Miele: dagli dei all'uomo.
Il miele è un alimento che, come molti altri presenti sulle nostre tavole, si è evoluto con l'uomo. Esso è uno di quei mezzi che hanno consentito all'uomo primitivo di sfamarsi e superare così le avversità alimentari legate all'approvvigionamento di cibo.
Nonostante tutto ciò, la presenza dell'ape sulla Terra supera di gran lunga quella dell'uomo; essa ha origine in Africa. Il famoso entomologo dell'Università dell'Illinois Charles A. Whitefield affermò: "Ogni ape che vive oggi ha il suo ascendente comune in Africa e poi si è dispersa in Europa con almeno due antichissime migrazioni"; gli studiosi sostengono inoltre che essa non abbia subito sostanziali modificazioni dalla preistoria a oggi.
Il legame alimentare uomo-miele si tradusse nella nascita e diffusione di numerosi miti riguardanti questo prodotto. Uno di questi vuole che le api siano nate dalle viscere di "un torello sacrificale, destinato agli dei, a dare rifugio ad esseri sprovvisti di piedi ma muniti di ali, freneticamente danzanti in aria, numerosi come una pioggia d'estate".
Nella cultura indiana il miele ha la virtù di far raggiungere all'anima i punti più elevati della trasmigrazione. Anche gli dei hanno a che fare con il miele: Visnù, in un mito, è egli stesso un'ape posata su un fiore di loto; Kama, dio dell'amore "possiede un arco la cui corda è formata da un festone di api" che simboleggiano le dolcezze e le pene d'amore.
Secondo gli antichi le sue origini erano mitiche: per Aristotele esso era generato dal cielo come dono divino che le api si limitavano a raccogliere; Plinio lo definiva "saliva delle stelle". Inoltre molti scrittori e poeti erano convinti fosse un tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Sono numerosi poi gli scritti dell'India antica (tra il 3000 e il 2000 a.C.) che testimoniano la sua conoscenza e utilizzo. Marco Polo inoltre testimoniò che presso i mercati cinesi si vendevano, tra i tanti cibi, delle gustose frittelle al miele.
Nella Bibbia abbondano i riferimenti al miele: nell'Esodo si parla di Canaan come di un paese dove scorre "latte e miele"; nell'episodio in cui Davide e i suoi compagni patirono di fame e di sete ricevettero miele oltre a latte di vacca. Anche le sue qualità benefiche vengono consigliate nel libro sacro: nei Proverbi (16, 24) "un favo di miele (...) dolce per l'anima e salutare per le ossa"; a volte esso assume anche un significato di insegnamento: a tal proposito Zofar dice a Giobbe (20, 17) che il malvagio "non vedrà più ruscelli d'olio, torrenti di miele e fior di latte".
Anche per l'Islam esso assume un'elevata importanza: per Maometto nel Paradiso scorrono fiumi di finissimo miele.
E' però all'Antico Egitto che spetta il primato sia per quanto riguarda il consumo che il suo posto nella società. Esso infatti assunse un ruolo importante in quanto segno della regalità del faraone. Nei geroglifici dell'ape regina è presente un scritto che reca il nome del sovrano Nebicaure Kheti III della X dinastia (2080-2060 a.C.) e in quello di Analknos, settimo sovrano di Naopata e Moroe. Oltre alla valenza simbolica esso era un elemento importante per omaggiare le divinità.
Tutti questi aspetti furono presenti anche nel mondo romano e greco. Virgilio immaginò che il miele fosse "il dono cadente della rugiada". In uno dei suoi Epigrammi (IV, 32) Marziale immagina l'ape (insetto) inglobata nell'ambra, come quasi sepolta nel proprio miele
"Si occulta e riluce in goccia d'ambra
come un'ape che appare rinchiusa nel proprio nettare.
Degno compenso ottenne dei suoi tanti sforzi:
si può credere che volesse morire così"
Secondo l'esegesi medievale esso rappresentava la soavità e la dolcezza dei precetti di Dio e della figura del Salvatore. Per Rabano Mauro si identificava con il miele la divinità e la sapienza spirituale, unite alla dottrina di Cristo; dal lato opposto, come simbolo negativo esprimeva la gioia dei piaceri terreni.
Abbiamo un esempio della presenza del miele nell'arte nel quadro presente qua sotto, di Piero di Cosimo, "La scoperta del miele", 1500 circa, Worchester, Art Museum.
Nel dipinto, su un tronco d'albero secco un celebrante del corteo di Bacco e un aiutante producono il rumore necessario a far sciamare le api per raccogliere indisturbati il miele; va ricordato che la storia della scoperta del miele è attribuita a Bacco e alla sua corte da Ovidio nei Fasto (III, 725-760).
Dal punto di vista economico-sociale, infine, il miele fu per secoli una valida alternativa allo zucchero, dapprima perché quest'ultimo non era ancora conosciuto, poi perché era appannaggio esclusivo dei ceti elevati.
Numerosi dolci storici di matrice povera in tutta Italia testimoniano quanto appena affermato.
