Tipico e cucina, passato e presente.
Il concetto di "tipico" è divenuto negli anni molto importante per enti, associazioni, realtà di tutela di prodotti e territori, ma anche aziende e persone che si occupano di marketing. Esso si ricollega spesso al concetto di "tradizione" e a quello simile di "tradizionale" che nella mente di tutti pare quasi essere un qualcosa di immobile e immutabile, mentre proprio la storia dei cibi che costellano le nostre città e province dovrebbe farci intuire che è vero proprio il contrario. Commistioni con altre culture, prodotti nuovi, cambiamenti sociali sono solo alcuni dei numerosissimi fattori che possono intervenire in queste grandi tematiche. Alla luce di tutto ciò viene da domandarsi cosa si intenda per "tipico", ma soprattutto che rapporto ha con una determinata area geografica e con la gente che vi ha abitato nel tempo. Anche l'azione di ciò che definiamo "passato" e "presente" sulla sua definizione è molto importante e, non da ultimo, gli utilizzi che ne fanno le aziende di settore, gli enti e le associazioni.
Certo è che questa parola è spesso associata a un dato territorio geografico, sia da un punto di vista storico che culturale. E' spesso legata a un passato con cui dialoga o che è in fase di riscoperta e/o valorizzazione e che quindi le conferisce un'importante valore aggiunto.
Il significato stesso del termine e il modo di essere applicato in un contesto non solo oggettivo, ma soprattutto semantico, sono profondamente cambiati nel tempo. Vi è stato il passaggio infatti da una nozione che intendeva, soprattutto nei secoli scorsi, prodotti di aree specifiche che poi potevano essere commercializzati in zone diverse, a oggi in cui questi alimenti sono realizzati in aree differenti da quelle originarie. Vari sono i motivi di questo cambiamento: economici, ambientali, connessi alla manodopera o alle materie prime. Sono tanti gli esempi che potrebbero essere menzionati: salumi, formaggi, olio.
Ciò ha avuto e sta avendo anche oggi conseguenze importanti perché, soprattutto in riferimento all'industria alimentare, si è passati da un concetto di "tipico" associato alle tecniche attraverso le quali un prodotto è realizzato, non più quindi alla materia prima e al suo rapporto con l'area geografica e culturale a cui dovrebbe appartenere.
Ci sono certamente alcune fenomenologie che, nel tempo, hanno contribuito a determinare queste modificazioni: la scomparsa delle materie prime con cui un dato alimento era prodotto, la modificazione dei paesaggi e delle aree geografiche in cui un cibo o prodotto alimentare era preparato, infine la pericolosa riduzione della conoscenza del passato e, soprattutto, della cultura alimentare. Quest'ultimo aspetto, sempre troppo snobbato (soprattutto dalle aziende che lo ritengono troppo spesso di secondaria importanza), è invece fondamentale per un Paese come l'Italia estremamente ricco anche dal punto di vista della cultura del cibo, e delle implicazioni positive che la sua rivalutazione potrebbe avere sul turismo e l'industria alimentare.
Quest'ultima poi ha agito non solo attraverso pratiche di dubbia efficacia (delocalizzazione, materie prime di qualità inferiore, manodopera poco specializzata, solo per citarne alcuni), ma anche standardizzando processi produttivi, materie prime, prodotti, varietà vegetali e animali, determinando così un'impoverimento non solo dal punto di vista culturale e storico, ma anche gastronomico e sociale.
C'è poi da ricordare la forte connessione esistita per secoli tra uomo, ambiente e varietà particolari di animali e piante che oggi, purtroppo, stanno sparendo a causa della considerevole riduzione di biodiversità a livello mondiale. Questo aspetto è profondamente collegato alla definizione di "tipico" e alla sua importanza per le economie alimentari e rurali anche se, troppo spesso, pare che ciò non sia preso adeguatamente in considerazione.
Tutto questo ha conseguenze fisiche e materiali che sono riscontrabili non solo attorno a noi ma, oserei dire, anche dentro. Il fenomeno di impoverimento a cui stiamo assistendo coinvolge anche gli aspetti gustativi e sensoriali di cibi e prodotti alimentari che portiamo sulle nostre tavole, e che sempre più spesso perdono caratteristiche e aromi particolari.
E' chiaro quindi come, ora più che mai, sia necessaria un'azione concertata dai principali attori del mondo alimentare e che coinvolga i differenti aspetti che ruotano attorno al cibo. La grande diversità, soprattutto attorno agli alimenti, è una risorsa fondamentale che permetterebbe alle nostre aziende di distinguersi in un mercato agguerrito ma, al tempo stesso, estremamente confuso. Inoltre, ciò potrebbe essere il punto centrale (e imprescindibile) su cui fondare un nuovo legame con le piccole realtà locali, le varie aree geografiche e il loro enorme patrimonio culturale. Questo è, a mio avviso, un nuovo modo di intendere un termine che ora appare, quasi paradossalmente, svuotato o, in alcuni casi, addirittura, troppo vago.
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