Storie e curiosità attorno a un proverbio.


"Al contadino non far sapere quant'è buono il formaggio con le pere"

Un proverbio questo molto conosciuto nel nostro Paese, da Nord a Sud, un modo  di dire tutt'altro che banale o banalmente ritenuto associabile alla cultura popolare, ecco perché.
Anzitutto è utile ribadire l'importanza oggi come in  passato dei proverbi, per molte ragioni. In passato infatti erano un'arma per istruire, consigliare, e guidare non solo le pratiche connesse ai vari lavori ma anche agli stili di vita. Oggi, diversamente, sono uno straordinario documento della vita di chi ci ha preceduto e, al tempo stesso, una fonte di cultura del territorio importante che troppo spesso viene sottovalutata. Naturalmente questo coinvolge anche i differenti aspetti del mondo del cibo regolando, come nel caso del protagonista di questo approfondimento, usi, abbinamenti e destinazioni sociali.





Sicuramente la pratica di consumare la frutta col formaggio è tipicamente medievale e, prima di essere un abbinamento vincente e consolidato nella storia fu una combinazione fortuita generatasi dall'incontro di due generi alimentari collocati alla fine del pasto. Tutto ciò naturalmente non per semplice moda o capriccio, ma in ottemperanza alle norme dietetiche e mediche che regolavano l'alimentazione e vi attribuivano un ruolo cardine nel determinare la buona salute dell'individuo. La natura degli alimenti infatti (calda, fredda, secca, bagnata), poteva essere un ottimo deterrente per l'insorgenza di determinate patologie. Nello specifico, il formaggio per sua natura, aveva il compito di sigillare lo stomaco e favorire la digestione; le pere invece (ma tutta la frutta in generale), di far sciogliere il cibo.
Un accostamento, a dire il vero, che nel tempo e nei luoghi non fu sempre vincente e che naturalmente, come molte cose risentì di influssi culturali, sociali e territoriali; in Spagna, per esempio, non sfociò in una vera e propria moda, come nel nostro Paese.
Proprio in Italia invece si consolidò e diversificò da un territorio all'altro, come del resto documentano numerose fonti letterarie e pittoriche prodotte lungo il tempo, le parole di Petrarca a tal proposito sono inequivocabili:

"Addio l'é sera. Or su vengan le pera, il cascio e i vini di Chieti"

Va però riconosciuto in questa complessa analisi che per molto tempo il formaggio non godette di buona fama presso i ceti elevati, esso infatti veniva ritenuto poco idoneo alla salute e quindi in grado di determinare scompensi all'interno dell'organismo favorendo così lo sviluppo di patologie, anche gravi. Dal punto di vista sociale era fortemente associato alle attività agricole e pastorali e, di conseguenza, al mondo contadino e quindi come attività svolta ai primordi dell'evoluzione dell'uomo, tutti aspetti che richiamavano una mancanza di cultura, prestigio sociale e raffinatezza.
Le cose iniziarono a migliorare grazie a un lento e graduale processo di nobilitazione che culminò nel Cinquecento con la sua quasi piena riabilitazione sociale e culturale.
L'ultimo aspetto da prendere in considerazione in questo proverbio è l'associazione tra due prodotti legati apparentemente alla terra ma che invece non hanno nulla da spartire. Nel Medioevo infatti, contrariamente a ciò che si può pensare, la frutta era considerata una categoria alimentare velleitaria a causa del fatto che in realtà era soggetta ai fenomeni legati alla senescenza e quindi era spesso poco adatta ai consumi e alle esigenze alimentari dei ceti bassi, che per moltissimo tempo fecero della conservazione una delle armi più importanti e preziose per la sopravvivenza. Prodotti quindi che a causa della loro scarsa durata erano considerati dei capricci alimentari, beni superflui e, conseguentemente, non accessibili a tutti. Tutto ciò era socialmente indispensabile per consumare un prodotto del popolo, il formaggio, e al tempo stesso mantenere salda e costante la rigida suddivisione della società in ceti, ognuno dei quali doveva mangiare alimenti idonei al proprio status senza sconfinare, se ciò avveniva si rendeva necessario abbinare prodotti semplici ad altri costosi o associati ad ampie possibilità economiche.
Storie e curiosità assolutamente avvincenti che ancora una volta ci fanno capire come sotto una situazione alimentare apparentemente nota e priva di significato possano invece nascondersi profonde radici storiche e culturali che mostrano quanto la cultura del cibo sia  ancora oggi importante per i nostri territori e, si, anche per noi!

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