Comunicare attraverso il cibo, ieri e oggi.

 

Ciò che mettiamo quotidianamente sulla nostra tavola e poi introiettiamo è un potente elemento di comunicazione, più di quanto crediamo. Che il cibo sia in grado di farci sentire parte di una comunità o, in generale, un Paese, è abbastanza noto, come del resto lo è anche il modo di alimentarsi, tanto da essere utilizzato anche dalle aziende attraverso attività di marketing specifiche.

Questo aspetto importante dell'individuo e della collettività non è applicabile solo al presente ma é stato anche particolarmente importante nel corso dei secoli. Da sempre infatti il modo di procurarsi le materie prime, trasformarle, cuocerle, consumarle e, non da meno, sedere a un tavolo, sono stati potenti elementi di comunicazione e, al tempo stesso, fondamentali strumenti di demarcazione sociale e culturale.

Sono tematiche indubbiamente interessanti perché hanno implicazioni ancora oggi sul nostro modo di porci nei confronti di ciò di cui ci nutriamo. Studiarle o, comunque, cercare di comprenderle vuol dire saper rapportarsi nei confronti di un mondo, quello alimentare, che non è solo materia ma anzitutto pensiero. Un complesso di pratiche, riti e norme di differente natura la cui analisi è certamente lunga e articolata e che mi limiterò ad accennare, per fornire possibili spunti ulteriori di riflessione, attraverso tre fattori centrali: società, cultura e religione.




La società è il primo mondo attraverso cui il cibo comunica e, anzi, in cui opera. Cucina e alimentazione infatti, come ho più volte avuto modo in passato di esporre, definiscono l'appartenenza di un individuo a un determinato ceto. Per secoli infatti fu molto attiva la credenza, diffusa tra l'altro anche in ambito scientifico, che ogni ceto sociale dovesse consumare gli alimenti a lui destinati; le conseguenze infatti dell'alimentarsi con cibi non idonei al proprio livello sociale potevano essere terribili dal punto di vista della salute e portare, addirittura, anche alla morte. 

Sempre attorno a questo primo aspetto va anche ricordato che il mondo alimentare è stato fondamentale anche per distinguere una società da un'altra e, per estensione, due culture differenti. Si configurano quindi due livelli d'azione: uno intrasociale (tra ceti diversi di una stessa società), l'altro extrasociale (tra società differenti).

Se colleghiamo tutto ciò all'ambito culturale potremmo affermare che questo rapporto definisce ciò che è umano da tutto il resto; una testimonianza forte di questo punto importante sono i miti antichi che sovente insistono sul rapporto tra nutrizione umana e cultura in antitesi al semplice soddisfacimento di un bisogno esistente in ambito alimentare o, come nel caso del mito, animalesco.

Il secondo punto è ugualmente interessante. La cultura non può essere divisa in "alta" e "bassa" come spesso è stato fatto, e fanno ancora oggi, numerosi intellettuali. Essa infatti è una sola, nelle sue molteplici espressioni tra cui è presente, naturalmente, anche il mondo alimentare.

E' poi indubbio che il cibo sia parte nelle differenti espressioni del sapere: arte, letteratura, teatro, musica. Qui esso comunica in modo potente e immediato moltissime cose: far luce sulle dinamiche di una società o un'epoca (permettendone di denunciarne gli aspetti negativi), evocare sentimenti e riflessioni, unire il materiale con l'immateriale, documentare i vari aspetti del vivere di un luogo e della sua gente. Questi sono solo alcuni temi fondamentali che costituiscono esempi di come il cibo sia un modo per comunicare, soprattutto in ambito culturale.

Anche il terzo punto è estremamente importante nella riflessione che stiamo facendo. Sono molteplici infatti i modi con cui il cibo nel tempo ha comunicato anche in ambito religioso. Anzi, questo legame è sempre stato particolarmente potente, su più fronti. La prima area sono i moltissimi riti per la buona sorte, la fertilità o di matrice apotropaica che nell'antichità erano celebrati anche per mezzo di cibi e materie prime. Sbaglieremmo infatti a pensare tutto ciò come a un qualcosa distante da noi, essi infatti vivono ancora oggi come sedimenti culturali e sociali nelle tradizioni alimentari di cui è ricco il nostro e tanti altri Paesi e che sono particolarmente evidenti in occasioni di festività o eventi legati al mondo cristiano.

I precetti religiosi, presenti in modi e intensità differenti nelle varie religioni ancora oggi, sono anch'essi mezzi di comunicazione, forme attraverso cui una comunità si sente coesa e, al tempo stesso, esprime il proprio modo di intendere il senso del mondo e, soprattutto, il destino ultimo di cose ed esseri. Anche nei rituali religiosi stessi il cibo è presente, comunica messaggi potenti, diviene un punto fondamentale del credo; la confessione cattolica e la centralità dell'Eucarestia sono un esempio significativo di quanto appena affermato. Significati quindi differenti dal semplice atto di nutrirsi.

I tre punti sopra esposti costituiscono solo degli accenni alle tante riflessioni che possono essere fatte attorno a questa capacità che possiede il mondo alimentare.

Mai come oggi nutrirsi vuol dire comunicare, fare scelte di vita o, addirittura, politiche e ambientali. Il cibo dice molto di noi, comprendere questo aspetto vuol dire porlo realmente al centro della nostra esistenza e utilizzare il suo potenziale per migliorare il mondo in cui viviamo.

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