Ricotta, la freschezza della storia!
Uno degli alimenti che probabilmente vengono maggiormente apprezzati e consumati in questo periodo di caldo intenso è la ricotta, prodotto gustoso, fresco e ideale anche per chi deve stare attento alla linea. Molti, confondendosi, la inseriscono nella grande famiglia dei formaggi; in realtà è prodotta a partire dalla coagulazione delle proteine del siero del latte, parte liquida che si separa dalla cagliata durante la caseificazione.
Sicuramente il suo rapporto con l'uomo è profondo e quindi denso di storia, usi e significati, spesso anche contrastanti tra loro!
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(Natura morta, scatto fotografico.) |
La sua produzione e consumo vennero infatti solitamente associati nel tempo al pasto comune, spesso delle persone meno abbienti. A fianco a questa destinazione alimentare di tutti i giorni, ne è presente una che associa la nostra protagonista ad una produzione e utilizzo rituali. Di quest'ultima forma l'impiego più conosciuto era come costituente del libum, focaccia romana che veniva preparata impastando formaggio o ricotta di pecora, farina e uova. Data la forma, il composto era posizionato su delle foglie d'alloro e cotto; tali informazioni ci vengono fornite da Catone, politico, generale e scrittore romano e autore del "Liber de agri cultura", composto probabilmente attorno al 160 a. C. . La preparazione era utilizzata come offerta alle divinità durante due feste: Matralia, celebrata l'undici giugno all'interno dei riti in onore della dea Vesta (dal nove al quindici giugno), festa riservata alle donne libere; Ludi Saeculares, celebrazione religiosa costituita da sacrifici e spettacoli teatrali svolti nel corso di tre giorni e tre notti, sanciva la fine di un saeculum (secolo), la massima lunghezza possibile della vita umana (cento - centodieci anni).
Naturalmente, come ho più volte esposto in vari approfondimenti, attorno al consumo di un cibo ruotano anche simbolismi di carattere sociale, culturale, o anche religioso. Spesso le differenti materie prime erano utilizzate e presenti sia nelle tavole dei ricchi che in quelle dei poveri. Come differenziarsi? Impiegando tali ingredienti in preparazioni articolate e costose oppure abbinandoli ad altri, preziosi e ricercati, o facendoli diventare parte di una sequenza sontuosa di vivande e non pasto unico.
La ricotta infatti fu per molto tempo associata alla mancanza di civiltà e, quindi, in netto contrasto con la cultura. L'esempio più conosciuto che desidero menzionare è l'Odissea; Polifemo infatti, tra gli elementi che lo caratterizzano, vi era il fatto che con il latte delle proprie capre produceva ricotta per sostentarsi. Lui, l'essere bestia che è simbolo della mancanza di civiltà, di un tempo fermo ad un passato in cui l'uomo non conosceva altro che il soddisfacimento dei propri bisogni e pochi saperi che erano ben lungi dall'essere considerati "civiltà".
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(Vincenzo Campi, I mangiaricotta, 1585 circa, collezione privata.) |
La nostra protagonista nei secoli scorsi è anche stata espressione dei ceti poveri e delle loro caratteristiche sociali e comportamentali. Il quadro che ho voluto inserire qua sopra ne è un esempio; anzitutto va detto che la ricotta veniva considerata tra il più umile dei prodotti derivati dai processi di lavorazione del latte (probabilmente perché non ne proveniva in forma diretta). Inoltre il tono caricaturale con il quale l'artista ha delineato i tratti e i comportamenti dei personaggi sottolinea l'ambiente popolare in cui la scena si svolge; infine, nel modo grottesco di mangiarla, attraverso un mestolo da cucina, si può notare l'assenza di controllo nel rapporto con il cibo e la mancanza di conoscenza delle regole che ne disciplinavano il consumo.
Un altro esempio artistico interessante è costituito dalla "Pala di Baldassarre Suarez", del 1650, una delle pale commissionate dagli appartenenti all'Accademia della Crusca e ancora conservate nelle meravigliose sale della sede a Firenze. In questo caso l'opera ha come soggetto una piccola ricotta poggiata su un piatto alla cui sommità è conficcato un pezzetto di pane ed è accompagnata dal motto "per me non basto", allusione alla natura umile del prodotto che, essendo poco saporito, necessita di essere accompagnato dal pane.
