La particolarità: Su Càbude, il pane per finire l'anno.

 

Ho già avuto modo in altri approfondimenti di analizzare il rapporto tra il pane e l'uomo, soprattutto in relazione ai piccoli/grandi eventi della vita.

Questo alimento infatti, importantissimo per l'alimentazione quotidiana, si è caricato nei secoli e, fin dalle civiltà antiche, di valenze simboliche e culturali importantissime. Vita, morte, nascite, matrimoni ma anche il ciclo delle stagioni, hanno influenzato la produzione di questo bene prezioso per l'essere umano. Un vero e proprio nutrimento identitario dell'uomo e del suo "essere", tanto che nell'Odissea di Polifemo, personaggio strano e sconosciuto, viene detto che: 


"Non parve un mangiatore di pane".


Anche la fine dell'anno quindi è un avvenimento molto importante che, fin dall'antichità, sanciva la conclusione di un ciclo e l'inizio di uno nuovo, il rinnovarsi della vita insomma, con tutti i significati di matrice religiosa e antropologica che esso comporta. 

Molti cibi dolci e salati sono stati elaborati nel corso del tempo. Oggi, in particolare, desidero parlarvi di un pane sardo poco conosciuto rispetto a tante altre preparazioni gastronomiche della meravigliosa isola italiana: Su Càbude.




Nello specifico è un pane preparato in occasione dell'anno nuovo. La sua origine è legata al periodo precristiano. La connessione di questa particolarità non è però alla fine dell'anno come l'intendiamo oggi, o meglio, nel periodo in cui è posta attualmente. E' infatti legato alle epoche in cui questa ricorrenza era fissata non tra dicembre e gennaio ma a settembre, mese in cui secondo le tradizioni antiche era stato creato il mondo. Non a caso, in molte aree rurali ancora oggi l'anno agrario inizia secondo le tradizioni antiche.

Un prodotto che si origina impastando ingredienti semplici ma ricchi di sapore e sapere: semola, pasta madre, acqua di fonte tiepida e sale. Anticamente al pane si dava la forma del volto del suo destinatario/committente o degli oggetti che utilizzava per il suo lavoro (che erano, generalmente, di matrice agraria).

Era infatti realizzato da contadini o pastori che lo impastavano la notte di Capodanno o in corrispondenza dell'Epifania. Un prodotto carico di simbolismi, anche nella sua preparazione e, soprattutto, nel consumo. Infatti in alcune comunità veniva spezzato simbolicamente dal capo famiglia sulla testa del figlio maschio più giovane. In altre località, invece, era spezzato sul capo del primogenito. 

Azioni e simbolismi importanti che si ricollegano ad altri, inerenti il pane e il ciocco di Natale. Riti collegati ai cosiddetti "pani della festa", prodotti particolari e ricchi di ingredienti (nella tradizione contadina burro e frutta secca) che sono sostanzialmente i progenitori del panettone.

Il nostro protagonista può essere preparato sia nella versione salata che in quella dolce. In quest'ultimo caso è farcito al suo interno con sapa (mosto cotto) e mandorle. Un prodotto quindi denso di gusto, storia e simbolismi che andava preparato con cura e attenzione. Infatti, qualsiasi evento che potesse rovinare il pane o alterarlo era visto come un presagio nefasto per il futuro dell'intera famiglia.

La versione dolce, con aggiunta di uva passa, è un dolce tipico soprattutto di alcune località come Ozieri, in provincia di Sassari. Naturalmente anche gli ingredienti erano importanti perché portatori di fortuna, fecondità, ricchezza per la famiglia che li consumava e per le attività agricole ad essa correlate. Anche le decorazioni che ne caratterizzano la superficie avevano una funzione beneaugurale e apotropaica importantissima.

Un prodotto quindi che unisce gusto, cultura e credenze che è bene conoscere e, soprattutto, valorizzare. Squisitezza assolutamente particolare per concludere bene l'anno e iniziarne uno nuovo!

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