Dolci ebraici italiani: gusto e cultura, ieri e oggi.

 

Il Giorno della Memoria non è solo una ricorrenza annuale in cui è doveroso e necessario ricordare ciò che subì il popolo ebraico e altri popoli e persone considerati, ingiustamente e con feroce crudeltà, esseri inferiori, è soprattutto un giorno in cui vivere su di sé tutto il dolore e il terrore da loro subito affinché cose di questo tipo non accadano mai più. 

Vorrei contribuire a mio modo in questo intento, cercando di affrontare brevemente un tema estremamente importante, soprattutto per l'Italia: il ruolo delle varie cucine ebraiche nel Bel Paese. Questo argomento è già stato analizzato nel mio blog ma vorrei riproporlo in un'angolazione diversa: i dolci ebraici italiani. I pochi esempi che qui propongo delle numerosissime presenze sparse in quasi tutte le regioni non sono una semplice curiosità gastronomica, ma un esempio vivo e concreto della grande importanza che le comunità ebraiche hanno avuto per l'Italia. La cucina, una delle espressioni più complesse e straordinarie della cultura umana, può e deve offrire spunti interessanti di analisi e riflessione su cosa sia l'integrazione, l'arricchimento culturale, gastronomico e, soprattutto, il dialogo tra culture e gusti diversi. 

Sia chiaro, tutto ciò è stato reso possibile da un incontro/scontro, ovvero tra rapporti non sempre facili o accettati. Se oggi però possiamo gustare piatti straordinariamente gustosi e sentirli nostri è anche grazie a questa particolarissima multiculturalità di cui l'Italia, anche in campo gastronomico, è sempre stata protagonista nei secoli.


(Stampa, 1881)


Iniziamo quindi con una squisitezza semplice ma tutt'altro che banale: i biscotti di vaniglia di tradizione ebraica. La ricetta per queste squisitezze che assomigliano alle lingue di gatto è presente nel libro "The Classic Cuisine of the Italian Jews" del 1981 di Edda Servi Machlin, una figura poco conosciuta in Italia. Emigrò a New York nel 1958 e fece conoscere la cucina ebraica italiana negli Stati Uniti, una vera ambasciatrice del gusto!

Gli Sfratti di Pitigliano sono uno dei dolci tipici del luogo, grandi biscotti dalla forma di sigaro aventi un ripieno a base di noci tritate, miele, spezie, scorza d'arancia, il tutto racchiuso da uno strato di pasta senza lievito. Il loro nome è molto curioso, ricorda infatti le mazze usate dai padroni per sfrattare dalle proprie case gli affittuari (eventi che, nel corso della storia, ebbero sovente come protagonista anche la popolazione ebraica). Un nome che, per alcuni, è particolarmente legato alla figura di Cosimo II dei Medici che, attorno al Seicento, fece riunire gli ebrei in un quartiere sfrattandoli dalle loro case.

La Spongada è un nome che sul territorio italiano è riconducibile a più preparazioni, anche molto differenti tra loro. Nel territorio bresciano, più precisamente in Val Camonica, è però una sorta di pane dolce molto gustoso che viene cotto con sopra burro e zucchero. La storia incerta di questa golosità la unisce per molti aspetti a una preparazione simile che era fatta dalla comunità ebraica veneziana. E' noto infatti che le influenze e il dominio della Serenissima si estesero anche su Brescia e i suoi territori.

Se ci si sposta poi a Roma gli esempi di squisitezze dolci di matrice ebraica abbondano; il Tortolicchio è certamente uno di questi. E' preparato in occasione della festa di Purim, che ricorda eventi narrati nella Meghillà di Estèr. Consiste in una specie di biscotto secco i cui ingredienti principi sono miele e mandorle. E' una golosità che si usa regalare anche per le occasioni speciali. Certamente è un altro dolce dal nome curioso, come nel caso precedente! Deriva infatti da una parola del dialetto romano che ha come corrispettivo "bastone".

Come non ricordare poi i Ginetti? Sono biscotti dall'impasto semplice che vengono aromatizzati grazie al limone grattugiato (anche se oggi si trovano profumati in vario modo). 

Sempre di Roma immancabile è poi la Pizza di Beridde o Pizza Romana Ebraica. E' un dolce costituito da un impasto senza lievitazione a cui sono aggiunti uvetta, frutta candita e frutta secca. Preparazione dalla consistenza biscottata, la tradizione vuole che il suo nome sia un'elaborazione dell'espressione che indica la parola "alleanza", quella fra Dio e il suo popolo. Non necessita di spiegazioni invece la crostata di ricotta e visciole, buonissima, ed è molto amata dai turisti.

Spostandosi invece a Venezia desidero ricordare due gustosi esempi: Impade e Bisse Venete. Il primo esempio è un biscotto che deriva dalla comunità ebraica sefardita e che si diffuse molto nella Serenissima. E' a base di mandorle e oggi si trova tutto l'anno.

Le seconde sono un'altra tipologia di biscotto a forma di s legato alla festa di Pesach, Pasqua ebraica. Sono dolci semplici ma gustosi, aromatizzati da buccia di limone.

Gusti e squisitezze che testimoniano la straordinaria cucina delle comunità ebraiche italiane e il loro enorme e prezioso contributo nel definire e arricchire nei secoli il patrimonio alimentare del Bel Paese.

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