La tradizione: i piatti della vendemmia.


La vendemmia non è solo il semplice lavoro di raccolta di un frutto che verrà poi trasformato, ma è il risultato di un lungo periodo di cura, attenzione, amore e, soprattutto lavoro, iniziati quando sopra i tralci non erano presenti nemmeno le foglie, e poi continuati lungo i mesi. 

E' anche però un rito che sancisce la fine di un periodo, la produttività della terra connessa alla bella stagione, e ne apre un altro, quello del riposo del suolo. Indubbiamente un momento particolare che viene celebrato da sempre nelle differenti manifestazioni del folclore: canti, credenze, pratiche antiche e, naturalmente, cibo.




La sua articolazione all'interno di questo vero e proprio evento che coinvolge non solo la scansione temporale produttiva ma anche la vita in sé, non è sviluppata esclusivamente in un senso ma si articola su più variabili e significati. Il cibo può essere presente infatti per festeggiare l'inizio della vendemmia o la sua fine, oppure anche come ristoro nelle pause di lavoro o durante i pranzi organizzati per i lavoratori, può anche essere un dono per celebrarla o, in generale, per omaggiare il frutto raccolto attraverso piatti in cui uva o mosto sono l'ingrediente principale.

Numerosi quindi le proposte gastronomiche che costellano il nostro Paese, da Nord a Sud; ne desidero citare alcune interessanti sul piano alimentare e culturale.

In Puglia, per esempio, esiste un piatto semplice ma gustoso: il purè di fave decorticate (chiamate bianche) abbinato ad un semplice grappolo d'uva, un esempio significativo di spuntino povero. Proposta gastronomica pensata per i lavoratori affaticati.

In Toscana è presente la "schiacciata con l'uva", una focaccia dolce diffusa soprattutto nelle province di Prato e Firenze. Piatto di origine popolare era preparato durante il periodo della vendemmia e in occasione delle sagre che lo accompagnavano o la concludevano. E' caratterizzata, come tutti i cibi di matrice povera, dalla semplicità degli ingredienti: pasta di pane, olio d'oliva, zucchero e uva nera, la tradizione vorrebbe della varietà canaiola, una tipologia poco adatta alla vinificazione.

In molte località, soprattutto del Nord, viene poi preparato il baccalà, alimento notoriamente associato alla condivisione e alla festa, preparato in numerose varianti: mantecato, in umido, semplicemente bollito e poi insaporito con olio e prezzemolo, oppure cucinato con l'aggiunta di chicchi d'uva.

In Calabria invece per il pranzo della vendemmia si preparano melanzane fritte, patate e peperoni oppure anche un classico: pasta e fagioli.

In Emilia non possono mancare le proposte gastronomiche più conosciute: i meravigliosi salumi misti accompagnati da torta fritta (o gnocco fritto) ma anche nel piacentino "pisarei e fasò" e "tortelli con la coda". Più connesso alla vendemmia è però il "sugolo" o "sugol", budino di antiche origini preparato col mosto d'uva e la farina.

A Verona, nello specifico in Valpollicella, c'è la "pisota con l'ua", torta rustica che veniva preparata all'interno delle famiglie, sempre e avente, come elemento principe, i grani d'uva.

Infine nelle Marche ci sono i "sciughetti", simile per certi versi al sugol emiliano, si tratta quindi di un dolce a base di mosto che viene fatto ridurre, legato con farina ma, in questo caso, alla fine può essere aggiunta frutta secca come noci o nocciole.

Piatti semplici e gustosi, frutto di esigenze pratiche, necessità insomma, ma che sono diventati nel tempo fonte di cultura alimentare, sociale e veri e propri riti dello scorrere del tempo e del susseguirsi dei lavori agricoli.

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