Il pesce nella cucina quaresimale lungo i secoli.


Per lungo tempo le varie ricorrenze religiose hanno influenzato enormemente anche il calendario civile, non solo in termini di ritualità o festeggiamenti ma anche in cucina. Ho già evidenziato ed esposto in precedenti articoli questo tema complesso e affascinante; per moltissimo tempo, infatti, il numero dei giorni di magro e digiuno (non solo riguardanti la quaresima) era superiore rispetto a quelli "di grasso".
Indubbiamente tutto ciò ha influenzato e regolato la cucina di tutti i ceti sociali. Infatti, nei secoli è nata e si è poi sviluppata l'esigenza di pensare, elaborare e quindi proporre piatti e preparazioni senza il contenuto di carne. Di certo la presenza del pesce nel sistema culinario e culturale del nostro Paese è stata determinata anche dai numerosissimi giorni di magro.
Le pratiche di digiuno e astinenza dalle carni erano già presenti nel VI secolo, naturalmente con livelli di rigidità assai diversi a seconda del periodo dell'anno.


(Vincenzo Campi, Pescivendoli, 1579,
Museo La Roche-sur.Yon, Francia)


Un intreccio usi e ritualità che contribuì a far coesistere due sistemi culturali e gastronomici diversi: quello nordico basato fondamentalmente sul consumo di carne di maiale e pochi altri prodotti con quello mediterraneo della famosa triade, generando così un sistema unico e particolare dato dalla coesistenza dei caratteri gastronomici e culturali di tutti e due, parlo di quella che noi oggi definiamo la "dieta mediterranea". E' necessario aggiungere che tutto ciò consentì anche la diffusione del consumo di pesce, anche in aree considerevolmente distanti dal mare o, in generale, dalle fonti d'acqua notoriamente conosciute per l'approvvigionamento ittico.
Il pesce fu il simbolo della dieta quaresimale o, in generale, di quella monastica, molto rigida per tanti secoli, divenendo quindi una tipologia alimentare spesso associata alla penitenza e alla leggerezza.
Nonostante tutto ciò va riconosciuto che sarebbe un grosso errore pensare che tra carne e pesce vi sia una contrapposizione, come una sorta di battaglia tra carnevale e quaresima che, tra l'altro, è stata anche rappresentata dall'arte, perché in realtà i periodi in cui dominava l'uno o l'altra furono stabiliti e rimasero per lungo tempo assai rigidi. A prova di ciò voglio precisare che in passato esisteva un'unica corporazione per la vendita della carne e del pesce. Una dualità che è sinonimo di coesistenza e non rivalità attestata anche dai ricettari che avevano al loro interno sezioni per l'una e l'altra.
Desidero ricordare però che rispetto all'antichità le risorse ittiche che si valorizzavano erano quelle locali: fiumi, laghi, paludi ma anche, per chi se lo poteva permettere (e per i monasteri) peschiere e laghetti artificiali per l'allevamento di pesci d'acqua dolce, fonte preziosa di nutrimento per i tanti giorni in cui la carne non aveva accesso alla mensa, nemmeno dei signori. Naturalmente, come per tutti i cibi e i prodotti alimentari, vi erano quelli consumati prevalentemente dal popolo e quelli, come il caso dello storione, dai ceti elevati.
L'immagine quaresimale del pesce sbaglieremmo tuttavia a relegarla al solo ambito medievale, essa infatti durò per moltissimo tempo sopravvivendo in molte zone anche per gran parte del secolo scorso. Di certo però un'idea legata al pesce di mare rimase confinata al Medioevo, ovvero il fatto che fosse considerato (anche da intellettuali) poco sano e quindi, generalmente, non idoneo alla salute, soprattutto dei potenti.
Usi, credenze e regole religiose che si sono intrecciate nel tempo con i prodotti dell'acqua e ne hanno determinato successi ed insuccessi, ma soprattutto l'elaborazione straordinaria e straordinariamente variegata di ricette e preparazioni che in moltissimi casi sono giunte fino a noi e che, conoscendone la storia, diventano ancora più gustose!

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