Mostarda, il gusto particolare di una storia dai molti secoli.


All'interno del sistema alimentare e culturale di molti Paesi vi sono cibi o preparazioni molto particolari che riuniscono al loro interno sapori fortemente contrastanti ma che, di fatto, riescono a valorizzarsi in modo sapiente. Essi sono il risultato non solo di modificazioni durate secoli, ma anche e soprattutto risposte ad esigenze alimentari o di vita concrete ed importanti.
Indubbiamente la mostarda rientra a pieno titolo in questo connubio; le sue origini infatti sono antiche e si legano all'esigenza di conservare la frutta per i mesi in cui essa non era disponibile.
Il prodotto di oggi è l'immagine quasi inalterata di quello di origine medievale, nato attorno alla fine del Duecento: preparazione tipica dell'Italia del Nord costituita fondamentalmente da frutta cotta e messa in sciroppo contenente senape piccante in quantità differenti a seconda del risultato più o meno pungente che si vuole ottenere.






Sarebbe tuttavia un grave errore credere che tale prodotto rispondesse unicamente ad esigenze di tipo strettamente pratico, le modalità di preparazione infatti ed i piatti a cui era accostata (sostanzialmente i medesimi di quelli odierni) erano volti all'ottemperanza delle norme dietetiche connesse alla cucina e alla buona salute dell'individuo. A tal proposito, ho avuto modo in numerosi altri approfondimenti di trattare questa complessa tematica che fu estremamente importante per secoli.
Sono anche molto curiose le connessioni culturali che ruotano attorno al nome, il termine "mostarda" infatti in altri paesi sta ad indicare preparazioni che sostanzialmente si discostano da quella italiana  ma che hanno tra loro in comune un ingrediente particolare: la senape, materia prima che conferisce un gusto particolare che nel nostro caso è piccante ma può anche non esserlo (si prenda in esempio le tipologie di senape presenti in Francia) e che per certi versi, come ho appena ricordato, funge da legante culturale tra preparazioni che oggi possono anche essere differenti ma che hanno invece un qualcosa in comune. A tal proposito, l'esempio che risulta significativo è la "mustard sauce", senape tradizionale inglese preparata con polvere fine di senape nera, poca senape bianca e farina di frumento che funge da legante.
Si direbbe quindi che l'elemento comune alle preparazioni sopra citate sia la senape ed anche, per certi versi, il nome che ne deriva, tuttavia credo vi sia anche un altro elemento (storico) comune alle differenti ricette. A cosa mi riferisco? Alla ricetta a base di mosto cotto e senape tipica degli antichi Romani che la utilizzavano come modo per conservare alcuni cibi.
Proprio questo è il filo conduttore storico antichissimo che sfruttava il gusto e le proprietà di un ingrediente e che fu nei secoli modificata e utilizzata da territori diversi.
Sarebbe un errore infatti pensare all'inefficacia di questa influenza culturale durata secoli, l'antico prodotto romano infatti determinò nel corso del tempo la creazione e diffusione di altre varianti a base di mosto cotto, ingrediente curioso e importante che originò tante declinazioni storiche e culturali e su cui si rifletterà in un futuro approfondimento.
Si può quindi tranquillamente affermare che la mostarda sia un vero e proprio gusto antico ancora esistente sulle nostre tavole dalle tante declinazioni culturali e territoriali. Probabilmente tra quelle conosciute la mostarda vicentina è quella che, ancora oggi, conserva meglio il fascino e l'immagine medievale perché la frutta di cui è costituita è tagliata in piccoli pezzi. La ricetta più utilizzata e diffusa attualmente risale al 1918 e venne codificata a Montecchio Maggiore dall'industria artigiana Boschetti ed è oggi, tra l'altro, riconosciuta come P.A.T, ovvero come prodotto agroalimentare tradizionale italiano, ovvero un elenco di tipicità del nostro straordinario Paese istituito dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo con la collaborazione delle Regioni (e costantemente aggiornato).
Come non accennare poi alla mostarda cremonese, forse la più conosciuta, consumata ed apprezzata. Nella ricetta originale tuttavia forse non tutti sanno che erano presenti anche le mandorle candite, prodotto indubbiamente particolare e testimone sicuro degli scambi commerciali e soprattutto culturali del Nord con il Sud e, nello specifico, in questo caso con le mandorle coltivate in Sicilia, come attesta nella sua sua opera "De honesta voluptate e valetudine" Bartolomeo Sacchi, umanista e gastronomo italiano del Quattrocento. Un ingrediente forse poco conosciuto ai più ma che ora sta riconquistando la scena.
Altra versione nota è la mostarda mantovana che differisce però dalla precedente dal fatto che l'ingrediente protagonista non è un mix di frutta ma una sola tipologia: la mela campanina, una varietà domestica nota anche come "mela della nonna" e che è fortemente legata alla tradizione culturale e culinaria della bassa modenese e mantovana. Un prodotto che fa capire molto bene come il legame col territorio e le sue risorse sia stato nei secoli scorsi particolarmente importante; questo tipo di mela, tra l'altro, è inclusa nell'elenco dei P.A.T. di cui ho parlato anche in precedenza. Non è certo la sola di questo territorio, altro esempio molto conosciuto è quella di zucca, castagne, dei prodotti insomma che la campagna poteva offrire e che attraverso questa preparazione non andavano di certo sprecati. Va anche ricordato che la mostarda mantovana, a differenza di quella cremonese, è meno piccante perché la senape viene aggiunta a piccolissime dosi e solo alla fine.
Un'altra varietà conosciuta è quella di Voghera, anch'essa antica ed apprezzata già secoli fa se si pensa che nel 1397 il primo duca di Milano Gian Galeazzo Visconti chiese al Podestà di Voghera di inviargli il prodotto del suo territorio, evidentemente già allora apprezzato.
Una squisitezza, la nostra protagonista che, contrariamente a quello che si può pensare, ha parenti anche in alcuni territori del Sud, si pensi ad esempio alla mostarda siciliana, prodotta con mosto cotto lavorato con grano duro e aromi; oppure a quella pugliese, il cui ingrediente principe è l'uva che viene cotta e passata poi al setaccio e, una volta tolti i residui degli acini, ultimata la cottura; anche quella calabrese, prodotta con mosto d'uva cotto depurato con la cenere e impastato con farina e cioccolata.
Tre esempi di come una preparazione possa valicare i confini immaginari che le persone nel tempo possono erigere e sia elemento di unione tra territori apparentemente distanti ma che sono straordinariamente uniti nelle tradizioni, nella presenza della storia all'interno dei sistemi alimentari e nel rapporto col territorio circostante. La mostarda ci insegna tutto questo, un prodotto straordinario insomma che sa di Medioevo, ha parenti (culturali) lontani e si articola in forme diverse nel nostro Paese; non è certo cosa da poco!

Commenti

  1. Grazie Aldo, ho trovato le informazioni sulla mostarda che cercavo.

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