Mangiare i peccati: antropologia e storia di una pratica antica.

 

Il cibo è certamente nutrimento, vita e vigore. Oltre a questi aspetti e caratteristiche positive ne esistono altre di valenza negativa. L'atto del nutrirsi è infatti prerogativa degli esseri viventi che, assumendo dentro di sé i cibi indispensabili per la loro vita, mostrano allo stesso tempo lo stretto legame col peccato e la precarietà dell'esistenza. Non è infatti un caso se, all'opposto dell'associazione esposta all'inizio vi sia quella tra cibo, natura e magia.

Queste relazioni e caratteristiche hanno fatto scaturire nel corso del tempo, e in differenti culture, molte credenze associate al peccato e, nello specifico, alla capacità di determinate persone di assumere i peccati altrui attraverso l'atto rituale di cibarsi di determinati cibi.

Questa pratica, oggi sconosciuta, è stata per lungo tempo particolarmente importante in molti Paesi d'Europa, soprattutto in Inghilterra

Un rito estremamente complesso legato a una figura specifica, quella della mangia peccati o sin eater. Questa figura aveva un compito particolare: era chiamata quando una persona in agonia, o addirittura, morta doveva liberarsi dalle proprie colpe. Attraverso specifiche formule e, soprattutto, la confessione dei propri misfatti, essa prescriveva i cibi corrispondenti e che dovevano essere preparati dalla famiglia. La loro ingestione trasferiva il peccato alla mangia peccati e, in tal modo, l'anima del morente era salva. Nel caso in cui l'individuo era già morto erano prescritti alcuni cibi ritenuti particolarmente importanti e universali il cui scopo era comunque quello descritto precedentemente.


(Francisco de Goya, Two old men eating soup, 1819 - 1823,
Museo del Prado, Spain)


Il pane è un esempio significativo di quanto appena esposto. Simbolo per eccellenza dell'uomo, della sua cultura, ma anche di Cristo e del suo sacrificio, era associato anche al peccato originale e quindi consumato nel secondo caso esposto.

L'associazione tra cibo e sua funzione simbolica è quindi molto potente e si articola su più piani: i peccati alle materie prime, il modo in cui venivano preparate e/o cucinate, infine le ritualità con cui i piatti erano consumati.

La maggior parte delle volte era un uomo; in generale, però, erano persone emarginate e povere, spesso condannate per qualche reato. Una pratica la cui origine è incerta ma era certamente già presente nel Medioevo.

La figura del o della mangia peccati era particolarmente diffusa nelle zone rurali dove per svariati motivi non era possibile usufruire della figura di un sacerdote. Proprio in questi casi la presenza di qualcuno che, attraverso l'atto rituale di mangiare i cibi dopo una confessione, consentisse alle anime delle persone morte o in agonia di andare in Paradiso era particolarmente importante.

Una pratica assolutamente controversa ma, al tempo stesso, molto affascinante che unisce credenze popolari ad aspetti della religione Cristiana e, al tempo stesso, pratiche molto antiche.

Il rapporto infatti tra cibo, morte e oltretomba è molto antico. Ogni religione lo ha elaborato e tradotto in numerosissimi riti su cui le varie tradizioni territoriali hanno innestato credenze e simbologie specifiche.

E' stato pubblicato nel 2022 un bellissimo libro dal titolo "La custode dei peccati" di Megan Campisi. Sulla base dell'esistenza reale di questa pratica l'autrice ha costruito un bel romanzo in cui la giovane protagonista attraverso molte peripezie riesce a cambiare il corso del suo destino. Un bell'esempio di rivalsa femminile e coraggio.

Tradizione e antropologia attorno a una pratica estremamente interessante ma che è stata dimenticata anche dagli studiosi. Riti che coinvolgono il cibo, l'uomo e la morte che erano praticati in Inghilterra fino al secolo scorso e che, ora, andrebbero riscoperti dal punto di vista culturale e scientifico e studiati per comprendere un tassello importante della cultura del cibo.

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