Il burro: storia, arte e cultura.
Il burro è un prodotto molto antico che affonda le proprie origini nella storia dell'uomo. Esso non fu solo alimento, ma anche medicinale e cosmetico. Diverse leggende confermano le sue origini remote e la collocazione geografica incerta; tra di esse, la più conosciuta narra di un cammelliere che dopo un lungo viaggio, si accorse che nella sacca di origine animale in cui aveva posto il latte, si era formata una massa solida a causa dei continui tumulti del viaggio. Non volendola buttare, decise di assaggiarla e scoprì che era buona e gli aveva tolto la fame.
Le testimonianze dell'antichità di questo prodotto non si limitano però a questi aspetti, un bassorilievo esposto al Museo archeologico di Baghdad, mostra che i Sumeri già nel 3000 a.C. fabbricavano burro attraverso una zangola verticale.
In molte civiltà inoltre la sua origine era di natura divina; citato ripetutamente nei Veda, antica raccolta di opere sacre dell'Induismo risalente attorno al 1500 a.C., si pensava che gettato sul fuoco nelle offerte sacrificali, si rigenerasse come "la preghiera rigenera lo spirito". Occorre considerare inoltre che gli indiani usavano più il burro chiarificato (ghee o ghi), perché molto più facile da conservare a causa dell'assenza della parte sierosa.
Alcuni documenti conservati al Museo archeologico di Torino testimoniano la conoscenza del burro anche da parte degli Egizi, anche se in genere veniva consumato quello preparato con il latte di pecora o capra, ancora oggi chiamato "burro arabo".
Anche il testo biblico lo cita più volte nell'Antico Testamento, ad esempio quando nel Deuteronomio (32, 14) si afferma che il Signore distribuì agli uomini "burro di vacche e latte di pecore".
Nonostante fosse conosciuto e apprezzato nell'antica Grecia, tanto che Ippocrate lo citò in una sua opera, era poco usato dai Romani che lo consideravano un prodotto di origine barbara (come afferma Plinio).
In Italia incominciò ad entrare negli usi comuni agli inizi del Quattrocento, tanto che in un manoscritto napoletano della fine del secolo risulta più consumato del lardo.
Anche in Francia e in altri paesi europei il suo utilizzo fu tardivo ma massiccio, come elemento fondamentale nelle salse di accompagnamento a carni e pesci.
Nonostante ciò, la sua presenza nei ricettari del XVII e XVIII secolo divenne sempre più frequente.
Inizialmente (ovvero durante il Medioevo), le autorità religiose lo consideravano un alimento grasso, quindi il suo uso era proibito nei giorni "di magro". Il primo ad opporsi fu Carlo V di Francia (1338-1380); Anna di Bretagna riuscì ad ottenere dal Papa l'assoluzione sua e del suo popolo delle golosità nei confronti di questo prodotto, cosa che nel 1495 riuscirono ad ottenere altri Paesi europei dietro versamento di una ragguardevole somma di denaro. Martin Lutero nel 1520 si scaglierà duramente contro tutto ciò affermando: "A Roma si fanno beffe del digiuno mentre ci obbligano a consumar olio di oliva che non userebbero nemmeno per ingrassare la pelle delle loro scarpe. E ci vendono il permesso di mangiare il grasso (...) Mangiare burro sembra più grave che mentire, bestemmiare o commettere atti impuri".
Erano discordanti i pareri europei sull'efficacia del suo utilizzo: per i bretoni era molto importante, tanto da essere considerato un medicamento; avevano l'usanza di mettere accanto al letto del malato il burro affinché assorbisse gli spiriti del male. Se l'infermo moriva veniva sepolto assieme a lui. I popoli della Provenza e della Catalogna invece, lo consideravano come l'origine dell'aumento del numero dei lebbrosi.
Durante il Seicento era in uso in molti Paesi salassare le vacche e mescolare il sangue con latte e burro provenienti dalla stessa bestia, il risultato era considerato una vera specialità.
Nell'Ottocento molti governi finanziarono progetti per l'ideazione e la conseguente produzione di grassi surrogati del burro, che costassero meno. Il francese Mège-Mouriès ne realizzò uno a partire dai grassi bovini, ma immesso sul mercato attorno al 1872 non riscosse il successo sperato.
