Polenta di mais: storia, usi e necessità.

E' già stato ampiamente analizzato in articoli precedenti il ruolo delle polente come categoria di preparazioni nel sistema culinario e culturale di molti Paesi. Con materie prime diverse, esse hanno costituito proposte gastronomiche profondamente intrecciate con la società, non solo nella fascia mediterranea ma anche in Nord Europa.
Il mais, come tutti sanno, è un prodotto che viene da lontano, dal Nuovo Mondo, e com'è capitato per altre materie prime è entrato nel sistema alimentare del nostro Paese sotto forma  di preparazioni già conosciute: le polente.
Furono necessità, carestie, scarsità di risorse alimentari i principali fattori che determinarono la sua entrata nel sistema alimentare dei ceti poveri, ovviamente uniti alla conosciuta "fame atavica"; tutti questi aspetti indussero (non senza diffidenze) a scegliere prodotti come il mais per il consumo alimentare: nuovi, poco conosciuti e con una più alta resa agricola.

(Luigi Rossi, fine XIX - inizio XX secolo)

Il mais entrò in Europa prestissimo, già nel 1493 per merito proprio di Colombo e fu messo a coltura nella Penisola Iberica praticamente subito. Già a partire dai primi decenni del Cinquecento fu presente in diverse zone, non solo in Spagna.
Un prodotto che veniva consumato dagli animali sotto forma di foraggio e dai contadini come polenta. Fu proprio nella coltivazione degli orti poveri, ovvero destinati esclusivamente al consumo familiare e quindi inizialmente non sottoposti a tassazione che il mais si fece strada. Va anche ricordato come la diffidenza iniziale da parte dei ceti bassi venne affiancata dalla diffusione di testi, anche di carattere scientifico, che ne esortavano la coltivazione e l'utilizzo come elemento fondamentale per la loro alimentazione.
Sembra scontato affermare come la polenta di mais fosse fortemente presente nel sistema alimentare delle persone povere dei secoli scorsi. Una pietanza che troppo spesso era consumata da sola con le forti ripercussioni sulla salute che tutti conosciamo; altre volte veniva accostata ad alimenti in modo del tutto particolare, il caso più conosciuto probabilmente è il pezzo di pesce (generalmente salato o essiccato) che veniva appeso al centro del tavolo affinché tutti potessero strofinarci un pezzetto di polenta. Un altro esempio è costituito dall'abbinamento della polenta con il latte, naturalmente quando questo avanzava dalle varie lavorazioni e poteva essere utilizzato, seppur in minima parte, per il consumo della famiglia. Altra categoria era la polenta abbinata nei giorni di festa a piatti costituiti da poche parti di carne considerate di bassa qualità (un esempio importante è la cassoeula) oppure utilizzata come materia prima per confezionare semplici proposte dolci (polenta fritta).


(Pietro Longhi, La polenta, 1740, Venezia, Ca' Rezzonico)


In letteratura ed arte la nostra protagonista è sempre stata molto presente, perfino negli immaginifici "Paesi di cuccagna" sognati dai poveri e da molti artisti e letterati in cui era presente ad animare paesaggi e ambientazioni assieme ad altri numerosi alimenti. Una rappresentazione che spesso, erroneamente, viene attribuita ai secoli scorsi, ma che è in realtà più antica. Il primo esempio in tal senso (ovviamente con un tipo di polenta che non era fatta con il mais) infatti ci viene offerta attorno al V secolo a. C. dal commediografo greco Ferecrate  attraverso la sua opera "I minatori":

"(...) fiumi di farinata e brodetto nero ribollendo scorrevano colmi tra sponde strette (...) lungo i fiumi pezzi di carne farcita e rocchi bollenti di salsicce venivano ammucchiati, sfrigolanti, su grossi piatti ed accanto v'erano fette di pesce da taglio, colti a mollo, in salse di ogni sorta, e anguille con ampi contorni di bietole"

Come non ricordare anche la sua presenza nei "Promessi Sposi" in cui si parla di polenta bigia, ovvero fatta con aggiunta di grano saraceno? Non solo la polenta, ma anche la sua modalità di preparazione fu al centro di componimenti poetici e di quei trattati che, come ho accennato in precedenza, avevano come scopo principale quello di convincere i poveri al suo consumo.
Come non parlare inoltre di Goldoni e della cultura dei suoi territori, intrisa di polenta; del resto la figura di Arlecchino è un esempio emblematico.
L'ultima immagine che desidero proporre è la polenta presente nel film "L'albero degli zoccoli" del 1978 di Ermanno Olmi, un documento formidabile della povertà che per lungo tempo, fino al secolo scorso, ha avviluppato le campagne d'Italia che hanno vissuto quasi esclusivamente di questo alimento e di pochi altri (poveri) ingredienti.

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