La Sardegna e il suo cibo tra le righe, straordinaria Grazia Deledda!
"Bevi il caffè, figlio mio, disse zia Annedda, prendi questo biscotto, sta allegro che siam in festa (...)"
(Elias Portolu - romanzo)
Questa breve citazione spiega bene lo straordinario rapporto tra una scrittrice molto famosa e il complicato mondo del cibo, le sue valenze sociali e culturali, i simboli ma anche le emozioni.
Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 - Roma, 15 agosto 1936) fu una scrittrice italiana, Premio Nobel per la letteratura nel 1926. Nacque da una famiglia numerosa ma agiata economicamente. Il padre fu per lei una grande fonte di ispirazione perché era molto appassionato di poesia.
Una donna che sapeva cucinare molto bene e amava farlo; era anche molto brava in economia domestica e nell'allevamento del bestiame, tutte passioni frutto dell'educazione proveniente dalla famiglia.
Nelle sue opere emerge un'analisi attenta della situazione storica e sociale della sua terra d'origine. Ne risulta una presenza del cibo, delle materie prime e, non da ultimo, delle tradizioni alimentari di Sardegna non semplicemente come elementi descrittivi, ma quali fattori per descrivere i momenti della vita, talvolta il carattere o i sentimenti dei personaggi e, non da ultimo, fornire un documento vivo e preciso delle tradizioni profondamente radicate in quella terra e, naturalmente del loro profondo legame con la vita di tutti i giorni ma, soprattutto, con le piccole/grandi ricorrenze della vita.
Narra certamente anche temi importanti di carattere storico e sociale come la condizione delle donne o il fenomeno del banditismo.
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| (1926 circa) |
Una terra, quella di Sardegna, legata in modo saldo a tradizioni antichissime e in cui gli eventi della vita sbattono le persone (e i suoi personaggi) come delle canne al vento, in analogia al suo omonimo romanzo.
Il cibo nelle sue opere non è solo una fonte per il soddisfacimento di un bisogno o un elemento materiale inanimato, ma è un vero e proprio protagonista della narrazione. Piatti e materie prime, segnando gli avvenimenti ciclici delle stagioni ma anche della vita dell'uomo diventano parte fondamentale delle sue pratiche rituali che mescolano fede a credenze di matrice agraria radicate nei secoli. Sono quindi parte fondamentale di una ritualità collettiva cui si identifica il singolo e su cui si regge, soprattutto, la comunità.
Nella sua narrazione emergono sapori ma anche saperi, quelli che stanno dietro la realizzazione dei piatti e, prima, nei lavori agricoli o legati alla cucina. Il pane innanzitutto, ma anche la pasta e le zuppe di erbe selvatiche, fino al caffè.
Il cibo certamente non è uguale per tutti ma diverso in funzione delle classi sociali di appartenenza o, nello specifico (come nel caso di Canne al vento) delle condizioni economiche.
Emergono anche tematiche per lungo tempo sono state dimenticate e che oggi, fortunatamente, tornano a essere oggetto di attenzioni: il senso del cibo, il suo rispetto, la misura e l'importanza che essa assume non solo per la cucina ma anche e soprattutto per la vita del territorio. Una personalità certamente molto sensibile anche nel tema legato alla cultura alimentare e, non da meno, una sorta di anticipatrice della cucina mediterranea, prima ancora che venisse scoperta.
Un esempio concreto di tutto questo sono le citazioni delle provviste di frutta e liquori, esigenza fondamentale del passato, sono presenti non solo come testimoni preziosi di saperi e sapori ma anche e soprattutto delle relazioni culturali, sociali e, soprattutto, storiche che ne possono scaturire.
La cucina sarda è quindi la protagonista delle pagine, di feste o delle vicende quotidiane dei suoi personaggi. I prodotti che la caratterizzano vengono descritti in vario modo: i dolci, i liquori, gli immancabili formaggi e il maialino, per non parlare del formaggio di pecora arrostito con miele.
La citazione con cui ho voluto iniziare questo approfondimento non è solo un esempio di tipo gastronomico o storico, è anzitutto una testimonianza dei valori di un'epoca. Il caffè infatti è l'invito per antonomasia, il dono che viene offerto ai visitatori, anche nelle case più povere. Un potente simbolo di benvenuto, ospitalità ma anche dei principi, ormai purtroppo sempre più dimenticati, attorno ai quali dovrebbe fondarsi l'esistenza dell'uomo e il suo agire.
Le tradizioni poi sono quelle che coinvolgono non solo il consumo degli alimenti ma anche la loro preparazione. " Sa Sartizza ", le salsicce gustosissime che ancora oggi si possono gustare, erano appese alle travi della cucina per farle essiccare.
C'è naturalmente anche il vino, compagno dell'uomo, dei suoi pasti, dei riti ma anche dei ritrovi conviviali.
Principe poi è il pane carasau, conosciutissimo, affiancato da un'altra tipologia, " 'e gherda ", il pane coi ciccioli, una squisitezza comune a molte località italiane. Esempio che dice molto non solo di alcune tradizioni alimentari che sono diffuse in svariate località, ma anche l'importanza del recupero di ogni ingrediente in cucina, tema fondamentale soprattutto oggi, e del rispetto per le materie prime e il cibo in generale. Un caso curioso insomma di come alcune preparazioni unissero già l'Italia prima ancora che essa potesse essere unita anche sul piano istituzionale.
Gusti, tradizioni e riti che emergono nelle pagine straordinarie di una scrittrice che ha saputo raccontare con enorme sensibilità, arguzia e precisione un pezzo importante d'Italia. Esempio ancora oggi da tenere in considerazione e, soprattutto, prendere come modello per il nostro rapporto col mondo del cibo.



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