Mietitura: vita, morte e trasformazione.
La mietitura fa parte dei grandi lavori della campagna che costellano lo scorrere del tempo e i ritmi della vita nel mondo contadino. E' innegabilmente una pratica antichissima che si sviluppò contemporaneamente all'evoluzione dell'agricoltura ma che nel corso del tempo, come vedremo attraverso questo approfondimento, si è caricata di significati culturali, sociali e religiosi. Appare ovvio ricordare che si tratta della raccolta dei cereali maturi, nonostante ciò l'immaginario comune la associa quasi esclusivamente al grano.
Un vero e proprio evento che, quando ancora le macchine non erano diffuse in agricoltura, era preceduto da articolati preparativi: gli attrezzi erano sistemati, i lavori organizzati in un numero definito di giornate e, immancabilmente, le dispense rimpinguate. Mietere infatti necessitava di numerosa manodopera che proveniva non solo dalla famiglia ma anche dalla comunità e da persone esterne, i cosiddetti "salariati". Questo comportava naturalmente un aumento delle bocche da sfamare e, di conseguenza, l'esigenza di una dispensa fornita.
Contadini al lavoro. Mietitura tradizionale in Emilia all'inizio del Novecento. |
Senza alcun dubbio era un evento collettivo, della comunità rurale e, come tale, incardinato nell'insieme delle tradizioni folkloristiche che comprendevano canti, balli, cibi e rituali di raccolta e stoccaggio. Le funzionalità di tutto ciò erano molteplici: rendere coesa la comunità, garantire una buona riuscita delle fasi di raccolta e, non meno importante, fare in modo che il raccolto successivo potesse avere un risultato positivo.
Uno degli strumenti protagonisti era la falce che consentiva il taglio; era comunemente chiamata falciola. Presso gli antichi Romani aveva il nome di falx messoria, distinta dalla falx foenaria impiegata per tagliare l'erba per i foraggi del bestiame.
Altro strumento era la falce armata, simile alla prima ma con l'aggiunta di un rastrello avente una lunga dentatura posta sopra la lama che aveva lo scopo di far cadere in modo ordinato al suolo i cereali recisi; era poco diffusa a causa della difficoltà legata all'utilizzo. L'ultima variante che desidero citare è la falce fiamminga, avente un formato piccolo da usare con una mano mentre nell'altra si impugnava un uncino con lo scopo di depositare al suolo i vegetali recisi in modo ordinato. Questa variante richiedeva una grande abilità ed era particolarmente diffusa nel nord della Francia ed in Belgio.
Certo è che, come ho scritto all'inizio di questo viaggio, essendo la mietitura incastonata nella storia, nel corso del tempo sono nati e si sono evoluti numerosissimi strumenti per poterla svolgere al meglio. Plinio e Palladio, per esempio, nei loro scritti documentarono l'utilizzo presso i Galli di attrezzi e macchinari rudimentali per la raccolta del frumento o di altri cereali; solo attorno al XIX secolo si ebbero i primi tentativi di creare e utilizzare attrezzature più efficienti. Dello stesso periodo (prima metà del XIX secolo) risale anche l'idea di una macchina combinata capace di mietere e trebbiare, tuttavia solo agli inizi del Novecento l'industria dell'America Settentrionale perfezionò la costruzione di mietitrebbiatrici a causa dell'elevata richiesta di rifornire le nazioni che erano in guerra.
Tornando sul piano simbolico e culturale è utile sapere che l'intero ciclo vitale del grano e di altri cereali era accompagnato da molti rituali che avevano lo scopo di assicurare l'esito positivo della sua coltura e, conseguentemente, la ricchezza delle messi. Le liturgie agrarie sono profondamente legate alla storia di ogni territorio e della gente che vi abita, non solo in Italia ma in ogni parte del Mondo. La mietitura, in particolare, ebbe nel corso dei secoli e nelle diverse culture, un ruolo molto importante. Secondo una credenza diffusa, nel raccolto si manifestava una forza che si concentrava nell'ultimo covone o nelle ultime spighe mietute. In Bulgaria, per esempio, il primo era vestito con una camicia da donna, portato in processione e gettato nel fiume per simboleggiare la pioggia che avrebbe donato beneficio al raccolto futuro; in una seconda versione il fantoccio veniva bruciato e la cenere sparsa sui campi per potenziarne la fertilità. Una potente connessione tra vita, morte e rinascita, collegata da tempo immemore alle culture primitive che hanno popolato il Mediterraneo.
Quella appena descritta non è certo una tradizione isolata, nell'antichità infatti vi era l'usanza di gettare in acqua o bruciare un fantoccio vegetale. Rituale arcaico che aveva lo scopo di evocare (e sostituire) un sacrificio umano. Il pupazzo impersonava lo "Spirito del grano", che anticamente era associato a chi attraversava il campo o tagliava l'ultimo covone. Non è in realtà una pratica così distante da noi, tracce di ciò infatti sono rimaste nell'usanza che fino ad alcuni decenni fa prevedeva che il contadino che tagliava l'ultimo manipolo fosse legato allo stesso, portato in paese, percosso e bagnato con acqua o gettato nel letamaio.
Lo Spirito del grano appartiene, quindi, alla simbologia morte-rinascita che permea la vita della spiga su cui molte religioni hanno fondato parte del proprio credo, ed è strettamente connessa ai cicli stagionali. La festa del raccolto che ancora oggi viene celebrata (seppur con finalità turistiche o evocative) è strettamente connessa a queste tematiche e all'importanza della rinascita come celebrazione della vita ed atto benaugurale fondamentale per consentire i raccolti nell'anno successivo.
