Luigi Pirandello e il cibo.

 

Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 - Roma, 10 dicembre 1936), scrittore e poeta italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1936, fu una figura importantissima non solo per la letteratura del secolo scorso ma anche per il teatro.

Attraverso i cibi e i momenti legati alla tavola l'autore descrive una società e i suoi componenti, le personalità ma anche le vicende e l'ambiente che circonda i protagonisti.



(1934)


"Scialle nero" è una novella suddivisa in cinque parti, fu composta attorno al 1900 e fa parte della raccolta "Novelle per un anno" che narra la storia di una donna sola e che subì violenza. Nell'opera il banchetto e la tavola non sono elementi insignificanti ma, al contrario, marcatori delle differenze sociali. In modo similare, nella novella "Liberazione del re", pubblicata nel 1914, Tuzza Michis, protagonista del racconto, utilizza il cibo come marcatore della propria appartenenza sociale. All'interno del testo questo aspetto viene impiegato nei suoi confronti anche da altri personaggi, con la stessa modalità e utilizzando anche alimenti comuni, anche solo delle semplici uova!


"Che sapore donna Tuzza Michis, ditelo voi, che sapore avevano ieri le vostre uova? Ah, un miele"


Del resto il cibo è stato un marcatore sociale anche per altri autori, "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne è un esempio significativo.

Vi sono certamente alimenti che hanno un valore simbolico più forte rispetto ad altri, il latte e il vino ne sono un esempio importante. All'interno dell'opera "Il fu Mattia Pascal" il vino è l'elemento che identifica il rapporto tra due personaggi nella narrazione.

In altri casi invece il mondo della tavola o, addirittura, un cibo particolare diventano il fulcro su cui si struttura l'intero racconto. La commedia "L'uomo, la bestia e la virtù", scritta nel 1919 rientra certamente in quest'ultima riflessione attraverso il pasticcio di crema e cioccolato che è narrato al suo interno.

Anche la fame e la mancanza di cibo sono due temi che ricorrono all'interno delle opere del nostro protagonista. L'assenza di nutrimento ha un ruolo fondamentale, essa è materialità ma anche metafora e, allo stesso tempo, identificatrice del ceto sociale. Del resto la fame e le sue implicazioni storiche, sociali e culturali, sono state ampiamente indagate da moltissimi autori nel corso del tempo. Profondamente legata a questi aspetti è la narrazione dei cibi poveri, quelli legati al mondo contadino: le minestre, il macco di fave o lenticchie e il pane nero, solo per citarne alcuni.

Anche il benessere, la pace e il senso di spiritualità possono essere associati all'alimentazione. Nell'opera "La fede", novella pubblicata nel 1922, l'odore del pane fatto in casa provoca nel protagonista proprio questi sentimenti.

Anche l'evocazione di ricordi legati all'alimentazione è molto importante, l'evocazione di odori e profumi, ma anche colori e suoni contribuiscono a far luce su questo particolare rapporto: "i dolci avvolti in fili d'argento" oppure i "rosolii all'aroma di anice e cannella", il profumo degli agrumi o, come ho appena menzionato, del pane caldo.

Un mezzo prezioso insomma non solo per ricostruire un pezzo importante delle tradizioni gastronomiche di un territorio ma anche per approfondire il forte legame tra cibo e letteratura, mezzo importantissimo non solo per documentare abitudini e mode ma anche e soprattutto un pezzo di storia sociale del nostro Paese.

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