I sapori tra cultura e storia.


Il tema dei sapori è un aspetto importante nel rapporto fisico dell'uomo con il cibo. Di certo non sono correlati esclusivamente alla composizione di un alimento o una pietanza, al modo in cui viene preparato e/o servito. Vi sono infatti fattori intangibili che concorrono ed hanno concorso nel tempo nel definire la presenza o accostamento di gusti e sapori non solo all'interno di un piatto ma anche, in linea generale, in un banchetto o comunque durante un evento importante. Certo è che nell'evolversi di ciò vi sono diversi aspetti di differente natura che entrano in gioco: anzitutto quelli culturali/sociali, vi sono indubbiamente gusti e sapori che sono associati ad un ceto piuttosto che ad un altro e, allo stesso modo, mode che nel corso del tempo hanno determinato la presenza di prodotti alimentari specifici su determinate tavole. Strettamente connesso a questo è il secondo fattore, che riguarda gli aspetti di matrice geografica, infatti, la provenienza di alcune materie prime, il fascino che ne deriva per l'incerta conoscenza delle località d'origine (le spezie sono forse l'esempio più conosciuto), ed il loro conseguente prezzo esorbitante, sono solo alcune delle articolazioni di questo secondo aspetto.


(Elisabeth Alida Haanen, Venditrice di aringhe e
marroni, 1840)


Anche gli elementi legati alle guerre e conquiste o alla convivenza in un dato territorio di culture e tradizioni estremamente differenti sono delle tematiche che nella nostra breve riflessione devono essere necessariamente prese in considerazione perché portano, quasi inevitabilmente, ad un'influenza reciproca che si esercita anche nelle diverse sfumature della cultura e, quindi, anche in cucina. L'esempio più conosciuto e rilevante nel nostro Paese è la presenza di preparazioni culinarie che fondono gusti diversi che sono simili a quelli della cultura araba, segno che la storia è fatta non solo di scontri ma anche (e soprattutto) di incontri.
In questo complesso discorso che ha come obiettivo analizzare, seppur brevemente, le modificazioni  del gusto nel tempo, occorre prendere in considerazione due macro aspetti: il primo riguarda il sapore inteso unicamente come esperienza fisiologica e che quindi diventa inevitabilmente difficile da definire storicamente, anzi, quasi praticamente impossibile. Il secondo vede il sapore come sinonimo di sapere, ovvero discernimento, in questa logica la classificazione dei sapori non tiene conto esclusivamente dell'evoluzione fisiologica e antropologica ma anche della sedimentazione delle esperienze storiche, sociali e culturali, come del resto ho avuto modo già di accennare in precedenza. Sotto questo aspetto il gusto non è più un'esperienza individuale e difficile da comunicare, come nella prima variante, ma un'esperienza collettiva e condivisa. E' chiaro però che all'interno di una società esso non sia uniforme ma differente a seconda delle esigenze e necessità; a tal proposito l'antropologo Marvin Harris nella sua opera "Buono da mangiare; enigmi del gusto e consuetudini alimentari" edita da Einaudi, sostiene che le scelte alimentari siano sempre determinate da un calcolo di vantaggi e svantaggi. Considerando questa tesi, i sistemi alimentari passati e presenti sarebbero quelli più idonei dal punto di vista storico ed economico, in determinate condizioni. Dal calcolo quindi di vantaggi e svantaggi si originerebbero le abitudini alimentari che a loro volta sarebbero l'origine delle valutazioni positive o negative che uno o più individui danno ad un alimento o ad un gruppo di essi, ovviamente questo per determinati livelli sociali. Va anche detto in questo senso che non è detto che le abitudini alimentari corrispondano al gusto, i ceti poveri del passato ne sono un esempio, i pochi cibi che la condizione economica gli consentiva di portare sulle tavole non voleva dire che gli impedisse di desiderare i cibi dei ceti elevati o,  addirittura, un mondo dove tutto era commestibile e non bisognava faticare per avere cibo. Le descrizioni del "paese di cuccagna" abbondantemente presenti nell'arte e nella letteratura nei secoli sono un esempio di quanto esposto. Le condizioni economiche sono un freno inibitore inevitabile che agisce sulle scelte alimentari di una fetta di popolazione. Questo è vero non solo per il passato ma anche per il presente, numerosi studi accademici hanno dimostrato che ad oggi l'abbassamento delle disponibilità economiche di un numero elevato di persone non solo nel nostro Paese ma anche nel resto dell'Europa e degli Stati Uniti è correlato direttamente ad una capacità di spesa limitata che viene esercitata nella scelta di prodotti dal basso livello qualitativo (e quindi nutrizionale).
Vorrei quindi concludere questa riflessione con un'altra caratteristica dei gusti, ovvero il fatto di essere circolari, ciò si realizza su più livelli e in differenti contesti storici. L'aspetto che più viene alla mente sono i ceti bassi che nel corso della storia hanno cercato, nel limite delle loro disponibilità, di emulare quelli elevati attraverso preparazioni dalle caratteristiche simili a quelle dei grandi banchetti. Questa circolarità dei gusti avviene anche a mio avviso nella ripetizione, purtroppo, di dinamiche di matrice sociale ed economica che, ancora oggi, ci costringono a dover affermare che mangiare in modo sano ed avere una dieta equilibrata sono aspetti che non sono economicamente appannaggio di tutti, si assiste sempre più, in sostanza, agli scenari che già diversi anni fa numerosi studi americani stavano documentando, ovvero la realizzazione dell'associazione: dieta sana/ceto sociale elevato contro dieta scorretta/ ceti sociali con capacità di spesa limitata.
Tematiche quindi che sono tutt'altro che lontane da noi e non riguardano solo il passato, anzi, analizzare le dinamiche storiche dei secoli scorsi ci aiuterebbe a comprendere meglio (e quindi fronteggiare) quelle attuali, anche in campo alimentare!

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