Vermouth: storia di un successo.


Il Vermouth è un vino aromatizzato creato nel 1786 a Torino, prodotto denso di storia e tradizione. E' riconosciuto Prodotto Agroalimentare Tradizionale Italiano (PAT), non solo, dal 2017 il vermouth di Torino è un'Indicazione Geografica e nel 2019 è nato anche il Consorzio, con lo scopo sia di difendere questo prodotto ma anche di farlo conoscere e salvaguardarne il patrimonio storico.




Il suo inventore, Antonio Benedetto Carpano, trasse ispirazione dai vini aromatizzati e speziati sia dell'antichità, ma anche dell'epoca medievale e, in parte, delle successive. L'uomo utilizzando come base il Moscato di Canelli, attraverso l'aggiunta di erbe e spezie, ottenne un prodotto unico e particolare che conquistò ben presto Torino e, negli anni successivi, tutto il Paese. Il nome scelto per la bevanda è una derivazione di una parola tedesca, "wermut", che significa "assenzio", pianta fondamentale per la sua preparazione.

Fu tra l'altro apprezzato a tal punto dal re Vittorio Amedeo III che venne introdotto all'interno dei consumi della famiglia reale. Una bevanda che non conquistò solo il cuore dei principi ma anche di personalità famose tra cui Cavour e Verdi.

L'uso del nostro protagonista non si limitò all'Italia; la Francia infatti ne divenne, assieme al Bel Paese, la più grande produttrice. Tuttavia, a differenza della tipologia italiana, la versione d'oltralpe è più asciutta e amara perché utilizza come base esclusivamente vino bianco secco.

Com' è stato analizzato in un precedente approfondimento, l'uso di utilizzare vini aromatizzati durante i pasti per favorire l'appetito o la digestione è profondamente radicato nella storia, già nel mondo antico infatti questi vini erano consumati e consigliati perfino dalla medicina. I vini ippocratici, particolarmente diffusi e apprezzati in epoca medievale, sono un esempio non solo del loro utilizzo e del legame con le teorie legate alla cura della persona, ma anche e soprattutto l'unione e le influenze dei vini diffusi nel mondo antico e derivati anche dalle teorie mediche.

Oltre a ciò è bene ricordare che le proprietà a loro attribuite influirono sulla loro destinazione culturale e nelle modalità di consumo.




Successivamente questo prodotto fu oggetto di cambiamenti, sia per adeguarsi ai tempi che per esigenze di produzione. Nacquero infatti altri vini aromatizzati ma soprattutto si iniziò a utilizzare vitigni diversi da quello iniziale, il Moscato di Canelli infatti, disponibile in piccole quantità e richiesto anche per la produzione di vini dolci venne ben presto sostituito da altri come il Timorasso e il Gavi. Si originarono e diffusero quindi nel tempo varie tipologie di Vermouth, differenti in base al grado zuccherino del prodotto: extra dry (meno di 30 gr. di zucchero per litro), dry (meno di 50 gr. di zucchero per litro) e infine sweet vermouth (con zucchero pari o superiore a 130 gr. per litro), quest'ultimo è il più variegato, si suddivide infatti ulteriormente in: bianco, rosato e rosso ed è l'unica tipologia in cui è consentito l'utilizzo del caramello come colorante.

Successivamente al boom di inizio Novecento la sua produzione andò calando nel dopoguerra, rischiando addirittura di andar perso e, peggio, essere dimenticato dalle mode. Nonostante questo periodo buio a partire dal 2000 circa, con la diffusione dell'amore per il vintage, ebbe una vera e propria rinascita, soprattutto per le caratteristiche associate al prodotto: forte legame con la storia di un territorio, con riti particolari della giornata e, non da ultimo, la particolarità gustativa data dal fatto che, essendo un prodotto a matrice artigianale, aveva caratteristiche gustative differenti da altri di origine industriale. Oggi infatti è utilizzato nella preparazione di molti cocktails ed è un elemento immancabile quindi durante gli aperitivi, non solo italiani ma di molte parti del mondo. Un amore non solo per il gusto e per i profumi ritrovati ma anche per la fascinazione che può contenere una storia e un prodotto alimentare.

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