Appunti storici e culturali sulla ricetta.


Come intendiamo noi oggi la ricetta? Sicuramente le mode sempre più crescenti collegate alla cucina hanno posto questo termine e i corrispettivi materiali e culturali al centro dei desideri come mezzi per possedere tutti i segreti e i procedimenti corretti legati a un piatto. Una prova di quanto appena affermato risiede nei ricettari che sono contenuti in molte riviste che oggi si possono trovare in edicola, oppure vengono venduti come loro allegati. Al tempo stesso, come in passato, sta diventando anche il documento di un'esperienza che porta la casalinga a conoscere nuove preparazioni, provarle in casa e fissare la memoria di esse sulla carta per sé o anche per amiche e figli. E in passato? Sebbene oggi siamo abituati alla trasmissione della ricetta attraverso la scrittura, nei secoli scorsi non era affatto così, o meglio, non per tutti i ceti questa modalità era la norma. Nei livelli bassi della società infatti le conoscenze culinarie venivano diffuse fondamentalmente in modo orale, salvo alcune eccezioni.
La ricetta ha una struttura (un'impalcatura insomma) rimasta generalmente inalterata nel tempo e nello spazio e altre parti, come le attrezzature impiegate o alcuni ingredienti, che hanno subito inevitabili variazioni.




Altro aspetto estremamente importante nel tempo e tuttora presente è il rapporto tra gusti, programmazione della ricetta stessa e sua elaborazione scritta: essi possono essere soggettivi, ovvero strettamente correlati a chi scrive, o conformarsi a quelli della società del suo tempo. Anche abbinamenti di materie prime e modalità di cottura sono fortemente condizionati da questi ultimi due fattori. 
Poiché in passato le ricette destinate ai ceti elevati erano utilizzate nella quasi totalità dei casi dagli addetti ai lavori, ovvero i cuochi di corte, non era necessario riportare in modo minuzioso le dosi di ogni singolo ingrediente, tutt'al più potevano comparire le proporzioni. In questo caso la versione esistente era una formula concisa, che dava per scontato la conoscenza dei metodi cottura e delle tecniche di preparazione dei piatti. Essa fu molto presente quindi nelle ricette dei manuali culinari a uso professionale. 
Come ho già argomentato in altri articoli, dalla parte opposta si ponevano le ricette presenti nei libri di cucina a uso delle famiglie di stampo borghese. Poiché in questo caso gli addetti erano donne non considerate professioniste, e la loro stesura era seguita fondamentalmente dalla padrona di casa, quest'ultime abbondavano di particolari, consigli e, soprattutto, presentavano le dosi dei vari ingredienti. In pratica, quando le competenze venivano date per scontate (come accadeva per le cucine professionali) la ricetta si accorciava, aspetto connesso non solo alla professionalità/preparazione dei cuochi, ma anche alla geografia e quindi al territorio in cui la ricetta veniva scritta. Un esempio di ciò è fornito dalle versioni a tema pasta del territorio napoletano, all'interno delle quali non veniva precisata la cottura dei maccheroni perché era una delle abilità della zona connesse alla produzione di un manufatto, la pasta appunto, profondamente legata alla storia di quella città campana.
Dal lato opposto si pone la ricetta che si diffuse soprattutto attorno al XIX secolo ma che fu presente anche agli inizi del XX. Un esempio significativo ci viene offerto da "La cuoca del presidente", film francese di Chrisitan Vincent; in una scena infatti l'uomo descrive alla protagonista le ricette lunghe e poetiche contenute in un libro di inizio Novecento e che lui amava imparare a memoria da piccolo.
Ma la minuziosità connessa alla scrittura della nostra protagonista in ambito domestico aveva anche esigenze pratiche, essa era connessa alla gestione della casa e diventava quindi: lista della spesa, alleata indispensabile per organizzare il lavoro e documento per l'economia domestica e la gestione interna.
Nelle cucine professionali i cuochi utilizzavano la ricetta come strumento per imprimere il loro sapere e quindi trasmetterlo, ne sono un esempio: le annotazioni o gli approfondimenti legati all'uso delle materie prime, quelle relative ai prodotti migliori presenti nei vari mercati, i consigli legati in generale al loro acquisto in funzione delle stagioni e la conseguente trasformazione. La ricetta in quest'ultimo aspetto è quindi anche un documento di lavoro ed esperienza, un modo per mostrare le proprie conoscenze professionali.
Significati, simboli, aspetti che hanno viaggiato nel corso dei secoli e sono giunti fino a noi, donandoci un modo di conservare i ricordi di cucina, le esperienze di lavoro e di vita che oggi è fondamentale sia per i professionisti che per gli appassionati. Spesso sfogliando vecchi quaderni delle nostre nonne, mamme e zie, la memoria va alla loro presenza, all'amore profuso nella cucina e alle preparazioni golose cha sapevano realizzare. Così ci vengono alle mente anche profumi, colori, sapori e sensazioni che credevamo dimenticati ma che vivono ancora in noi, forse addormentati, o semplicemente nascosti. Questo è l'ultimo aspetto che desidero menzionare e che affascina sempre più persone: una pagina ingiallita o consumata non è solo una qualche annotazione di una preparazione, ma uno scrigno immateriale potente, capace di connetterci al nostro passato e alle persone care, facendole vivere in noi.
Forse è per questo che la ricetta e, più in generale, la cucina sono così straordinariamente affascinanti, ancora oggi.

Commenti


  1. Le ricette del passato, almeno fino a tutto l'800, oltre ad essere strumento utile ai cuochi, sono specchio della cultura, del gusto, delle possibilità e della capacità creativa dei cuochi o comunque esperti di cucina del tempo in cui la ricetta è scritta. Ad esempio, Cristoforo di Messisbugo, nella prima metà del 500, mostra nella sua opera quali erano i gusti degli Estensi, le materie disponibili, le tecniche operative ed è quindi speccio fedele della civiltà della tavola in quei decenni. Quindi le ricette vanno sempre collocate nel tempo e nello spazio, di cui sono espressione, così come sono espressione della creatività dei più esperti cuochi del tempo.

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  2. Le ricette del passato, almeno fino a tutto l'800, oltre ad essere strumento utile ai cuochi, sono specchio della cultura, del gusto, delle possibilità e della capacità creativa dei cuochi o comunque esperti di cucina del tempo in cui la ricetta è scritta. Ad esempio, Cristoforo di Messisbugo, nella prima metà del 500, mostra nella sua opera quali erano i gusti degli Estensi, le materie disponibili, le tecniche operative ed è quindi speccio fedele della civiltà della tavola in quei decenni. Quindi le ricette vanno sempre collocate nel tempo e nello spazio, di cui sono espressione, così come sono espressione della creatività dei più esperti cuochi del tempo.

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    1. Vero ma in parte, l'opera di Messisbugo che lei ha citato è molto di più di una raccolta di ricette perché contiene anche aspetti importanti utili a chi svolge la professione del cuoco presso le corti nobili. Inoltre ascrivibile all'autore appena citato sono due opere e non una sola, una che tratta dei banchetti principeschi e l'altra che parla di preparazioni e vivande. Infine mi sento di aggiungere un aspetto più importante legato alla ricetta e alla sua collocazione nel contesto storico: essa infatti è importante non tanto perché espressione di fantasia dei cuochi ma perché testimonianza di una costante ed interessante evoluzione del rapporto dell'uomo col cibo.

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