Nonostante tutti questi sviluppi e l'incedere sempre più forte della rivoluzione industriale, la produzione del burro era ancora sostanzialmente famigliare.
Solo alla fine del secolo e agli inizi del Novecento si ebbe la vera svolta: l'applicazione della forza centrifuga alla scrematura del latte grazie al separatore inventato dal tedesco Wilhem Le Feldt nel 1872, che fu precursore della scrematrice a marcia continua di Gustavo Laval, nel 1878. Queste innovazioni unite alle scoperte microbiologiche prima e all'invenzione delle macchine frigorifere poi, portarono alla produzione del burro nella fase della modernità.
In territorio italiano il burro era fino al secolo scorso, un alimento tipico della parte nord del Paese e, in particolare, delle realtà montane e rurali che conservavano l'antico rapporto dell'uomo con la natura. Questo profondo legame si traduceva nell'allevamento del bestiame e la conseguente produzione di latte e derivati, che permettevano ai nostri progenitori di vivere e sfamarsi e prendere dal territorio solo quanto serviva per il sostentamento, preservando gli equilibri rurali e ambientali con semplicità e maestria.
Nell'arte il burro rimanda al significato del latte, divenendo quindi un riferimento alla maternità e alla purezza; ma essendo un prodotto della trasformazione, si ricollega alla rinascita spirituale connessa all'incarnazione di Cristo. Nello specifico rappresenta la sua umanità ed è emblema delle ricche virtù spirituali. E' presente nei quadri di matrice sacra e non, come nei due esempi riportati qua sotto.
Il primo, di Quentin Metsys, Madonna con bambino, 1500-1510, Berlino, Gemauldegalerie, è di matrice sacra. Nell'opera il burro rimandando all'idea del nutrimento materno, è un chiaro riferimento alla maternità della Vergine; il bicchiere invece è un riferimento al sangue di Cristo e alla Sua passione non ancora avvenuta, come del resto lo sono anche le ciliegie.
Nella seconda opera, di Pieter de Hooch, Donna che prepara pane e burro per un bambino, 1660, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, è un tipico esempio di un quadro che documenta una scena famigliare. Il burro, alimento nutriente, rimanda alla maternità e all'infanzia e ai ricordi in cui, soprattutto nei Paesi del nord Europa, a colazione e merenda, era ed è tipico consumare pane e burro.
Le testimonianze dell'antichità di questo prodotto non si limitano però a questi aspetti, un bassorilievo esposto al Museo archeologico di Baghdad, mostra che i Sumeri già nel 3000 a.C. fabbricavano burro attraverso una zangola verticale.
In molte civiltà inoltre la sua origine era di natura divina; citato ripetutamente nei Veda, antica raccolta di opere sacre dell'Induismo risalente attorno al 1500 a.C., si pensava che gettato sul fuoco nelle offerte sacrificali, si rigenerasse come "la preghiera rigenera lo spirito". Occorre considerare inoltre che gli indiani usavano più il burro chiarificato (ghee o ghi), perché molto più facile da conservare a causa dell'assenza della parte sierosa.
Alcuni documenti conservati al Museo archeologico di Torino testimoniano la conoscenza del burro anche da parte degli Egizi, anche se in genere veniva consumato quello preparato con il latte di pecora o capra, ancora oggi chiamato "burro arabo".
Anche il testo biblico lo cita più volte nell'Antico Testamento, ad esempio quando nel Deuteronomio (32, 14) si afferma che il Signore distribuì agli uomini "burro di vacche e latte di pecore".
Nonostante fosse conosciuto e apprezzato nell'antica Grecia, tanto che Ippocrate lo citò in una sua opera, era poco usato dai Romani che lo consideravano un prodotto di origine barbara (come afferma Plinio).
In Italia incominciò ad entrare negli usi comuni agli inizi del Quattrocento, tanto che in un manoscritto napoletano della fine del secolo risulta più consumato del lardo.
(antica illustrazione) |
Anche in Francia e in altri paesi europei il suo utilizzo fu tardivo ma massiccio, come elemento fondamentale nelle salse di accompagnamento a carni e pesci.
Nonostante ciò, la sua presenza nei ricettari del XVII e XVIII secolo divenne sempre più frequente.
