standardizzato, il nostro Paese ha saputo mantenere un ottimo livello di artigianalità attorno a molti prodotti, pane compreso. Ogni territorio ha infatti impresso caratteristiche particolari al nostro protagonista, determinando la nascita nel tempo di un numero ingente di forme diversissime tra loro. Questo punto però, quello cioè dell'aspetto del pane, non è di secondaria importanza, attorno ad esso infatti ruotano diversi fattori che l'hanno notevolmente influenzato, contribuendo alla diversità che noi oggi siamo chiamati a conoscere, valorizzare e vivificare. 
L'antropologo Alberto Mario Cirese così affermò "La forma non nutre: veicola informazioni e non calorie", un'affermazione profonda e perfettamente legata al pane, come cercherò di dimostrarvi.


Su coccoi, pane votivo asseminese,
provincia di Cagliari.


I fattori che influenzano le forme del pane possono essere inseriti in quattro categorie:
  1. pane e territorio (come sinonimo di geografia)
  2. pane e vita (del singolo e della comunità di appartenenza)
  3. pane e religione
  4. pane e materie prime
La prima categoria può sembrare ovvia ma non va sottovalutata. Una determinata forma può essere l'elaborazione di un prodotto per adattarlo meglio alle condizioni climatiche dell'ambiente in cui viene pensato ed elaborato ma anche, aspetto non meno importante, dei lavori che in quel territorio vi si praticano. L'esigenza di avere di che sfamarsi anche durante le brevi pause dalle fatiche quotidiane ha contribuito alla nascita e diffusione di tipologie che rispondessero a queste esigenze. Un primo esempio che desidero citare sono le pagnotte di dimensioni e ingredienti differenti a seconda dei diversi territori,  cotte in forni comuni dovevano durare per molto tempo, la cottura comunitaria infatti era effettuata in occasioni particolari. Un altro esempio importante è il pane carasau o "carta musica", una tipologia conosciuta e molto apprezzata. Nasce dall'esigenza dei pastori dediti alle greggi di avere un tipo di pane che potesse durare a lungo mantenendo intatte le proprie caratteristiche. Sono due esempi significativi dei tanti presenti e conosciuti; li accomuna però una caratteristica molto interessante (e che ha un forte valore simbolico): possono essere rigenerati e, addirittura, cambiare forma o divenire vere e proprie preparazioni gastronomiche. Il pane carasau, per esempio, diventa "frattau" se le varie sfoglie vengono bagnate nell'acqua bollente e poi condite con pomodoro e pecorino grattugiato, sovrapponendole come una sorta di lasagna. Un tema interessante questo, non solo in ambito gastronomico ma anche per riflettere sull'enorme duttilità di questo alimento e sulla sua capacità di adattarsi e mutare la forma originaria.


Pane carasau.


Estremamente interessante è anche la seconda categoria. Il pane è simbolo della vita e del susseguirsi delle stagioni. Al tempo stesso, come ho precedentemente scritto, è sinonimo di coesione sociale nelle differenti fasi che lo caratterizzano: realizzazione, cottura e consumo, siano esse compiute in ambito comunitario o domestico. L'insieme di questi elementi si realizzava (ed in realtà ancora oggi, con intensità e frequenza minori) in funzione di due finalità: uso quotidiano o cerimoniale. Per quanto riguarda la prima è influenzata da esigenze pratiche e dal legame con il punto precedente; più articolata invece è la seconda. Ne facevano parte le occasioni speciali che scandivano la vita dell'individuo e che mescolavano elementi del punto successivo (ovvero di natura religiosa) con altri di tipo laico o legati a pratiche agrarie antichissime. I pani devozionali o propiziatori antropomorfi (di forma umana) sono presenti in moltissime tradizioni, non solo nel nostro Paese. Un esempio di ciò può essere fornito dalla pupazza frascatana, una sorta di pane dolce simile ad un biscotto. E' tipica di Frascati, in provincia di Roma e composta da ingredienti semplici: farina "00", olio extravergine di oliva, miele millefiori dell'Agro Pontino, aroma d'arancio e raffigura una donna con tre mammelle i cui occhi e bocca sono costituiti, a volte, da semi d'orzo. La leggenda diffusasi attorno agli anni Sessanta afferma raffiguri una balia che aveva il compito di custodire i bambini di quelle donne che erano impegnate nella vendemmia; era in grado di calmare anche i fanciulli più irrequieti perché li allattava ad un seno finto da cui sgorgava vino di Frascati. Da qui la rappresentazione di tre mammelle: due per il latte e una per il vino. Leggenda a parte, questa forma particolare è antichissima e risale presumibilmente alle pratiche di propiziazione agrarie di matrice pagana e che erano necessarie per garantire un buon raccolto. Non è certamente un caso isolato quello citato, ve ne sono molti altri nel nostro Paese ma anche in molte altre località: Svezia, Francia, paesi dell'Est europeo, solo per citarne alcuni. In Italia, tra i tanti, La Pompia e Sa guada in Sardegna, i pupi di Pisticci in Basilicata e i Mostaccioli in Calabria.


