Epifania: cultura, cibo e tradizioni.


"L'Epifania tutte le feste si porta via"

Questo detto è conosciuto in tutta Italia e viene ricordato e recitato il giorno dell'Epifania, ultima festa che chiude il periodo natalizio. In realtà è un retaggio antico, quando con questa ricorrenza annuale terminavano i festeggiamenti dedicati al solstizio d'inverno.
Com'è successo per altre solennità religiose presenti all'interno del calendario odierno, l'Epifania è andata a sostituire culti di matrice pagana.


(Emile Rouargue, La befana, XIX secolo,
incisione)


Nello specifico, è  presente ancora oggi un collegamento molto stretto tra questa festa ed i riti legati all'inverno delle culture antiche. Questo periodo infatti, fino al solstizio di primavera, era il lasso di tempo in cui venivano officiate numerose cerimonie di natura propiziatoria legate al risveglio della natura. Nel sistema culturale e religioso delle culture antiche, soprattutto in area mediterranea, i riti agrari avevano vitale importanza: essi consentivano all'uomo di poter propiziarsi le divinità e la madre terra, garantendosi la possibilità di un nuovo e abbondante raccolto. Ecco che quindi pratiche di fertilità, sacrifici e atti di riparazione per i danni che l'aratro provocava alla terra, madre feconda, assumevano un ruolo particolarmente importante. Proprio in questo sistema complesso si inserivano le celebrazioni officiate in occasione dell'Epifania, particolarmente importanti perché anticipatrici del ritorno della vita.
Sono numerosi gli alimenti consumati durante questa festa, essi incarnano le aspettative di abbondanza e positività che l'uomo cercava (e lo fa anche ora) all'inizio dell'anno, due su tutti desidero menzionare: il maiale ed i legumi.
La befana stessa, che tutti i bambini aspettano con trepidazione quale ultima dispensatrice di doni prima della fine delle feste, era probabilmente una strega benevola. Solo successivamente, con l'avvento del Cristianesimo e la messa al bando dei culti antichi, essa assunse gradualmente una connotazione negativa divenendo simbolo del peccato, del male e dell'anno appena trascorso. Proprio per questi motivi non mancano i casi in cui viene ancora oggi, come in passato, data alle fiamme (nelle sembianze di un fantoccio), lei che con le sue rughe rappresenta tutti i peccati accumulati nell'anno appena trascorso e, con l'andamento lento e curvo il peso della colpa. Una sorta di anticipatrice insomma di altri roghi che vengono fatti a metà Quaresima ma che hanno le stesse funzionalità apotropaiche.


(Pieter Aertsen, Adorazione dei Magi, 1560 circa, 
Rijksmuseum, Amsterdam)


Dal punto di vista alimentare, non si può parlare di festa senza includere il cibo. Ho avuto modo infatti di ricordare numerose volte come esso sia molto presente durante le numerose ricorrenze religiose e civili che costellano l'anno. L'Epifania non è di certo da meno, essa è infatti un tripudio da Nord a Sud di piatti dolci e salati che sono sostanzialmente l'ultima celebrazione della festa prima di Carnevale. Gli esempi che si possono fare sono numerosissimi, ne cito solo alcuni: i pepatelli teramani, biscotti tipici dell'Abruzzo ma che si trovano anche in Molise, sono preparati durante il periodo natalizio con ingredienti che sono essi stessi il simbolo delle occasioni speciali (pepe, miele, cacao, scorza d'arancia); la focaccia della befana, di matrice piemontese, è un dolce a lunga lievitazione al cui interno viene inserita una moneta. Un caso molto interessante questo, che permette di capire come il passato ed il presente abbiano un legame molto stretto, infatti anche durante i festeggiamenti di questo periodo nell'antica Roma venivano confezionati dolci/focacce al cui interno venivano inserite monete come simbolo di buon auspicio per chi le avesse trovate. Spostandosi al Sud si trovano i purcidduzzi salentini e le cartellate baresi, costituiti da farina, olio e vino bianco, modellati a spirale con diverse cavità che, dopo la frittura, sono funzionali a contenere mosto cotto o cotto di fichi. Come non ricordare anche gli anicini della Liguria, biscotti che vengono accompagnati da vino dolce, ma anche la ciambella dei Re Magi composta da pasta lievitata arricchita con canditi , uvetta e zucchero.
In ultimo desidero chiudere con un riferimento dolce curioso: la pastiera, tipica napoletana. Una squisitezza che è strettamente collegata alla Pasqua ma che in realtà viene preparata anche in occasione della prima importante solennità religiosa dell'anno civile, l'Epifania appunto. Essa viene chiamata infatti "prima Pasqua", in riferimento a quanto appena detto. Un aspetto curioso che si intreccia presumibilmente non solo con gli usi culturali e sociali ma anche e soprattutto con alcune curiosità linguistiche, che sono comuni, tra l'altro, ad altre zone. Va ricordato infatti che a Roma, fino alla fine dell'Ottocento, si usava chiamare la nostra protagonista come "Pasqua Epifanìa", questo perché dal punto di vista linguistico e culturale, si usava far precedere "Pasqua" al nome delle feste di precetto, ovvero quei giorni festivi in cui "I fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla messa (...)" (Codice di diritto canonico), un aspetto religioso insomma che si lega a uno alimentare.
Storie, riti, curiosità e golosità che uniscono ogni parte della nostra Italia non solo nei festeggiamenti ma anche nei significati che essi assumono e che sono espressione della ricchezza e complessità che ruotano attorno alle feste civili e religiose.

Commenti

  1. Un bell'articolo. Grazie per avermi ricordato dei bei momenti della mia infanzia e i costumi che non ritorneranno piu'.
    Comunque, per tua informazione, non faccio parte di EBlogger, non so perche' viene fuori il mio profilo su EBlogger. Se mi vuoi leggere io sono qui: https://valentinaexpressions.com

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