Inizialmente (ovvero durante il Medioevo), le autorità religiose lo consideravano un alimento grasso, quindi il suo uso era proibito nei giorni "di magro". Il primo ad opporsi fu Carlo V di Francia (1338-1380); Anna di Bretagna riuscì ad ottenere dal Papa l'assoluzione sua e del suo popolo delle golosità nei confronti di questo prodotto, cosa che nel 1495 riuscirono ad ottenere altri Paesi europei dietro versamento di una ragguardevole somma di denaro. Martin Lutero nel 1520 si scaglierà duramente contro tutto ciò affermando: "A Roma si fanno beffe del digiuno mentre ci obbligano a consumar olio di oliva che non userebbero nemmeno per ingrassare la pelle delle loro scarpe. E ci vendono il permesso di mangiare il grasso (...) Mangiare burro sembra più grave che mentire, bestemmiare o commettere atti impuri".
Erano discordanti i pareri europei sull'efficacia del suo utilizzo: per i bretoni era molto importante, tanto da essere considerato un medicamento; avevano l'usanza di mettere accanto al letto del malato il burro affinché assorbisse gli spiriti del male. Se l'infermo moriva veniva sepolto assieme a lui. I popoli della Provenza e della Catalogna invece, lo consideravano come l'origine dell'aumento del numero dei lebbrosi.
Durante il Seicento era in uso in molti Paesi salassare le vacche e mescolare il sangue con latte e burro provenienti dalla stessa bestia, il risultato era considerato una vera specialità.
Nell'Ottocento molti governi finanziarono progetti per l'ideazione e la conseguente produzione di grassi surrogati del burro, che costassero meno. Il francese Mège-Mouriès ne realizzò uno a partire dai grassi bovini, ma immesso sul mercato attorno al 1872 non riscosse il successo sperato.
Nonostante tutti questi sviluppi e l'incedere sempre più forte della rivoluzione industriale, la produzione del burro era ancora sostanzialmente famigliare.
Solo alla fine del secolo e agli inizi del Novecento si ebbe la vera svolta: l'applicazione della forza centrifuga alla scrematura del latte grazie al separatore inventato dal tedesco Wilhem Le Feldt nel 1872, che fu precursore della scrematrice a marcia continua di Gustavo Laval, nel 1878. Queste innovazioni unite alle scoperte microbiologiche prima e all'invenzione delle macchine frigorifere poi, portarono alla produzione del burro nella fase della modernità.
In territorio italiano il burro era fino al secolo scorso, un alimento tipico della parte nord del Paese e, in particolare, delle realtà montane e rurali che conservavano l'antico rapporto dell'uomo con la natura. Questo profondo legame si traduceva nell'allevamento del bestiame e la conseguente produzione di latte e derivati, che permettevano ai nostri progenitori di vivere e sfamarsi e prendere dal territorio solo quanto serviva per il sostentamento, preservando gli equilibri rurali e ambientali con semplicità e maestria.
Nell'arte il burro rimanda al significato del latte, divenendo quindi un riferimento alla maternità e alla purezza; ma essendo un prodotto della trasformazione, si ricollega alla rinascita spirituale connessa all'incarnazione di Cristo. Nello specifico rappresenta la sua umanità ed è emblema delle ricche virtù spirituali. E' presente nei quadri di matrice sacra e non, come nei due esempi riportati qua sotto.
Il primo, di Quentin Metsys, Madonna con bambino, 1500-1510, Berlino, Gemauldegalerie, è di matrice sacra. Nell'opera il burro rimandando all'idea del nutrimento materno, è un chiaro riferimento alla maternità della Vergine; il bicchiere invece è un riferimento al sangue di Cristo e alla Sua passione non ancora avvenuta, come del resto lo sono anche le ciliegie.
Nella seconda opera, di Pieter de Hooch, Donna che prepara pane e burro per un bambino, 1660, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, è un tipico esempio di un quadro che documenta una scena famigliare. Il burro, alimento nutriente, rimanda alla maternità e all'infanzia e ai ricordi in cui, soprattutto nei Paesi del nord Europa, a colazione e merenda, era ed è tipico consumare pane e burro.
leggete il libro di valentinotti "Legni da burro. Marche, decori e stampi", un vero omaggio a questa storia
RispondiElimina