Il mondo della pesca dei laghi: storia, tradizione e tipicità.

La pesca è una delle attività umane per eccellenza, connubio tra esigenza e voglia di adattamento che si traducono in differenti attività legate all'ambiente che circonda l'uomo. Quando si parla di questa ultima pratica, ai più viene in mente la pesca di mare con i prelibati pesci, crostacei e molluschi; tuttavia anche la pesca d'acqua dolce permette di ottenere prede succulente e ambite e, se non dovesse bastare, è consolidata nel tessuto storico e culturale italiano.

(La pesca, Museo della pesca di Monteisola, Brescia)

Il pesce di mare infatti, soprattutto nel Medioevo, era consumato esclusivamente nelle località marittime e costiere per due ragioni fondamentali: la sua predisposizione a degradarsi abbastanza velocemente e l'assenza di mezzi di trasporto efficaci e veloci. Se sommassimo a ciò la mancanza di sistemi di refrigerazione che consentissero durante il viaggio una sua conservazione, non è difficile intuire come nel resto d'Italia il pesce maggiormente consumato fosse quello d'acqua dolce.
Tuttavia, gli elementi appena esposti non bastano per spiegare il perché di questa predilezione, servivano fattori sociali e culturali per determinare bisogni e preferenze; la suddivisione dell'anno, secondo i tempi liturgici, in giorni di magro e di grasso è la motivazione più solida. La presenza infatti di un numero elevato dei primi durante l'anno rendeva necessario consumare il pesce che sostituiva la carne e gli altri alimenti che erano proibiti; occorre ricordare che fino al XIV secolo la dieta quaresimale escludeva anche il latte e le uova. Il pesce, soprattutto quello d'acqua dolce, fu una soluzione comoda e pratica, divenendo così simbolo della dieta magra e di quella monastica (anche se in questo secondo caso bisognerebbe fare alcune precisazioni).


(Illustrazione da Theatrum Sanitatis)
 

Oltre all'aspetto pratico appena descritto, a differenza dell'epoca romana, la cultura medievale valorizzava più le risorse locali, che in questa logica erano incarnate nei pesci di fiume, lago e palude; come logica conseguenza a ciò il pesce d'acqua dolce conquistò la scena nei ricettari di cucina.
In sostanza i pesci che più ebbero successo furono quelli che potevano essere conservati vivi e trasportati, e che soprattutto duravano a lungo: anguilla, tinca, carpe e lamprede. In particolare l'anguilla poteva sopravvivere parecchi giorni fuori dall'acqua se trasportata in ceste colme d'erba. Furono proprio questi i pesci che, assieme a trote, lucci coregoni e tanti altri divennero i protagonisti dei manuali di cucina. Erano quasi tutti pesci d' acqua dolce, presenti in laghi e fiumi e, per soddisfare le esigenze monastiche e delle corti dell'epoca, spesso si ricorreva all'acquacoltura e più precisamente: la carpicoltura, tipica delle zone di pianura e dei monasteri; l'allevamento di lucci e trote in quelle montane.

(illustrazione pesca fluviale)

Come è già stato affermato all'inizio di questo viaggio, la pesca è sempre stata un modo di sostentamento, un mezzo come tanti altri per sopravvivere e cibarsi (parlando dei ceti poveri, ovviamente).  Bisogna ricordare tuttavia altre pratiche che fiorirono e si diffusero per sopperire ad esigenze pratiche connesse all'attività della pesca e che costituivano il perno dell'economia locale: la costruzione di imbarcazioni o, per i pescatori in inverno o quando non si poteva pescare, la fabbricazione e riparazione delle reti da pesca.
Andando al cuore del tema trattato, la pesca lacustre era ereditaria e tramandata di padre in figlio; gli strumenti più utilizzati erano la canna, la molagna (costituita da una lenza formata da un lungo filo armato di ami con esche), la spaderna e la ligna.

(La pesca sul lago, foto di inizio Novecento)

Alla nostra protagonista corrispondeva, soprattutto in passato, la conservazione di quanto pescato per poterne usufruire nei tempi in cui non si poteva pescare per fattori climatici o ambientali; si metteva in moto quindi l'economia del risparmio e quindi della conservazione, ben conosciuta dai nostri nonni. Le tecniche e i prodotti ottenuti erano vari, sebbene fossero comuni a quasi tutte le zone lacustri, ognuna caratterizzata da elementi particolari, tipici della zona di appartenenza. Fortunatamente vengono ancora proposte da alcune coraggiose realtà che le hanno rielaborate utilizzando tecnologie moderne, pur mantenendo lo spirito originario. L'affumicatura era una tecnica che, attraverso l'esposizione del pesce al fumo profumato, permetteva di conservarlo più a lungo conferendogli anche note sensoriali particolari. Vi è anche la bottarga, tecnica recente che è stata coniata con i prodotti del lago prendendo come spunto quella ben più nota fatta col pesce di mare. La bottarga di acqua dolce si ottiene soprattutto con uova di lavarello, ma si possono usare anche altre specie come la trota e il luccio e i meno conosciuti pigo e gardon. Il colore del prodotto finale varia in funzione delle modalità di lavorazione e della specie utilizzata ed avrà generalmente un sapore salmastro con note di muschio.
Vi è poi il missoltino (i misultin), pratica nata nell'Ottocento circa nei pressi del lago di Como, che consiste nella trasformazione dell'agone fresco, attraverso la salatura ed essicazione, in un prodotto a lunga conservazione. Questa pratica è simile a quella fatta per altri pesci come le aole o le sardine essiccate tradizionali del lago d'Iseo, ma anche scardole e altri pesci che venivano essiccati al sole oppure in appositi solai e cantine ben aerati.

(Filetti posti ad essiccare al sole)



Infine tra quelli più conosciuti vi è la carpionatura, che deve il proprio nome ad un pesce pregiato, parente della trota, che attualmente è presente solo nel lago di Garda perché la sua pesca è regolata. E' sostanzialmente una tipica preparazione di matrice medievale che vuole dopo la cottura, l'addizione di una salsa a base di aceto e verdure ed erbe aromatiche o alcune spezie. Generalmente i pesci più utilizzati sono: coregone, agone, cavedano, scardola, pigo, gardon, tinca e alborella.
A fianco a queste metodologie conosciute ve ne sono altre tipicamente territoriali poco note, ma che trovano caratteri simili a quelle esposte. Il viaggio affrontato è un esempio dell'ingegno e della determinazione delle popolazioni lacustri e della loro capacità di creare grandi squisitezze. Sebbene il pesce di lago oggi più che mai non è apprezzato tanto quanto quello di mare, esso costituisce un patrimonio ambientale e culturale enorme per il nostro Paese, non possiamo non riconoscerlo. La prossima volta, magari vincendo qualche preconcetto, proviamo a gustarne uno, potremmo rimanere stupiti.

Commenti

  1. Complimenti..trovo il tuo blog molto interessante.
    Buona giornata
    Incoronata

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    1. Grazie mille Incoronata, troppo gentile! Ti aspetto ancora tra i miei lettori allora. A presto! :)

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