Anche in Italia fino a non molto tempo fa si potevano trovare tracce di tutti questi riti. In Campania, per esempio, nella zona dei monti Aurunci, vi era l'usanza conosciuta come incannata: se passava un estraneo mentre i mietitori si trovavano a finire il lavoro, veniva fatto oggetto di offese; egli doveva ricambiare con frasi di compiacimento e allegria. Una sorta di atto di difesa del raccolto da possibili malefici compiuti in modo volontario o involontario. Accadeva anche un rito simile a quelli citati in precedenza per quanto riguarda l'ultimo covone: veniva lasciato sul campo oppure si creava una sorta di bambola-fantoccio chiamata "la vecchia" o "la madre del grano".
Profonda era poi la connessione nel nostro Paese tra la fede popolare e le pratiche agricole; ogni lavoro era posto sotto la tutela di santi, della Vergine o di Dio. Vi erano naturalmente santi protettori di specifici ambiti del mondo agricolo e, addirittura, si diffusero nel corso del tempo particolari preghiere di origine popolare per le protezioni di prodotti, attrezzi o lavori. Per quanto riguarda il tema che stiamo analizzando, in Sicilia esistevano orazioni rivolte a S. Antonio e che erano costantemente ripetute:
"Sant'Antuninum, Sant' Antuninum - a lu gran Diu vu siti vicinum: - grossa la spiga, biunna la grana - ed ogni cori s'allegra e si sana"
Non possono poi mancare l'elaborazione di canti per alleviare le fatiche e aumentare lo spirito di coesione. Questi potevano essere stornelli o strambotti brevi e improvvisati che prevedevano botta e risposta.
Pieter Bruegel il Vecchio, The Corn Harvest,1565, Metropolitan Museum of Art, New York. |
Vincent Van Gogh, The Harvest, 1888, Van Gogh Museum. |
Naturalmente la mietitura è presente anche nell'arte. Nel corso del tempo infatti numerosi artisti hanno voluto come soggetto delle proprie opere questa fase importante dell'anno agricolo, sia per documentare i lavori della campagna che per costruire simbolismi di tipo religioso o sociale. Fanno parte della prima categoria le due opere inserite qua sopra. La prima di Bruegel il Vecchio appartiene alla serie dei Mesi, composta da sei quadri dedicati ai lavori campestri (anche se a noi ne sono giunti cinque); è un quadro complesso, si vedono infatti alcuni contadini intenti nelle diverse fasi che caratterizzano la mietitura: dal taglio delle spighe al loro raggruppamento ordinato, fino alla formazione dei covoni. Sotto un albero poi, vi è un gruppo di contadini intenti a consumare un semplice pasto durante una pausa dal lavoro; quasi isolato dal gruppo un uomo sonnecchia, una posa particolare quella che assume, che anticipa la stessa di uno dei protagonisti di un'altra sua opera: il "Paese di Cuccagna" .
La seconda di Van Gogh rappresenta la campagna di Arles in Provenza. Anche in questo caso vengono raffigurate differenti fasi della lavorazione dei campi: nel primo piano si può notare che la mietitura è iniziata, in altre zone si vedono contadini intenti nel lavoro e a sinistra in secondo piano svetta un grosso covone, posto in un campo mietuto. L'opera testimonia un periodo particolarmente sereno per la vita dell'artista il quale, in breve tempo, lavorò intensamente producendo diversi dipinti e disegni per documentare il lavoro dei campi.
Capitello della Basilica di Vézelay, Mulino mistico, Francia) |
Appartengono invece alla seconda categoria due forme di rappresentazione connesse alla mietitura e che sono dense di significati. La prima è il legame tra essa e la morte, espresso attraverso la figura del "Tristo Mietitore" o "Morte personificata", una figura di antichissima origine e che è stata tradotta nel corso del tempo con la conosciutissima immagine dello scheletro vestito con un mantello nero, recante una falce e il cui compito è accompagnare le anime nel regno dei morti.
La seconda tematica è poco conosciuta ma molto interessante, sto parlando del "Molino Mistico", una forma di rappresentazione prevalentemente medievale che in realtà varia nelle caratteristiche ma che possiede comunque punti in comune, raffigura: santi, profeti o lo stesso Cristo intenti a riversare sacchi di grano in una macina, questa, azionata dal clero, non fa scaturire farina ma ostie che finiscono in un grande calice da cui attingono i fedeli (l'immagine che ho posto sopra è una variante di ciò che ho appena descritto). Connessa a questa rappresentazione è quella di un grande torchio, al cui interno è posto Gesù sofferente dalla cui spremitura scaturiscono le particole. Un chiaro legame tra la spiga, la sua macinazione e la produzione del pane, associati alla Spiga Mistica che è Cristo dalla cui crocifissione scaturisce il Vero Pane. L'ultima forma di rappresentazione che desidero accennare è quella in cui Cristo miete il grano e separa le spighe buone dalla zizzania; riferimento al Giudizio finale.
Una semplice spiga e un'attività manuale faticosa e necessaria hanno saputo produrre nel tempo simbologie, connessioni culinarie, culturali e riti di matrice religiosa o sociale che ancora oggi sono presenti nel nostro modo di rapportarci alla farina, al grano ed alla mietitura, elementi importanti della vita culturale presente e passata e legame profondo con le culture che ci hanno preceduto e si sono evolute (anche) attorno a questi aspetti importanti della vita e della cultura alimentare.
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