Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno ... nel piatto!

L'omonimo film, oggetto di analisi in questo articolo per la sezione del mio blog dedicata al rapporto cibo-cinema, trae origine da una raccolta di tre popolarissimi racconti pubblicati per la prima volta nel 1620 ( Le sottilissime astutie di Bertoldo, le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino e novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino), i primi due scritti da Giulio Cesare Croce e l'ultimo da Adriano Banchieri.
Il film è una commedia del 1984 con regia di Mario Monicelli e partecipazione di molti attori famosi tra cui: Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Lello Arena.
Esso è ambientato nell'Alto Medioevo alla corte del re longobardo Alboino, in cui giunge il villano Bertoldo, entrato nelle grazie del sovrano attraverso un'astuzia. E' proprio questa la caratteristica del rozzo contadino che colpisce molto i convitati durante un banchetto quando, volendo il re fargli un tranello, gli offre un cappone ripieno arrosto come cibo, giurando però che gli avrebbe fatto tutto quello che lui si sarebbe apprestato a fare all'animale cotto. Così egli riesce ad aggirare il problema infilando le dita nel didietro del cappone e mangiando il contenuto.
Dopo questa goliardica scena, tornando a casa il contadino scopre che la moglie aveva venduto ad un frate imbroglione le poche cose che possedevano in cambio di una falsa reliquia; il fatto accade mentre il figlio sciocco Bertoldino cova le uova dell'oca Nerina (anch'essa venduta al frate).
Così dopo tante peripezie riuscirà a recuperare i pochi averi posseduti e a dare una lezione all'imbroglione.
Al termine di una serie di avventure che vedono come protagonisti lui e il monaco, che lo aveva reso complice dei suoi imbrogli, giunto a corte, combina al re una serie di malefatte talmente grandi da essere condannato a morte per impiccagione. Bertoldo quindi chiede al sovrano come ultima grazia di poter lui stesso scegliere la pianta a cui venire impiccato, così parte per la sua ricerca.
A causa di disordini famigliari e politici il re si ammala gravemente, giungono quindi a corte numerosi volontari con lo scopo di tornare a farlo sorridere ma, fallendo, vengono condannati tutti a morte. Nel frattempo torna Bertoldo con la pianta che aveva scelto per essere impiccato, era una pianta piccolina, quindi necessitava di qualche anno prima di poter diventare grande.
Nel vedere ciò il re scoppia a ridere così tutti i condannati a morte hanno salva la vita.
Bertoldo e la famiglia sono condotti a vivere a corte nel lusso e nello sfarzo. Egli però, che era abituato alla libertà e ai cibi poveri si ammala e in seguito muore.  Superato il lutto per la scomparsa, la corte è in festa per la nascita del bambino della figlia del re e Bertoldino (che nel frattempo si erano innamorati).
Trionfante, re Alboino leva in aria il piccolo, ma il neonato defeca sulla sua faccia e, di conseguenza, viene chiamato Cacasenno.

Il film sopra citato e riassunto e ancor più le opere, documentano in modo significativo la diversità tra gli stili di vita, nel Medioevo, di un povero contadino e dei ricchi. In questo contesto anche l'aspetto alimentare ha una certa rilevanza nel definire in modo più chiaro i due regimi: sontuoso, a base di carne e grasso alla corte del re Alboino,  mentre povero e composto da pochi ingredienti nella cucina del villano Bertoldo.
Sono proprio queste poche materie prime utilizzate, poche verdure in sostanza, che bollono costantemente sul fuoco in una minestra/zuppa che non è solo fonte di nutrimento, ma anche uno strumento di identificazione sociale, e lo sarà per secoli.
Questo povero cibo è quindi indispensabile non solo per riempire lo stomaco ma anche e soprattutto per consentire la sopravvivenza. Con ciò non mi riferisco unicamente all'aspetto biologico ma anche a quello antropologico.
Per tutto il Medioevo (ma anche molto tempo dopo) vi era la diffusa convinzione che i poveri e i villani non potessero mangiare i cibi dei ricchi perché essi non avevano uno stomaco adatto a digerirli; i rischi sulla salute in caso di ingestione sarebbero stati gravissimi. E' ciò che accade al nostro protagonista che muore a causa del regime alimentare a cui è costretto a sottostare, come viene illustrato dal suo epitaffio, fatto scrivere dal re in caratteri d'oro:

(...)
Fu grato al re, morì con aspri duoli
per non poter mangiar rape e fagiuoli.

E' in questo contesto che si inserisce  il mio piatto, che attinge dalla tradizione povera delle zuppe del centro-nord Italia, fornendo però un'alternativa sfiziosa.
Perché la cotenna? Perché nelle cucine povere era l'unico elemento che potesse essere aggiunto a zuppe e minestre, non solo per dare più sapore ma anche per rendere quelle preparazioni, spesso scarne e slavate, più nutrienti. Da ciò ho pensato a delle crocchette in cui regna il contrasto tra la texture esterna croccante e quella interna morbida, rese più profumate da erbe aromatiche fresche tritate e abbinate ad una crema di fagioli cannellini, semplice ma gustosissima.

 
 
 CREMA DI FAGIOLI CANNELLIN E CROCCHETTE DI COTENNE

INGREDIENTI PER LA CREMA (per 4 persone)

400g fagioli cannellini secchi
2 carote
3 cipolle
4 gambi di sedano
1 patata media
80g olio extravergine di oliva
rosmarino, sale e pepe q.b.

INGREDIENTI PER LE CROCCHETTE (per 4 persone)

1 pezzo di cotenna
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla
erbette fresche (rosmarino, timo, santoreggia, maggiorana, salvia, erba cipollina)
sale e pepe q.b.

e per la panatura:

2 uova
farina bianca e pane q.b.

PROCEDIMENTO

mettere in ammollo i fagioli in abbondante acqua per almeno 12 ore avendo cura di cambiarla almeno due volte. Nel frattempo prendere due cipolle e le altre verdure e preparare un brodo vegetale. Una volta trascorso il tempo indicato sciacquare i fagioli, tritare la cipolla restante e farla soffriggere con 30g di olio e una patata media pelata e tagliata a pezzetti. Aggiungere i fagioli e, dopo averli fatti stufare per qualche minuto, coprire con abbondante brodo; salare, mettere un rametto di rosmarino e cuocere per almeno 45 minuti. Nel frattempo prendere le cotiche, stenderle sul tavolo e salarle all'interno. Preparare un trito molto fine di erbette da disporre sempre dentro le cotiche. Successivamente formare dei piccoli rotolini che andranno legati molto bene. Preparare un brodo di verdure e mettervi a cuocere le cotiche per almeno 1 ora. Una volta cotte toglierle e lasciarle raffreddare completamente. Eliminato lo spago tagliarle a rondelle che andranno impanate e fritte.
Frullare ed emulsionare i fagioli con il mixer e correggerli di sale e pepe ricordandosi di aggiungere i restanti 50g di olio. Passare ad un colino a maglia fine.
Disporre la crema in un piatto fondo con al centro le tre crocchette.
La cremosità della crema unita alla croccantezza dei bocconcini di cotiche fritti e all'aromaticità delle erbe fresche creeranno un piacevole connubio, provare per credere!



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