Gusto e profumo di lentezza. Ragù, storia e curiosità attorno a una preparazione.

 

Il ragù che a me piace

me lo faceva solo mammà.

Da quando ti ho sposato,

ne parliamo tanto per parla'.

Io non sono difficile;

Ma togliamoci quest'abitudine


Si, va bene: come vuoi tu.

Ora vorremmo pure litigare?

Tu che dici? Questo è ragù?

Ed io me lo mangio tanto per mangiare ...

Ma me la fai dire una parola? ...

Questa è carne col pomodoro.


(O 'rraù - Il ragù, Eduardo De Filippo)


Il ragù non è una semplice salsa, ma una vera e propria preparazione, insieme estremamente eterogeneo che contiene ricette diverse le une dalle altre ma connesse da due elementi fondamentali: il profondo legame con le aree geografiche di appartenenza e tanto tempo per la preparazione ma, soprattutto, per la cottura.

E' certamente una preparazione che costituisce uno dei capisaldi della cucina italiana sia per quanto riguarda l'immagine interna del Paese, che quella percepita dagli stranieri. Certo è che il ragù esisteva già prima dell'introduzione in cucina del pomodoro. Quelli definiti "bianchi" infatti, diffusi in molte aree italiane ed estere, sono ricette storiche dal profondo legame con la cultura contadina e che, troppo spesso, non sono conosciute o, addirittura, snobbate. La Toscana e il Piemonte sono due regioni d'elezione per queste varianti storiche unite indissolubilmente con le tradizioni agricole e culturali dei territori d'appartenenza. 

Oltre a quanto scritto, però, cos'hanno di ulteriore elemento in comune le tante versioni esistenti? La risposta corretta è l'origine; i significati della parola infatti la dicono lunga sulla sua storia. Ragù infatti deriva dal francese "ragout", termine con cui erano identificati gli stufati a base di carne e verdure che cuocevano per lungo tempo sul fuoco. La preparazione infatti da cui derivano le molte varianti appartiene alla tradizione culinaria medievale francese del XII - XIV secolo, avente già essa stessa (come già citato poco fa) nella lunga cottura un elemento imprescindibile. Contrariamente però da quanto ci potremmo aspettare, e dai gusti e concezioni moderne, essa poteva essere sia a base di carne che di pesce. Uno dei fattori principali che agiva sulla scelta e consumo di una versione o l'altra era certamente il periodo del calendario liturgico. La suddivisione infatti tra giorni in cui era consentito il consumo di carne con altri in cui era proibita fu per secoli di vitale importanza nelle scelte culinarie.



Altre varianti territoriali si diffusero naturalmente non solo in funzione del periodo in cui dovevano essere consumate ma anche delle disponibilità economiche e dei ceti di appartenenza. Se infatti presso ricchi e nobili i ragù erano particolarmente abbondanti, con aggiunta di molte carni e ingredienti, presso i ceti poveri invece capitava sovente che essi fossero costituiti anche da frattaglie o, in generale, da scarti di macellazione. Certo è che, col passare del tempo, ci fu una sostanziale mutazione da un secondo stufato, versione originaria, a una salsa di accompagnamento, che tutti oggi conosciamo e apprezziamo.

Delle tantissime versioni italiane esistenti le due più conosciute sono senza dubbio: il ragù bolognese e quello napoletano. La storia del primo ha una svolta decisiva grazie all'opera di Pellegrino Artusi. E' necessario però precisare che anche in questo testo fondamentale per la cucina all'inizio, 1891, il pomodoro non era ancora presente. Una ricetta certamente differente da quella che apprezziamo oggi, testimone del mutamento dei gusti ma anche dei modi di prepararla. Una salsa che comprendeva anche panna e fegatini di pollo e che, con ripetuti cambiamenti e modificazioni, giunse alla versione definitiva della prima metà del Novecento a cui mancava però ancora la carne di maiale, aggiunta solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Anche il secondo ragù, quello napoletano, è molto conosciuto e denso di storia e tradizioni. Derivante anch'esso dalla versione antica francese, è simbolo non solo della presenza di questa preparazione nelle cucine di alto rango, ma anche della circolazione di saperi e tradizioni differenti presso i cuochi di corte.

Fu Carolina d'Asburgo Lorena a introdurlo alla corte napoletana e all'interno della sua complessa cucina. Anche in questo caso l'uso del pomodoro non era previsto; la prima menzione del ragù nella cucina napoletana è fatta risalire presumibilmente all'opera "Usi e costumi di Napoli" di Carlo Dalbono, risalente al 1857. La versione partenopea è divenuta nel tempo certamente espressione non solo della cucina di una parte d'Italia ma, in modo più profondo, del suo rapporto con le differenti espressioni della cultura che, nel tempo, l'hanno animata. Eduardo De Filippo e il suo cinema ne costituisce, a tal proposito, un esempio significativo.

Il ragù è quindi espressione dell'economia locale e del rapporto con le produzioni agricole e d'allevamento che ne fanno parte. E' anche la sintesi della storia di una città o di una porzione di territorio o di un ceto e delle sue disponibilità economiche. Una preparazione insomma estremamente interessante sia sul piano gastronomico che culturale, la cui storia è certamente un valore aggiunto per la sua promozione e conoscenza in altri Paesi.

Commenti

  1. Molto interessante i vostri articoli. Complimenti!
    Sono appassionata di storia della gastronomie, e in tutte le mie transmissioni sul mio canale youtube "La Cuisine de Marina Miroglio" introduco sempre degli aneddori storici.

    Un dubbio mi rimane.
    Quando si dice che il Ragu' priviene dalla cucina francese, trovo che si confonda il nome (effettivamente d'origine francese "ragoût") con il piatto e la tecnica, che esistevano gia' in Italia (lo "stufato") necessarie per utilizzare le carni di animali vecchi, quindi piu dure, che richiedevano delle lunghe e lenti cotture.
    Cosa ne pensate voi, di questa confusion tra l'uso di un nome (spesso nel momento in cui le case nobili adottano dei piatti del popolo, e per dare nobilta' al piatto gli cambiano il nome, in francese per dargli piu prestigio).

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    1. Salve, vero! Infatti ne ho accennato in questo mio articolo (ma anche in altri approfondimenti sul blog)

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  2. Può darsi anche , che Mussolini, o chi per lui, "italianizzò" molte parole tra cui il ragout in ragutto. Successivamente diventò ragù per la maggior semplicità di dizione

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