Formaggio, uomo e film: caratteristiche e curiosità di un legame vincente!

 

Il formaggio è un prodotto molto amato e su cui, generalmente, si accende l'attenzione delle persone. Tanti sono i motivi che determinano ciò: le caratteristiche organolettiche anzitutto, ma anche la storia dell'area geografica a cui appartiene, l'insieme delle tradizioni agricole e pastorali che in esso si fanno concrete e, non da meno, la cultura alimentare di cui è portatore.

Da sempre quindi le differenti espressioni del sapere umano si sono occupate di questo prodotto, sia in senso positivo che negativo. Non mancano infatti citazioni all'interno di romanzi, opere che parlano di differenti tipi di formaggi, ma anche quadri di varia natura. 

Anche il cinema nel corso del tempo ha inserito il nostro protagonista nelle sue trame, con varie e differenti funzioni: indagare la vita e farne una parodia, renderlo il simbolo dell'esperienza gustativa del piacere, farlo diventare elemento concreto di un'epoca e delle sue caratteristiche sociali, culturali e alimentari. Sono naturalmente tutti temi estremamente complessi e articolati ma, al tempo stesso, molto importanti. Desidero citare a tal proposito alcuni esempi con lo scopo di ricostruire, seppur brevemente, il complesso di significati che ruotano attorno al formaggio e alla sua presenza nel cinema.

Nel film "La grande abbuffata" di Marco Ferreri (1973) esso è una pioggia copiosa che scende sui primi piatti abbondanti, molto conditi e pesanti che i quattro protagonisti, appartenenti all'alta borghesia e rinchiusi in una villa di uno di loro, hanno deciso di ingurgitare, letteralmente, per morire attraverso il cibo. In questo caso quindi ciò di cui ci nutriamo è il simbolo di decadenza, perdita di valori e morte. Tutti significati forti, abbinati però all'opulenza dell'ambiente in cui sono immersi e delle scelte alimentari che i quattro fanno per compiere il loro intento. La preparazione di ogni pasto infatti è oculata, quasi una liturgia, che si compie dalla scelta delle materie prime fino al loro consumo finale.




Nel film d'animazione "Ratatouille", scritto e diretto da Brad Bird e Jan Pinkava (2007) il topo/chef protagonista scopre la meraviglia dell'abbinamento dei vari sapori, anzi, ha una vera e propria epifania del gusto assaggiando un pezzo di formaggio con un acino d'uva. In questo secondo caso il nostro protagonista è il mezzo attraverso cui viene fatta l'esperienza gustativa, la scoperta della complessità dei sapori e della loro capacità di stupire ed emozionare. Un ruolo che non si riscontra in altri film o opere.

In "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" (1960) regia di Mario Mattoli il formaggio rientra in un momento importante. Nelle eterne discordie e rivalità tra le due famiglie che si oppongono alle nozze dei figli è interessante la scena iniziale, quando i due nuclei familiari si conoscono e vanno in trattoria. Il padre dello sposo (Aldo Fabrizi) dopo un po' di titubanza dovuta al dubbio di chi doveva pagare il conto del pranzo, nella convinzione che spettasse al padre della sposa, ordina quattro fettuccine burro, sugo, formaggio e rigaglie di pollo. Il piatto con i suoi componenti è l'emblema non solo di una parte determinata d'Italia ma anche di un'intera epoca, dei gusti alimentari, degli aspetti sociali e culturali legati alle scelte fatte e racchiusi in ogni singolo ingrediente, compreso il formaggio, irrinunciabile in un piatto che doveva simboleggiare un giorno particolare. Del resto questa abbondanza era sinonimo di un'Italia che con fatica stava uscendo dalle conseguenze della guerra; la povertà, infatti, era ancora fortemente ancorata all'idea connessa di esibizione sociale delle scelte alimentari.

Diverse invece sono le simbologie che emergono nel film "Totò che visse due volte" (1998), regia Ciprì e Maresco. Nel secondo episodio infatti il formaggio è protagonista assieme a un anello prezioso del furto fatto da uno dei personaggi a casa di un defunto. Le conseguenze del gesto sono terribili: la casa dell'uomo è infatti invasa da topi che mangiano il prodotto e gli ricoprono il corpo. In questo caso il nostro protagonista è strumento di punizione e vendetta, ma anche arma per esercitare la giustizia e vendicare il torto subito.

Nel film "Il pranzo di Babette" (1987) regia di Gabriel Axel, il formaggio è la degna conclusione di un pasto eccezionale, una vera e propria rivelazione di gusto e abilità culinarie. Temi che in parte emergono anche nell'ultimo film che desidero menzionare, ovvero "La cuoca del presidente" (2012) di Christian Vincent, all'interno del quale emerge però anche la profonda ricerca della protagonista per le materie prime, gli ingredienti e la loro valorizzazione, anche in modo semplice ma straordinario. Non a caso il formaggio entra nelle proposte gustose che la cuoca sceglie per un pranzo di famiglia del presidente. Il menù sontuoso e gustoso si conclude con: formaggio di capra e pecora, giuncata di Rochefort e cagliata aromatizzata con infuso di alloro. Tutto ciò è quindi la sintesi di una profonda attenzione verso le materie prime del proprio Paese e la loro ottimale valorizzazione; un film da prendere come esempio.

Il formaggio è, anche attraverso il cinema, espressione dell'articolata e profonda cultura alimentare umana, dei suoi intrecci con storia e tradizioni e dell'importanza della sua conoscenza per valorizzare lo straordinario patrimonio gustativo e culturale di cui siamo custodi.

Commenti

Post più popolari