Cibo e identità nei film, quando ciò che mangiamo parla di noi.
Il cibo nel cinema è molto presente, esso assolve a molteplici funzioni: descrive i personaggi e la loro personalità, permette lo svolgimento della pellicola, è utile a narrare fatti o eventi che si riferiscono ai singoli o, in generale, a un territorio più esteso o Paese.
Ciò di cui ci nutriamo è utilizzato nel cinema anche per spiegare meglio i protagonisti e il rapporto tra identità, geografia e amore per le origini. Il cibo può quindi essere metafora di identità regionale e/o nazionale di un singolo o gruppo di persone, soprattutto quando le diverse appartenenze sono in conflitto tra loro. Questo avviene perché il mondo alimentare, anche nel cinema, identifica un modo di intendere la vita, approcciarsi a essa e alle differenti forme di comportamento.
Un esempio significativo di quanto affermato lo possiamo trovare nelle contrapposizioni alimentari tra Nord e Sud presenti nel film "Miseria e nobiltà" di Mario Mattoli del 1954. Nella pellicola è presente la divisione tra la cucina del burro e quella dell'olio, che incarnano anche, sostanzialmente, due modi di vivere differenti.
Analisi che avviene anche in film di altri Paesi, "The giant", film del 1956 diretto da George Stevens, è presente uno spazio corposo dedicato alla gastronomia e alle diversità tra le consuetudini alimentari del New England e quelle del Texas: le prime rappresentate come raffinate, mentre le seconde rozze. Questi aspetti possono essere connessi anche ai modi di fare associati alle abitudini alimentari, le dinamiche in cui esse si articolano e manifestano. Tematiche che evidenziano anche le varietà delle tradizioni e abitudini alimentari che possono far parte di una Nazione.
Il cibo è presente nei film anche come elemento per evidenziare le differenze alimentari e, soprattutto, culturali dei vari Paesi. Un esempio importante di quanto appena affermato è costituito dal film "I cospiratori del golfo", meglio conosciuto con il nome di "Il re burlone", film del 1935 diretto da Enrico Guazzoni. Nella pellicola Re Ferdinando, interpretato da Armando Falconi, per spiegare all'ambasciatore prussiano (Olinto Cristina) lo spirito napoletano, gli illustra la preparazione del ragù e la sua lenta cottura. Un elemento significativo quindi il cibo, che aiuta a comprendere meglio l'essenza di un Paese e, soprattutto, della gente che vi abita.
Il mondo alimentare può anche essere utilizzato per deridere la mancata apertura ad altre culture, anche culinarie. Ciò avviene in "Frenzy", film del 1972 diretto da Alfred Hitchcock in cui è presente una canzonatura nei confronti del conservatorismo inglese, il quale solo alla fine degli anni Sessanta fu dissipato dall'apertura ad altre culture, anche in campo alimentare.
Nel cinema di matrice europea del secolo scorso fu marcata anche un'insofferenza nei confronti del dominio di matrice commerciale e culturale dell'America. Due esempi in tal senso sono: "Un americano a Roma" film del 1954 diretto da Steno, e "Pulp Fiction" film del 1994 scritto e diretto da Quentin Tarantino. In quest'ultimo caso il regista si prende gioco del bigottismo in ambito alimentare delle classi americane meno abbienti.
Il rapporto protagonista di questo approfondimento può analizzare anche le mutazioni che avvengono in ambito alimentare e, in particolar modo, la dicotomia esistente tra industria e artigianalità, prodotti derivanti da una manipolazione industriale e quelli profondamente legati all'artigianalità e tradizione. Il film "I milanesi a Napoli" del 1954 di Enzo Di Gianni, affronta proprio queste tematiche. In esso è infatti presente la sconfitta dell'industria alimentare e della catena di montaggio e il trionfo dell'artigianalità delle produzioni campane.
E' poi affrontata naturalmente anche la concezione di identità in senso sociale con tutti i temi (tanti) che a essa si sono associati nel tempo: lotta tra i ceti, cibo e società, correlazione tra classe sociale e alimentazione, appropriata al rango di appartenenza. Parte di queste tematiche sono presenti in "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", film del 1984 di Mario Monicelli sulla base di una raccolta di racconti della fine del Seicento.
Un'ultima accezione del legame particolare che sto analizzando é nella declinazione, bellissima, del modo di concepire la vita di una o più persone, di rapportarsi a essa e, soprattutto, viverla. Un esempio molto bello di ciò è costituito da Vianne Roacher, protagonista di "Chocolat", film del 2000 di Lasse Hallstrom che si contrappone con le rigide norme che regolano il paese in cui giunge improvvisamente con la figlia e nel quale apre una cioccolateria che seduce ben presto tutti gli abitanti, perfino i più bigotti, aprendoli così ai piaceri della vita.
L'identità può avere quindi molteplici accezioni, l'arte cinematografica ha saputo nel tempo coglierle e articolarle restituendoci così la complessità esistente nel rapporto tra noi e ciò di cui ci nutriamo.
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