Pupazza frascatana.


Il terzo punto è estremamente complesso, servirebbero alcuni articoli per poterlo trattare in modo compiuto; cercherò quindi di essere sintetico. Come ho già esposto prima, fin dalle tradizioni religiose antiche il pane è stato oggetto di attenzione in rituali di propiziazione e sacrificio alle divinità; in ambito cristiano la sua connessione a Cristo è assodata. Anche per questo punto gli aspetti importanti sono anzitutto il valore simbolico del nostro protagonista e, punto non secondario, le forme che esso assume. Attraverso questi due fattori il pane diventa un elemento sacrale e teofagico, ovvero un cibo ritenuto divino (o rappresentante la divinità), consumato consente l'instaurarsi di un legame tra umano e trascendente che può assicurare al primo innumerevoli benefici.
Lunghnasadh "festa/matrimonio di Lugh" è un esempio di quanto detto. Festa gallica celebrata ad inizio agosto e legata originariamente al raccolto, era costituita dalla preparazione di pani rituali di forme specifiche. Il Neopaganesimo ha attinto molto da questa ricorrenza; in questo movimento spirituale la ricorrenza è sostanzialmente un ringraziamento per il pane che incarna il primo frutto del raccolto. In alcune sue versioni si celebra cucinando un pane delle sembianze del dio che poi viene sacrificato e consumato ritualmente.
In ambito cristiano e italiano altri due esempi di questa categoria sono il pane del patrono e il pane votivo. Per il primo caso, come dice la parola stessa, è preparato in occasione di feste patronali; il secondo, forse quello più legato alla forma, assume infatti aspetto diverso a seconda della grazia chiesta per una particolare parte del corpo (occhio, mano, piedi, gambe), o per un voto compiuto. Il pane Su coccoi di Assemini in provincia di Cagliari (prima foto di questo articolo) è forse l'esempio più conosciuto: simbolo di arte, tradizione e devozione, ma anche abilità tecniche e artistiche; è preparato sia per il consumo giornaliero (con forme semplici) che, nelle realizzazioni più elaborate, per le grandi occasioni.
Vanno ricordati tutti quei pani dalle fattezze particolari preparati per celebrare le differenti solennità liturgiche dell'anno, Pasqua e Natale, soprattutto.


Pane pasquale.


Pippia Cun S'Ou, pane pasquale, Giba, Sardegna.


Una categoria particolare inerente a quanto appena detto è la cuddura, un tipo di ciambella intrecciata molto diffusa nell'Italia meridionale, che può essere sia dolce che salata. E' una forma che viene preparata in occasioni importanti in molte regioni ed è, in realtà, una vera e propria categoria. Al suo interno, infatti, si inseriscono numerosissime varianti terminologiche e culinarie tipiche dei differenti territori e delle tradizioni ad essi associate.
Concludo questo mio viaggio con l'ultimo punto che coinvolge le forme del pane legate però ad esigenze che definirei "tecniche". In funzione delle materie prime impiegate nella panificazione: cereali raffinati o integrali, surrogati quali patate, castagne o ghiande, le differenti forme sono state concepite per consentirne una resa ottimale in termini organolettici ma anche pratici. Anche il ceto a cui il pane era destinato era un fattore di discrimine: la nobiltà e la ricca borghesia contrapposti ai ceti bassi. 
Il pane quindi nel corso dei secoli è stato elemento culturale anche (e soprattutto) nelle sue infinite forme e significati. Ogni variante esprime il territorio di appartenenza, la gente che li vi ha vissuto e l'insieme delle credenze religiose, sociali e culturali che hanno plasmato quel pezzo di terra ed i prodotti ad esso associati. Un pane, tante forme; un' umanità, tante espressioni culturali.

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