Cibo, fede e arte, ovvero le rappresentazioni della refezione monastica.

Si sa che il rapporto tra cibo e fede è molto saldo, in molti articoli ho avuto modo di approfondirlo e declinarlo nelle mille variabili esistenti. Esso infatti si articola nella sua presenza nei testi sacri, nei precetti religiosi, nelle varie preparazioni gastronomiche che hanno lo scopo di celebrare feste religiose più o meno solenni ed infine nei sacrifici rituali. Tanti a tal proposito potrebbero essere gli esempi da citare e mille le sfumature da analizzare attraverso le quali si inseriscono anche storia e storie di territori e popoli lungo il tempo.
Oltre a tutto ciò, tuttavia, c'è una forma di legame del tutto particolare tra fede e cibo, ed è quella che riguarda gli ordini monastici, da Nord a Sud e da Est ad Ovest, naturalmente lungo il tempo. Ho già affrontato questo tema ma desidero, attraverso questo approfondimento, inserire altri tasselli a quel meraviglioso mosaico che si è generato nei secoli.

(Giovanni Antonio Sogliani, San Domenico ed i frati serviti
dagli angeli, Museo di San Marco, Firenze)

Naturalmente il rapporto di cui vi sto parlando è sempre stato molto particolare, soggetto a restrizioni (molto rigide nei primi secoli del Medioevo e poi via via più tolleranti), esclusioni e digiuni; senza alcun dubbio la Regola di San Benedetto è stata un punto di svolta anche per quanto riguarda il rapporto dei monaci col cibo, aprendo di più quelle porte che fino a quel momento erano rimaste fondamentalmente chiuse.
Dal punto di vista artistico tutto questo è stato rappresentato da numerosi quadri e affreschi che ancora oggi sono dei veri e propri documenti di usi, riti e regole presenti nel passato. La rappresentazione del refettorio aveva sostanzialmente la funzione di ricordare al monaco l'insieme dei precetti spirituali legati al cibo e all'atto del mangiare, oltre che all'insieme dei comportamenti che il monaco e, soprattutto i novizi, erano tenuti a ricordare e praticare anche durante i pasti comunitari. Opere d'arte che oggi non sono solo belle da vedere (che non è poco!) ma anche testimonianze importanti di regole, riti, luoghi e anche, in diversi casi, tipologie di cibi presenti sulle tavole e condivisi dalla comunità monastica.
 Tutto ciò era tutt'altro che banale e scontato, anche e soprattutto il cibo e i pasti erano di vitale importanza, non a caso una delle punizioni più gravi per le violazioni alle norme del monastero era la negazione dell'individuo alla mensa comune.
Indubbiamente fin nelle prime comunità monastiche il monastero era il luogo in cui il piacere del cibo doveva ridursi al minimo indispensabile attraverso un rigido insieme di regole e digiuni, con lo scopo di facilitare il processo di perfezionamento spirituale.
Un percorso unico quindi, testimoniato non solo dalla storia, ma anche e soprattutto da quadri e affreschi disseminati in molti monasteri della nostra bella Italia che sono non solo testimonianza di arte e fede ma, ancor più, di storia e cultura del cibo, un aspetto culturale, non mi stancherò mai di ricordarlo, di cui il nostro Paese è colmo in ogni territorio, da Nord a Sud!

(G. A. Bazzi detto "Il Sodoma", San Benedetto
ed i monaci, 1505 circa)


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