Tradizioni alimentari al Corpus Domini.


Il Corpus Domini è una delle principali solennità dell'anno liturgico della Chiesa cattolica, si celebra il giovedì successivo a quella della Santissima Trinità, in genere però è spostato alla domenica. Rievoca la "Messa della Cena del Signore" del Giovedì Santo e fu istituita nel Duecento a seguito del famoso miracolo di Bolsena.

Molti territori italiani e di altri Paesi hanno elaborato nel corso dei secoli numerosissime tradizioni di differente natura: religiose, anzitutto, ma anche di tipo gastronomico e legate al folclore. Sinonimo tutte di devozione, preghiera, ricordo ma anche desiderio di festeggiare; uno degli esempi più conosciuti e diffusi è l'infiorata che, pur presente in diverse forme in vari Paesi, è nata a Roma, ed è sostanzialmente una vera e propria arte che consiste nel realizzare tappeti costituiti da fiori che hanno come soggetti temi religiosi. Sono nati per decorare il percorso della processione religiosa.


(Giusto di Gand, Pala del Corpus Domini, 1473 - 1474,
Galleria Nazionale delle Marche)


Anche il mondo del cibo possiede al suo interno tradizioni che si collegano a questa festa. Oltre infatti all'usanza di mangiare cibi elaborati, caratterizzati da ingredienti o materie prime considerati particolari, destinati cioè alle feste, nel tempo si sono aggiunti dei veri e propri piatti specifici. 

Il primo esempio che desidero citare è una preparazione considerata oggi comune o, comunque, è diffusissima: parlo della torta di riso. Il suo nome vero è "torta/dolce degli addobbi", tipica di Bologna. La festa a cui si lega fu istituita nel Cinquecento; chiamata anche "Festa degli addobbi". Il suo svolgimento era a luglio, ogni domenica una parrocchia diversa era la protagonista e solo dopo dieci anni sarebbe tornato il suo turno. Una ricorrenza con scopi assolutamente interessanti perché serviva per raccogliere offerte per restaurare la chiesa o sistemare gli oggetti a uso liturgico. Le case e le vie attraversate dalla processione erano addobbate a festa, inoltre erano presenti numerose bancarelle che vendevano il dolce citato, una proposta gastronomica costituita da ingredienti semplici, in cui il riso e le mandorle erano i protagonisti. Era tagliata a losanghe e servita infilzata in uno stecchino. Un'insieme di usanze che oggi, purtroppo, sono cadute in disuso.

Spostandoci in Basilicata, invece, vengono preparati in casa dei tagliolini a base di uova e farina cotti nel latte e a cui si aggiunge zucchero e cannella, un piatto che viene consumato rigorosamente freddo.

In Sardegna, più precisamente a Ghilarza in provincia di Oristano, è tipico "Supane de casu", pane di formaggio decorato con foglie di noce e ciuffi di finocchi.

Tuttavia, oltre a questi e ad altre tipicità, la proposta gastronomica più conosciuta e associata al Corpus Domini è, senza dubbio, il latteruolo, dolce in realtà presente in molte zone del Centro Italia. Quello che accomuna le differenti versioni di questa ultima curiosità gastronomica è l'elemento protagonista, il latte, che ovviamente conferisce anche il nome alla preparazione. A Siena è semplicissimo: latte, uova, poca farina e aromi, il tutto cotto in forno. 

A Baricella, comune in provincia di Bologna, gli ingredienti sono gli stessi ma, anticamente, era preparato dai contadini come omaggio ai datori di lavoro, agli affittuari o, comunque, alle personalità di spicco del paese. Una consuetudine, quella della preparazione e distribuzione, che rimase in uso fino agli inizi del secolo scorso.

Un dolce diffuso anche nelle Marche dove prende il nome di lattarolo, lattacciolo.

In alcune versioni antiche, tuttavia, questa golosità prima della cottura era messa in uno stampo foderato di pasta matta che fungeva da contenitore e che poi poteva essere naturalmente consumato. Un esempio significativo di alcune tipologie di preparazioni medievali costituite anch'esse da un involucro di pasta che conteneva un ripieno dolce o salato.

Il tegame poi di questa tipologia particolare di latteruolo era posto nelle braci del camino per cuocerlo dolcemente. Fu a partire dall'Ottocento che subì considerevoli trasformazioni nel modo in cui veniva preparato, facendolo diventare simile alla versione che ancora oggi viene preparata e proposta in diverse realtà dei vari territori. Anche l'aggiunta di zucchero è piuttosto recente, presumibilmente del secolo scorso. Pellegrino Artusi, all'interno della sua celeberrima opera "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" gli dedica ben due ricette, documenti di queste preparazioni e delle diversità tra i vari territori.

Quella del latteruolo e di molte altre proposte gastronomiche legata a questa festa e, più in generale, a molte altre occasioni particolari dell'anno, erano preparazioni di matrice povera, profondamente legate alla cultura contadina e all'esigenza di festeggiare e onorare determinati giorni, anche in semplicità e attraverso i pochi mezzi che avevano a disposizione.

Testimoni di una cultura dimenticata ma che oggi, sempre più spesso (fortunatamente), si sta cercando di riscoprire e, soprattutto far conoscere, per non perdere quel patrimonio importante che sono le nostre tradizioni culinarie e culturali.

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