Arte, storia e cultura si uniscono in un fluido "pieno di dolcezza".
Nonostante tutto ciò, la presenza dell'ape sulla Terra supera di gran lunga quella dell'uomo; essa ha origine in Africa. Il famoso entomologo dell'Università dell'Illinois Charles A. Whitefield affermò: "Ogni ape che vive oggi ha il suo ascendente comune in Africa e poi si è dispersa in Europa con almeno due antichissime migrazioni"; gli studiosi sostengono inoltre che essa non abbia subito sostanziali modificazioni dalla preistoria a oggi.
Il legame alimentare uomo-miele si tradusse nella nascita e diffusione di numerosi miti riguardanti questo prodotto. Uno di questi vuole che le api siano nate dalle viscere di "un torello sacrificale, destinato agli dei, a dare rifugio ad esseri sprovvisti di piedi ma muniti di ali, freneticamente danzanti in aria, numerosi come una pioggia d'estate".
Nella cultura indiana il miele ha la virtù di far raggiungere all'anima i punti più elevati della trasmigrazione. Anche gli dei hanno a che fare con il miele: Visnù, in un mito, è egli stesso un'ape posata su un fiore di loto; Kama, dio dell'amore "possiede un arco la cui corda è formata da un festone di api" che simboleggiano le dolcezze e le pene d'amore.
(raccolta miele in un'illustrazione medievale) |
Secondo gli antichi le sue origini erano mitiche: per Aristotele esso era generato dal cielo come dono divino che le api si limitavano a raccogliere; Plinio lo definiva "saliva delle stelle". Inoltre molti scrittori e poeti erano convinti fosse un tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Sono numerosi poi gli scritti dell'India antica (tra il 3000 e il 2000 a.C.) che testimoniano la sua conoscenza e utilizzo. Marco Polo inoltre testimoniò che presso i mercati cinesi si vendevano, tra i tanti cibi, delle gustose frittelle al miele.
Nella Bibbia abbondano i riferimenti al miele: nell'Esodo si parla di Canaan come di un paese dove scorre "latte e miele"; nell'episodio in cui Davide e i suoi compagni patirono di fame e di sete ricevettero miele oltre a latte di vacca. Anche le sue qualità benefiche vengono consigliate nel libro sacro: nei Proverbi (16, 24) "un favo di miele (...) dolce per l'anima e salutare per le ossa"; a volte esso assume anche un significato di insegnamento: a tal proposito Zofar dice a Giobbe (20, 17) che il malvagio "non vedrà più ruscelli d'olio, torrenti di miele e fior di latte".
(Guercino, Sansone porge ai genitori il favo di miele 1625-1626) |
Anche per l'Islam esso assume un'elevata importanza: per Maometto nel Paradiso scorrono fiumi di finissimo miele.
E' però all'Antico Egitto che spetta il primato sia per quanto riguarda il consumo che il suo posto nella società. Esso infatti assunse un ruolo importante in quanto segno della regalità del faraone. Nei geroglifici dell'ape regina è presente un scritto che reca il nome del sovrano Nebicaure Kheti III della X dinastia (2080-2060 a.C.) e in quello di Analknos, settimo sovrano di Naopata e Moroe. Oltre alla valenza simbolica esso era un elemento importante per omaggiare le divinità.
Tutti questi aspetti furono presenti anche nel mondo romano e greco. Virgilio immaginò che il miele fosse "il dono cadente della rugiada". In uno dei suoi Epigrammi (IV, 32) Marziale immagina l'ape (insetto) inglobata nell'ambra, come quasi sepolta nel proprio miele
"Si occulta e riluce in goccia d'ambra
come un'ape che appare rinchiusa nel proprio nettare.
Degno compenso ottenne dei suoi tanti sforzi:
si può credere che volesse morire così"
Secondo l'esegesi medievale esso rappresentava la soavità e la dolcezza dei precetti di Dio e della figura del Salvatore. Per Rabano Mauro si identificava con il miele la divinità e la sapienza spirituale, unite alla dottrina di Cristo; dal lato opposto, come simbolo negativo esprimeva la gioia dei piaceri terreni.
Abbiamo un esempio della presenza del miele nell'arte nel quadro presente qua sotto, di Piero di Cosimo, "La scoperta del miele", 1500 circa, Worchester, Art Museum.
Nel dipinto, su un tronco d'albero secco un celebrante del corteo di Bacco e un aiutante producono il rumore necessario a far sciamare le api per raccogliere indisturbati il miele; va ricordato che la storia della scoperta del miele è attribuita a Bacco e alla sua corte da Ovidio nei Fasto (III, 725-760).
Dal punto di vista economico-sociale, infine, il miele fu per secoli una valida alternativa allo zucchero, dapprima perché quest'ultimo non era ancora conosciuto, poi perché era appannaggio esclusivo dei ceti elevati.
Numerosi dolci storici di matrice povera in tutta Italia testimoniano quanto appena affermato.
Arte, storia e cultura si uniscono in un fluido "pieno di dolcezza".
Commenti
Posta un commento