Rosolio: storia e curiosità di un liquore particolare.

 

La rosa è una pianta densa di simbolismi. E' sinonimo di eleganza, delicatezza e buon gusto ma è anche il centro di messaggi di matrice religiosa connessi alla figura di Maria. Un fiore straordinario, simbolo anche di amore e passione, da regalare o utilizzare per abbellire e profumare casa.

Come accade però nella cultura alimentare italiana, da materie prime impensabili sono stati creati nel tempo prodotti pieni di gusto e storia. Tanti i fattori che hanno determinato la nascita delle squisitezze che oggi costellano il nostro scrigno alimentare: esigenze pratiche, fattori sociali, disponibilità, aspetti economici. Questi e molti altri ne hanno anche influenzato la destinazione sociale d'uso: ceti poveri, ricchi o borghesia. 

Di certo alcuni di essi sono avvolti da un'aura di fascino e mistero che li rende da sempre particolari e desiderabili, il rosolio ne è un esempio significativo. 




Il nostro protagonista è anche definito "liquore del passato", infatti era particolarmente apprezzato nei secoli scorsi, soprattutto tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento, sebbene fosse prodotto già nel Cinquecento. Sebbene sia presente in molte località italiane è associato generalmente al Sud, in particolare Campania e Sicilia. Era il liquore dell'accoglienza, offerto agli ospiti al loro arrivo per ristorarli con un prodotto particolare e raffinato, certo non appannaggio di tutti. Era infatti profondamente legato ai ceti sociali elevati, alla coltivazione delle rose (le varietà antiche, quelle più profumate) e al loro impiego in vari ambiti del vivere. Una presenza che è fatta generalmente risalire a due cause, diversissime tra loro: da un lato infatti il rosolio è associato al monachesimo femminile, prodotto preparato e offerto all'interno dei monasteri a quei personaggi famosi o importanti che giungevano per pregare o come sosta nei pellegrinaggi; dall'altro l'utilizzo della rosa o di alcuni derivati della sua trasformazione in cucina è legato all'influenza della cultura araba in alcune aree italiane (soprattutto Sicilia).

C'è tuttavia un'altra località, questa volta al Nord, che nei secoli si è distinta per la lavorazione dei petali di rosa: la bellissima Genova. Un aspetto curioso di questa città, sinonimo anche della sua apertura ad altre tradizioni e utilizzi e della straordinaria complessità della storia gastronomica locale. Non solo liquori o prodotti simili ma anche la grande tradizione della canditura che nel tempo ha visto numerose zone italiane utilizzare differenti tipi di fiori (pensiamo, per esempio, alla famosa violetta di Parma).


(Christian Berentz, Cristalli e piatto di biscotti,
fine del XVII secolo, Roma, Galleria Nazionale
d'Arte Antica)


Un prodotto, il nostro protagonista, diffuso in molte zone non solo italiane ma anche europee, una vera e propria moda come documenta il quadro che ho voluto inserire qua sopra. L'opera in questione è profondamente associata all'ambiente aristocratico, sia per la sua destinazione che per gli elementi raffigurati. I savoiardi infatti furono per lungo tempo associati alla pasticceria di corte o, comunque, dei ceti elevati; il nostro protagonista, posto in eleganti bicchieri, li accompagna testimoniando così non solo gli abbinamenti generalmente proposti ma anche la destinazione sociale.

Il rosolio classico è ottenuto attraverso la macerazione e infusione dei petali; è una soluzione liquorosa. Un prodotto che nel tempo è stato associato al mondo femminile e declinato dalla fantasia popolare prima, e dall'industria poi, in numerose varianti, anche diversissime tra loro e dall'originale.

Bevanda diffusa anche per i significati simbolici a essa connessi: si riteneva infatti che fosse un valido porta fortuna, modo per augurare prosperità e benessere. Proprio per questo non solo veniva offerto agli ospiti (come ho precedentemente esposto), ma era anche donato e gustato durante battesimi o matrimoni, eventi importanti insomma per il futuro di una persona.

La presenza del rosolio e il suo intreccio nella storia umana sono testimoniate non solo nell'arte, di cui ho presentato un esempio in precedenza, ma anche in letteratura. L'esempio più conosciuto è il confetto ripieno del nostro protagonista che la celebre fata offre al protagonista nell'opera "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi.

Prodotto dal gusto particolare, oggi un po' dimenticato, ma estremamente curioso, soprattutto dal punto di vista storico e culturale. Una squisitezza che è bene conoscere e tutelare per far vivere specialità e tradizioni dimenticati, ma soprattutto la cultura racchiusa in un profumato e roseo bicchiere di liquore che odora di passato ma che può anche essere un futuro interessante.

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