I funghi chiodini, per un autunno tutto da gustare!

 

Se dovessi pensare a una lista di prodotti/materie prime il cui profumo e sapore mi ricordano l'autunno, sicuramente i funghi chiodini non potrebbero mancare!

Il loro aroma infatti, deciso e gustosissimo, mi riporta magicamente ai ricordi della mia infanzia: al profumo della stufa a legna, della polenta e degli immancabili piatti tradizionali bresciani a cui spesso sono aggiunti come gustoso contorno o irrinunciabile ingrediente.

Sono in realtà una specie diffusa in tutta Italia e che è saldamente collegata alla cucina contadina e rurale, alle squisitezze che la natura può offrire e che l'uomo nei secoli ha saputo utilizzare per sopravvivere e riuscire a sfamarsi.




Sebbene il loro utilizzo si perda nei secoli furono descritti per la prima volta nel XVIII secolo da Martin Vahl, botanico e zoologo norvegese naturalizzato danese. 

Non è un caso quindi se sono presenti in piatti e proposte gastronomiche fortemente legate alle tradizioni culinarie agricole locali, cucine schiette e, spesso, dai gusti decisi. Sapori e saperi che uniscono l'ormai millenaria capacità dell'uomo di "far di necessità virtù", utilizzando così prodotti particolari e a volte difficili da trasformare, come i nostri protagonisti. I chiodini infatti nel tempo furono anche conosciuti col nome di "asparagi dei funghi" perché, similmente al vegetale, la parte commestibile e gustosa è quella apicale costituita dalla cappella e dalla prima parte del gambo, mentre la sezione finale risulta coriacea e indigesta.

E' un fungo che cresce durante il periodo autunnale nelle zone di campagna sui tronchi di piante deboli, sui ceppi di piante tagliate o sulle rive di fiumi e ruscelli. 

Nonostante la sua diffusione e l'ampio utilizzo da Nord a Sud è bene ricordare due aspetti molto importanti: occorre anzitutto conoscerlo in modo approfondito per evitare di confonderlo con altre tipologie velenose e che, di conseguenza, possono creare seri problemi di salute legati al loro consumo. 

Inoltre è bene consumare gli esemplari giovani avendo l'accortezza di sbollentarli per almeno 20/30 minuti in acqua bollente acidulata prima della cottura desiderata. Non tutti sanno infatti che questi funghi hanno una piccola percentuale di tossicità che può creare diversi problemi, soprattutto alle persone più sensibili. I chiodini infatti, se non sbollentati, secernono durante la cottura una sostanza viscida che contiene tossine e può essere l'origine di varie sintomatologie.

La saggezza contadina ha saputo lungo i secoli neutralizzare queste problematiche grazie ad una serie di accorgimenti che rendono questo prodotto della natura una vera prelibatezza. Non è infatti un caso se da Nord a Sud sono numerosi gli esempi gastronomici che possono essere citati in cui i nostri protagonisti sono ingredienti imprescindibili.

Quella più conosciuta e condivisa li vuole trifolati, insaporiti da prezzemolo o, in alcune aree anche da varie erbe aromatiche. Attraverso questa cottura possono essere un gustoso contorno per piatti a base di carne oppure accompagnare polenta e formaggi (opzione quest'ultima molto presente nelle varie cucine del Nord). C'è poi da ricordare che i chiodini trifolati sono fortemente connessi alla cucina veneta, all'interno della quale sono conosciuti col nome di "funghi ciodeti in tecia" (tecia indica la casseruola).

La carne con i chiodini è comunemente diffusa in molte province italiane, soprattutto a Brescia e Bergamo o, in genere, nelle aree montane ed è legata ai giorni di festa o alla domenica.

Col termine "luganiga e gabarò" invece si designa un piatto tipico della cucina pavese preparato, come nel caso precedente, in occasione della domenica o di feste particolari e costituito da salsiccia e chiodini.

Al Sud invece in alcune aree vengono preparati sott'olio e consumati in abbinamento a salumi e formaggi.

Anche la cucina professionale negli ultimi anni li propone sempre più all'interno di menù legati alla tradizione o, dal lato opposto, rivisitati in gusti e abbinamenti nuovi. Un bel modo a mio avviso per far conoscere un prodotto straordinario, spesso connesso però all'idea di "cucina povera".

I chiodini, un dono particolare ma gustoso della natura, modo non solo per gustare l'autunno ma anche la storia della cucina contadina di molte nostre aree, valorizzandola, per farla conoscere al turismo e, soprattutto, alle generazioni future. 

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