La ricotta è collegata in moltissimi territori italiani a tradizioni culinarie, credenze riguardanti il suo utilizzo, l'abbinamento o anche l'origine. Qualche esempio? una tradizione popolare vuole San Francesco d'Assisi come figura che insegnò nuovamente l'arte di produrla ai contadini della campagna romana, ai quali, col tempo e a causa della sua reputazione sociale, era quasi sconosciuta. Lo fece in occasione del Natale del 1223, mentre si trovava a Greccio (luogo da cui nacque la tradizione del presepe). Una leggenda che trae origine dal ruolo nel Medioevo dei monaci di preservare, recuperare e tenere vive le tradizioni agricole.
Altra curiosità che desidero menzionare riguarda il territorio di Parma nel quale vengono prodotti i tortelli di San Giovanni. Preparazioni gustose a base di ricotta ed erbette e confezionate per festeggiare l'omonima ricorrenza ma anche come elementi di propiziazione di carattere agricolo. Per l'occasione ancora oggi i caseifici utilizzano il siero derivante dalla lavorazione del futuro parmigiano per produrre ricotta; un elemento importante perché il siero è un prodotto utilizzato per l'alimentazione suina, forma di allevamento significativa per l'economia del territorio.
Ultimo esempio che desidero menzionare proviene da Agrigento ed è: pane, milza (fritta), ricotta di pecora e una spolverata di caciocavallo, un panino gustoso consumato in occasione della solennità dell'Immacolata.
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(Scena di "La ricotta", diretto da Pier Paolo Pasolini, 1963) |
Altro elemento interessante riguardante la nostra protagonista è la sua presenza nel cinema. Ro. Go. Pa. G. è un film del 1963 diviso in quattro episodi e il cui titolo identifica i registi delle rispettive quattro parti: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. La parte di Pasolini prende il nome di "La ricotta" ed è ambientato nella campagna romana in cui si stanno svolgendo delle riprese sulla Passione di Cristo. Particolare è la trama: il personaggio che interpreta il ladrone buono, di nome Stracci, regala alla propria famiglia il cestino del pranzo ricevuto dalla produzione. Decide però di vestirsi da donna per rimediarne un secondo e placare la fame; questo però, sfortunatamente, viene mangiato dal cane della prima attrice del cast. Nel frattempo entra in scena un giornalista, venuto per intervistare il regista; vedendo Stracci accarezzare il cagnolino decide di acquistarlo (credendo fosse di sua proprietà) dandogli mille lire. Con la somma ottenuta corre ad acquistare dal "ricottaro" l'amato prodotto per potersi sfamare ma, anche questa volta, il destino gli nega la possibilità di mangiare perché il lavoro lo chiama. Tuttavia, appena può corre a divorare il desiderato prodotto e, scoperto dagli attori, ottiene il permesso di abbuffarsi con i resti dei cibi preparati per la scena dell'Ultima Cena. Infausto però è il destino che lo attende, durante le riprese della crocifissione muore d'indigestione sulla croce, concludendo così la sua esistenza con il commento cinico del regista: "Povero Stracci. Crepare (...) non aveva altro modo per ricordarsi che anche lui era vivo". Un documento che mette in luce le condizioni sociali e culturali di una grossa fetta di società del secolo scorso e, soprattutto, la sua continua lotta con la fame atavica, compagna per secoli dell'essere umano, specialmente quello di bassa estrazione sociale.
Concludo questo mio viaggio culturale e storico attorno alla ricotta ricordando la sua presenza nella narrativa di Grazia Deledda, scrittrice sarda dell'inizio del secolo scorso. Nelle sue opere la nostra protagonista è unita indissolubilmente alla vita pastorale che permea il suo territorio sardo, divenendo uno di quei (tanti) simboli storici e sociali che identificano la geografia e il suo rapporto con agricoltura e allevamento, due attività che per secoli furono l'unica forma principale di sussistenza di quella terra.
Un prodotto fresco quindi, adatto alla stagione che stiamo vivendo ma, allo stesso tempo, gustoso non solo in termini di qualità organolettiche (che non è poco!) ma anche per il profondo legame con l'uomo e la storia, le sue articolazioni all'interno della cucina di tutti i giorni e delle feste, di moltissime località italiane. La ricotta che scandisce il tempo, lo celebra nelle sue consuete ma irrinunciabili manifestazioni culturali e climatiche e unisce passato e presente, giorni comuni e festivi, tradizioni passate e future, insomma, celebra la vita.
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