Le Feste nel bicchiere: storia e curiosità attorno al vin brulé.

 

I profumi che associamo alle feste natalizie sono sempre particolari e densi di significato, per ognuno di noi. Ogni persona ne custodisce alcuni nel cuore e associa a volti, eventi o, addirittura, anni particolari della propria esistenza. Ci sono anche odori però che sono generalmente condivisi perché appartengono a un determinato territorio e alla gente che vi abita. Questa accezione dei luoghi infatti non è puramente geografica ma anzitutto culturale, sociale e antropologica. Non è quindi così impossibile che una città o un Paese si associno anche a profumi che ne identificano le infinite pieghe e li caratterizzano fortemente. Il vin brulé è sicuramente una bevanda che rientra perfettamente nella spiegazione appena esposta.

E' infatti connesso saldamente al Natale e alle varie occasioni di festa che si celebrano durante questo periodo. Gli effluvi di agrumi e spezie, in particolare cannella e chiodi di garofano, possono essere definiti un perfetto riassunto in chiave odorifera del periodo che stiamo vivendo.

In realtà l'uso e il consumo di vini aromatizzati, speziati o, comunque, modificati è una tradizione molto antica che affonda le proprie radici nella storia.




La civiltà greca utilizzava già vini aromatizzati, speziati ed edulcorati. Tuttavia è famoso il conditum paradoxum, descritto in modo dettagliato nell'opera "De Re Coquinaria", raccolta di ricette della cultura romana risalente al I secolo d. C. del gastronomo, cuoco e scrittore romano Marco Gavio Apicio. Nella sua ricetta al vino era aggiunto molto miele, fatto scaldare e, infine, uniti gli aromi. Era una bevanda preparata e consumata a fine pasto durante banchetti e conviti. Non esiste tuttavia una sola ricetta, ma moltissime versioni differenti e profondamente legate alle diverse aree geografiche.

Altro aspetto importante da tenere in considerazione erano le proprietà curative di cui questa bevanda si riteneva fosse dotata. Essa infatti rientra a pieno titolo nella famiglia di quei preparati curativi molto particolari a base di vino chiamati vini ippocratici o ippocrasso, la cui credenza popolare ne attribuisce l'invenzione al noto Ippocrate, medico, geografo e aforista greco antico. Il suo nome tuttavia è associato per la prima volta a questi composti nel Medioevo e la loro fama fu particolarmente nota nel Settecento. Dei precursori insomma del nostro protagonista anche se, va detto, avevano una grossa differenza rispetto al vin brulé: erano consumati freddi, il processo di riscaldamento del prodotto era infatti funzionale per consentire la cessione delle sostanze aromatiche e benefiche al liquido.

Quella del vino caldo fortemente speziato e dolcificato è un'usanza diffusa non solo in molte località italiane ma anche e soprattutto in vari Paesi d'Europa e nel Nord America. E' infatti una bevanda associata ai climi rigidi e alle zone fredde. Questa è un'altra delle differenze delle funzionalità dei vini aromatizzati del passato con quelli odierni. Anche il modo di prepararli, le tipologie di spezie e alcolici utilizzati sono diverse da una zona all'altra e influenzate da usanze e gusti locali.

Nella nostra tradizione contadina infine il vin brulé era preparato in passato anche per curare il raffreddore e, soprattutto, come immancabile bevanda da consumare in compagnia non solo durante le feste ma anche nelle occasioni di ritrovo stagionali come la macellazione del maiale e il lungo lavoro di preparazione e trasformazione delle sue carni.

Riti, pratiche e tradizioni che fanno di questo liquido caldo e profumatissimo un vero e proprio concentrato di storie e di sapere/sapore nel vero e profondo senso che questa associazione ha avuto anche in parte della cultura e filosofia dei secoli scorsi.

Commenti

Post più popolari