Impressioniamoci a tavola (un Monet inedito)



Dal 26 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014 il palazzo della Gran Guardia a Verona ospita la mostra "Verso Monet: il paesaggio dal '600 al '900".
E' proprio il traguardo concettuale di questa mostra che voglio esplorare oggi con voi: l' Impressionismo, si, ma sempre sotto "l'occhio gastronomico". Questo movimento si formò a Parigi tra il 1860 e il 1870, presentandosi per la prima volta al pubblico nel 1874 con una mostra di artisti "indipendenti" nello studio del fotografo Nadar. Il nome deriva da un commento ironico di un critico su un quadro di Monet (Impression soleil levant) ed è stato adottato dagli artisti, quasi per sfida, nelle mostre successive.



(Autoritratto, 1886, Collezione privata)



Sebbene questo movimento destò molto scandalo nella critica e nell'opinione del pubblico alla prima mostra ne seguirono altre negli anni successivi.
Il suo leit motiv era il realismo integrale, affrontare direttamente la realtà senza condizionamenti culturali, ideologici o poetici.
L' Impressionismo fu però anche il movimento che propose il lavoro " en plain air " cioè all' aria aperta, lo studio di paesaggi in diversi momenti della giornata e con diverse tipologie di luce (ne sono un esempio mirabile la serie di dipinti di Notre Dame de Rue di Monet).
Questo nuovo modo di dipingere fu reso possibile anche e soprattutto da alcune innovazioni: prima fra tutte l' invenzione, proprio in quel periodo, dei colori nei tubetti, che consentirono quindi di lavorare anche all' aria aperta per tempi più lunghi.
Uno degli esponenti del movimento, Claude Monet, oltre ai lavori "en plain aire" dipinse anche alcune opere che immortalarono scene di vita quotidiana di ceti dell'alta borghesia, uno degli esempi più conosciuti è il quadro " La colazione " (1868) conservato a Francoforte al Stadelsches Kunstistitut, o anche alimenti, conserve e nature morte che testimoniano anche un' attenzione all' aspetto alimentare.



(Il quarto di carne, 1884, Parigi, Musée d'Orsay)


E' proprio questo aspetto che deve destare la nostra attenzione, a conferma del fatto che l'alimentazione e la gastronomia sono da sempre oggetto e soggetto dell' arte.
La cura alla cucina e ai cibi emerge senza dubbio nel ricettario di famiglia del maestro nella sua dimora: Giverny.
Già nelle prime pagine si capisce come questa villa sia piena di carattere esattamente come il suo proprietario e la suo rapporto col cibo. Nel giardino della dimora, curato in ogni particolare, l' artista dipingeva e studiava il paesaggio con i suoi elementi, la luce e i giochi di riflessi dell'acqua.
Questa estrema raffinatezza emerge anche nel ricettario di casa che affonda nella tradizione, in piatti e preparazioni antiche che segnano il legame del pittore con il suo passato ma sono presenti anche inediti esotismi come l'utilizzo di spezie e, in taluni casi, di accostamenti insoliti per l'epoca.
Dal ricettario non emerge se Monet fosse, di fatto, un uomo a cui piacesse mangiare, l'aspetto che è invece inequivocabile è la profonda raffinatezza dell'artista anche in campo gastronomico: la puntigliosa attenzione a ciò che mangiava, alle materie prime e alle indicazioni date alla cuoca su come trasformare le derrate alimentari (sebbene lui, di fatto, non avesse mai messo piede in cucina).
La cucina di Giverny si divideva quindi tra i pranzi aristocratici per celebrare le frequenti visite di amici e collezionisti di opere e i picnic così frequenti perché permettevano al pittore di stabilire quel contatto con la natura che lui tanto amava e che tanto gli era utile per il suo lavoro.
Non è solo il puro amore per la cucina che pervade Monet ma anche una profonda attenzione a tutte le materie prime a partire dall'orto della villa suddiviso in terrazze che forniva le verdure ritenute indispensabili: tutti gli ortaggi a radice, a foglia, a bulbo e a chicco, i meloni, i pomodori, gli ortaggi rampicanti e le immancabili erbe aromatiche, indispensabili nelle preparazioni culinarie francesi.



( "Nature morte au melon" 1872 Lisbonne,
 Calouste Gulbenkian Foundation)


Anche gli animali da cortile rivestivano un ruolo importante nella cucina e nella sussistenza di Giverny, ne sono un esempio le anatre di diverse razze che venivano allevate negli stagni della villa ma soprattutto il pollame in generale, Monet era talmente pignolo su questo genere alimentare che veniva servito alla sua tavola da trascorrere molto tempo a scegliere anatre e galline destinate alla riproduzione e ricercare diversi allevamenti e commercianti di volatili, poiché riteneva che gli allevatori locali fossero poco accurati nelle selezioni.
Diverso è il discorso per i conigli (che non piacevano al padrone di casa) e per i piccioni che non venivano allevati ma cacciati.
Grande importanza in villa rivestivano non solo le materie prime ma anche tutta l'attrezzatura per il servizio. Nelle due credenze per l'argenteria brillavano, infatti, le zuppiere, le brocche, le cioccolatiere e le cuccume e, presenza immancabile, il grande samovar d'argento per il .
Altro momento importantissimo per la vita dell'artista era la stagione della caccia che segnava le migrazioni della servitù e dell'artista ai vari casini ad essa adibiti e associati alla villa dove venivano predate lepri, pernici, fagiani e tanti altri esemplari di piccola uccellagione.
L'attenzione per la tavola, le derrate alimentari e tutto ciò che vi ruotava attorno, faceva della villa dell'artista un microcosmo dove il tempo si dilatava e si perdeva la concezione del mondo reale, immersi in uno scandire del tempo quasi ideale in cui il pittore attinse per lunghi anni linfa vitale per le sue creazioni e per i gli studi sulla luce.
L'esposizione seppure breve e sintetica dei vari aspetti che caratterizzavano la vita privata ma soprattutto quella culinaria di Monet e che sono emersi dai suoi ricettari ci permettono di riscoprire un lato inedito di uno degli artisti più conosciuti.
Sicuramente anche questo viaggio ci permette di comprendere in modo più lucido il legame inscindibile tra arte e cucina, tra il saper creare opere e tra il saper operare creazioni culinarie.
Possiamo quindi parlare di un Impressionismo culinario?!



(Claude Monet, La colazione sull'erba, part.,
1865-1866, Museo d'Orsay, Parigi)

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