Alghe, protagoniste insolite della cucina, da Oriente a Occidente.
Quando si parla di alghe in cucina oggi l'associazione più comune è con le varie forme di gastronomia orientale o, comunque, alle loro elaborazioni.
Scienza, cucina e dietetica hanno riservato negli ultimi anni molte attenzioni nei loro confronti, sia perché consumarle è diventata un po' una moda, ma anche perché sono considerate apportatrici di numerose virtù benefiche.
In realtà le alghe fanno parte della storia e, soprattutto, dell'economia alimentare di molte zone costiere del mondo. Hanno una doppia peculiarità: sono sia le forme vegetali viventi che le piante commestibili più antiche, una sorta di "cibo globale" antico e attuale.
Il primo Paese consumatore fu con ogni probabilità la Cina attorno al 2700 a. C. A tal proposito va detto che il loro ruolo, soprattutto in quella terra, non fu solo come alimento ma anche ingrediente all'interno di preparati medici già dal VI secolo d. C.
Millenario è il loro consumo anche in Giappone; le alghe contenute nei piatti tipici di questo Paese infatti, sia crudi che cotti, sono un esempio significativo del rapporto solido e duraturo tra l'uomo e questi vegetali del mare.
La loro presenza nella cucina d'oggi però si differenzia notevolmente da quella del passato. In origine infatti erano consumate sostanzialmente come pianta, solo in tempi relativamente recenti (ovvero attorno al XVIII secolo) furono lavorate utilizzando strumenti e tecniche che originarono i fogli di alghe che ancora oggi si utilizzano e che conosciamo bene.
Anche il Nord Europa è caratterizzato dal consumo di alghe e, anzi, furono parte della storia e degli usi alimentari per molto tempo. In Irlanda e Scozia, per esempio, sono raccolte fin dal I secolo d. C. Erano usate sia come alimenti che come addensanti per altre preparazioni, caratteristica quest'ultima oggi apprezzata e impiegata molto anche dall'industria alimentare. Il loro scopo è molteplice: oltre ad addensare vengono utilizzate come ingredienti in preparazioni dietetiche, dimagranti nei dentifrici e nel processo produttivo della birra.
In Scozia, nello specifico, è consumato un tipo particolare di alga da secoli. In passato era mescolata all'avena per preparare un pane che fu per lungo tempo l'alimento fondamentale dei ceti bassi.
In altri Paesi del Nord le nostre protagoniste sono presenti anche in zuppe o mescolate ad altri ingredienti poveri come rape e patate. Ciò insomma che la natura, tra terra e mare, poteva offrire alla gente povera per consentirle di sfamarsi e portare qualcosa sulla tavola quotidiana.
Il loro enorme successo nella cucina odierna iniziò negli anni Ottanta per merito di un bretone. Egli infatti notò molte somiglianze tra le alghe giapponesi e quelle europee e che queste potevano arricchire il gusto di piatti e preparazioni e, non da meno, avevano notevoli sostanze benefiche. La spirulina è un valido esempio di quanto appena affermato e dell'attenzione che le riservano ancora oggi medicina ed erboristeria.
In realtà anche in Italia ci sono alcune preparazioni che fanno parte della cucina tradizionale di determinati territori, soprattutto nel Sud, che utilizzano alcuni tipi di alghe autoctone.
Le zeppole di mare o zeppoline napoletane sono frittelle tipiche della cucina campana che vengono arricchite con l'aggiunta di lattuga di mare; uno street food ricco di storia e tradizione.
Sempre la lattuga di mare fritta è un piatto tipico di alcune località di Sardegna e Puglia. Una presenza, quest'alga, molto frequente nelle preparazioni culinarie, anche di primi piatti, utilizzata come una sorta di insaporitore naturale particolare e gustoso. Una volta essiccata infatti è nota anche con l'appellativo di "origano di mare".
In Sicilia è tipico il mauru, della zona orientale. Si tratta di un'insalata di alghe rosse autoctone condite con acqua e limone, oggi poco conosciuto e reperibile a causa delle problematiche ambientali legate all'inquinamento.
Storie e consumi di un prodotto estremamente curioso e che ha radici, è proprio il caso di dirlo, anche in parte della nostra bella Italia. Ingrediente quindi che unisce idealmente le varie culture: Nord, Sud, Oriente e Occidente.
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