Gnocchi: storia, tradizioni e cose inaspettate.
Gli gnocchi sono forse tra i primi piatti più conosciuti ed apprezzati da grandi e piccini, sia in Italia che all'estero. Esistono numerosissime versioni, diverse da un territorio all'altro, non solo nel condimento ma anche nell'impasto e nella forma. Quando si pensa ad essi, tuttavia, la maggior parte delle persone ha in mente la versione oggi maggiormente utilizzata, con le patate. Vi stupirò, sono ben più antichi di quanto si pensi, sicuramente più dell'avvento del tubero nel Vecchio Continente.
Come ho infatti avuto modo di analizzare per la polenta infatti, anche in questo caso non si tratta di specialità gastronomiche ma preparazioni. Cosa intendo? Con questa parola vorrei includere all'interno di una vera e propria famiglia una serie di elaborati alimentari che hanno una medesima origine storica e culturale e, non di meno, anche nell'elaborazione.
In linea generale si tratta di una grande modalità di preparazione antica che affonda le proprie radici nella storia. Certo è che si tratta di specialità fortemente legate alla tradizione contadina, non solo nella costituzione degli ingredienti, ma soprattutto nell'origine del nome. La parola originaria infatti è "macco", termine antichissimo da cui derivò "maccheroni" , il cui significato era riferito ai nostri protagonisti. Ma questo termine originario è utilizzato ancora oggi per indicare una preparazione diffusissima al Sud in cui il prodotto protagonista sono le fave, cucinate come una polenta, come del resto le antiche "fave infrante", citate anche nel "Liber de Coquina", testo medievale importante appartenente alla Corte Angioina di Napoli.
Una categoria amplissima in realtà quindi, con ramificazioni anche inattese. Di certo gli gnocchi tipici della cultura contadina, soprattutto del Nord Italia, erano caratterizzati anch'essi dall'utilizzo di materie prime povere, il pane raffermo grattato soprattutto, predecessore delle patate assieme agli gnocchi di farina, a cui si potevano aggiungere altri ingredienti; ciò che si aveva a disposizione. Anche le consistenze, naturalmente, erano diverse: soda nel primo caso (come per gli gnocchi di patate), molto più morbida nel secondo, tanto che a Brescia quest'ultimi ancora oggi vengono solitamente chiamati "gnoc de cola" ovvero "gnocchi di colla"; erano forgiati con due cucchiai e tuffati direttamente nell'acqua bollente, un po' come le frittelle, per intenderci.
Del resto, se ci pensiamo bene non è una caso isolato quello appena citato, gli "spatzle" infatti originari della Germania meridionale ma diffusissimi in altri luoghi quali il Trentino-Alto Adige, ne sono un esempio.
I canederli, conosciutissimi ormai, fanno parte della famiglia degli gnocchi. Alcuni studi poi affermano che deriverebbero dagli knodel altoatesini i quali, a loro volta, da un termine utilizzato per designare queste preparazioni: gli knohhil, addirittura di origine longobarda.
Ci sarebbero poi moltissimi altri casi interessanti da citare, mi limito a concludere questo mio breve excursus sulle varie declinazioni dei nostri protagonisti con due proposte: gli gnocchi alla romana, appartenenti a questa categoria e esempio perfetto per evidenziare come gli gnocchi derivino da preparazioni simili a polente; infine degli gnocchi dolci che vengono fatti in Francia e Germania e sono ripieni di prugne o confettura.
Desidero ricordare poi che, come per il pomodoro e, anzi, forse di più, le patate riuscirono ad entrare (a fatica, a dire il vero) nel nostro sistema alimentare attraverso il loro utilizzo negli gnocchi come sostituti di altri ingredienti, parte della farina per esempio. Una indubbia lezione di come generazioni di uomini e donne si siano potuti adattare a condizioni di vita difficili e alla penuria alimentare che, per molti secoli, caratterizzò le loro vite.
Ma i nostri protagonisti furono anche tra le pietanze più desiderate per secoli, tanto da essere inseriti nei "paesi di cuccagna", luoghi immaginari in cui tutto era commestibile e la fame atavica e vorace del povero poteva essere finalmente saziata, senza sforzo tra l'altro. Del resto, vi ricordate i maccheroni che cita Boccaccio nel paese di Bengodi nel suo Decameron ? Quelli che venivano cotti in un pentolone posto su una montagna di formaggio grattugiato e poi fatti rotolare giù? Sono proprio gli gnocchi, anzi, è una testimonianza efficace dell'origine terminologica di cui vi ho parlato all'inizio di questo viaggio.
Il grande e complesso sistema del carnevale italiano ha poi saputo inserire al suo interno questa pietanza attraverso delle vere e proprie figure: "Re Gnocco", maschera del Carnevale di Castel Goffredo a Mantova e risalente al 1872. E poi "Papà del Gnoco", principale maschera del Carnevale di Verona, nome particolare che deriva da papus , ovvero "mangiare", rappresentato come un vero e proprio cerimoniere di un baccanale dello gnocco. Un'origine più lontana rispetto alla maschera precedente, la tradizione popolare infatti vuole che nel Cinquecento, a causa di un'inondazione e delle scorribande dei Lanzichenecchi, la popolazione fu aiutata da Tommaso da Vico, medico e personalità di spicco della città il quale, per combattere la fame dei concittadini, distribuì derrate alimentari. Tra queste vi erano anche gli gnocchi (di farina però); fu così che divenne il fondatore del "Baccanale del Gnocco".
Amo associare tutti questi intrecci sociali, culturali e storici ad un grande impasto, come quello degli gnocchi appunto, che, una volta forgiato, ci regala gustose sensazioni che sono parte di noi, della nostra terra e cultura. Spetta a noi continuare questa meravigliosa amalgama e donarla in eredità alle generazioni future.
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