Alla scoperta del mistero: i deliziosi funghi trombette.

 

Delle moltissime specie di funghi edibili che arricchiscono le nostre tavole e le tradizioni culinarie di molti territori ne  esiste uno poco conosciuto e dall'aspetto molto particolare: il fungo trombetta. Il Craterellus cornucopioides assume vari nomi a seconda delle località in cui è raccolto e consumato, di certo i più conosciuti sono: trombette dei morti o semplicemente trombetta ed è parente dei più noti finferli.

Si trova generalmente nei boschi e nelle foreste di latifoglie decidue dell'Appennino e delle Alpi.

Il colore molto scuro, tendente al nero, e la morfologia lo rendono una specie (purtroppo) poco conosciuta ed apprezzata. Il suo nome, secondo alcune teorie, deriva infatti da due fattori: il primo è connesso alle peculiarità fisiche; il secondo invece al fatto che è l'ultima specie di funghi ad essere raccolta prima dei rigori invernali e, generalmente, la sua presenza si mantiene fino all'inizio di novembre (il periodo dei morti, appunto) e, in casi di condizioni climatiche particolari arriva fino alla fine del mese. Come capita però per molti altri doni della natura vi sono convinzioni differenti in merito all'origine del nome e alla sua diffusione.



(Albin Schmalfuss, Totentrompete, 1897)



Se vi capita di leggere libri che parlano di funghi e che descrivono anche il nostro protagonista,  potrete trovare spesso l'informazione che il fungo trombetta ha, dal punto di vista organolettico, un aroma molto simile a quello del tartufo. In realtà questo è vero solo in parte perché il suo gusto ricorda solo vagamente quello del nobilissimo prodotto della terra molto amato e apprezzato. Alcuni studiosi hanno collegato questa credenza all'abitudine passata di matrice povera e/o rurale di farlo essiccare e sbriciolarlo sulle pietanze , soprattutto i primi, per conferire loro gusto e profumi particolari. 
Certo è che nei secoli scorsi è stato un ingrediente molto utilizzato dalle cucine contadine di molti territori le quali, per necessità, impiegavano le poche materie prime disponibili e quei doni della natura che potevano essere facilmente raccolti e conservati, alleati indispensabili per portare qualcosa su una tavola troppo spesso scarna e affamata.
Alcune di queste ricette sono giunte fino a noi e costituiscono, ancora oggi, dei tesori preziosi di gusto e storia da conoscere e valorizzare. 
Nella zona di Urbino, per esempio, i funghi trombette vengono fritti; in Friuli-Venezia Giulia e, nello specifico, in alcune località della provincia di Udine, sono indispensabili per cucinare una zuppa molto gustosa alla quale si uniscono anche le castagne e la pitina, un salume molto particolare della zona. Nell'Appennino emiliano e in alcune aree della Lombardia invece vengono aggiunte al risotto per arricchirne il sapore col loro particolare aroma.
In altre località del Nord Italia invece vengono stufate, abbinate a ingredienti quali carni e/o formaggi a costituire salse per condire la pasta.
Certo è che il loro colore e la forma molto particolari generano spesso molta diffidenza sia sul loro gusto che sull'idoneità al consumo (è giusto ricordare che il consumo dei funghi raccolti deve essere molto attento e solo dopo opportune verifiche da esperti).
E' singolare tuttavia che in un mondo come quello odierno molto aperto alle influenze sensoriali, gustative e culturali diverse dalle nostre e, per alcuni casi anche molto particolari o intense, ci sia ancora diffidenza e poca conoscenza nei confronti di materie prime come i nostri protagonisti che, in realtà, sono dei tesori preziosi di profumi e tradizioni.
Se conoscere vuol dire (anche) assaporare allora dovremmo aprirci anche a prodotti dei nostri territori che, inspiegabilmente, ci rendono diffidenti o, peggio, chiusi all'esperienza culinaria. Forse così riusciremo a ri-scoprire una fetta dei luoghi in cui abitiamo, delle tradizioni che si sono evolute nel tempo e, soprattutto, degli uomini e donne che li hanno resi ricchi dal punto di vista culturale e gastronomico.

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