Viaggio, uomo e cibo. Meccanismi di un rapporto millenario.


Il viaggio, si sa, è un'esperienza imprescindibile per l'essere umano, esso può assumere varie forme e significati nel corso dell'esistenza.
Fin dai tempi più remoti era un'esigenza importante nelle comunità di raccoglitori e cacciatori nomadi perché consentiva nuovi approvvigionamenti di materie prime di origine vegetale ma anche per seguire gli spostamenti degli animali. Di certo, quando l'uomo diventò stanziale le cose non cambiarono: spostarsi determinava la nascita e sviluppo di nuove opportunità di mercato, conoscere culture diverse, acquistare materie prime ritenute rare e preziose e, come già accennato, estendere i commerci. Numerose città, non solo in Italia, divennero ricchissime attraverso il commercio di materie prime e manufatti.
Il viaggio però non è solo costituito dagli aspetti che ho appena esposto, all'interno della sua esperienza infatti vi sono anche componenti immateriali, che concorrono in egual modo nel renderlo importante per l'uomo. Esso è anche fonte di crescita personale, senso d'appartenenza, elemento che richiama all'identità individuale e collettiva. In base a ciò e ad altri fattori possiamo distinguerne varie tipologie: il viaggio di lavoro o quelli commerciali, dall'antichità a oggi; di piacere, con finalità conoscitive e di ampliamento della cultura (il Grand Tour è un'esempio significativo) o, all'opposto, il turismo di massa odierno; infine va anche citato il viaggio per esigenze economiche, sociali e politiche, le grandi emigrazioni sono in questo senso l'esempio più chiaro.
Naturalmente il rapporto con il cibo, l'influenza di materie prime nuove, la conoscenza di pratiche e tradizioni alimentari diverse, hanno giocato un ruolo fondamentale sotto questi aspetti e nel legame tra uomo e spostamenti.


(Ditlev Blunck, pittori e letterati danesi in un'osteria di Roma,
1837, Thorvaldsen Museum, Copenhagen)


Del resto l'utilizzazione e la conoscenza di prodotti di aree diverse, anche molto distanti da quella di produzione, è uno dei fattori caratteristici dei prodotti alimentari; aspetto che vale sia per il presente che per il passato. Un esempio significativo a tal proposito è Ortensio Lando, umanista che nel "Commentario delle più notabili e mostruose cose d'Italia e d'altri luoghi" (in cui "mostruose" non ha un significato negativo ma sta per "mirabili"), fingendo di rivolgersi a un quanto mai immaginario viaggiatore aramaico che peregrina per il nostro paese, afferma la vitale importanza di conoscere le varie specialità culinarie ed enologiche tipiche di ogni territorio. La risultanza di ciò potrebbe essere definita una guida che delinea l'inserimento di determinati prodotti nei territori di appartenenza, il tutto collegato all'idea di viaggio. E' indubbiamente un'opera importante, nonostante non siano inseriti tutti i territori, perché mostra il legame solido del paese e dei vari luoghi che lo costituiscono alla cultura gastronomica  e, ancor più, alla presenza di determinate preparazioni tipiche, diverse da un luogo all'altro. Una curiosità importante è l'attenzione riservata nell'opera a tutte quelle preparazioni (confetture, conserve dolci e salate, salumi, formaggi) che in virtù delle loro caratteristiche di elevata possibilità di conservazione, dovute naturalmente ai processi di trasformazione a cui l'uomo le ha sottoposte, erano il fulcro del processo conoscitivo e degli scambi commerciali. A tal proposito, non è infatti un caso lo sviluppo e diffusione di baccalà e stoccafisso in località di mare come Genova e Venezia; è uno degli esempi più conosciuti di prodotto legati al commercio e quindi ai viaggi. Un legame quindi solido tra esigenze pratiche, economiche e che ha avuto ripercussioni indubbiamente anche nell'evoluzione e formazione del sistema gastronomico locale come lo intendiamo noi oggi.
Questo aspetto associato agli spostamenti e a proposte gastronomiche a elevata conservazione è anche un esempio curioso e singolare (perché si verifica in realtà raramente nella cultura alimentare) di incontro tra due forme di cultura: popolare e dei ceti elevati.


(Emil Brack, Planning the Grand Tour,
XIX secolo, Collezione Privata)


Ma quello appena esposto non è l'unico esempio che si potrebbe portare all'attenzione, Bartolomeo Stefani, cuoco italiano del XVII secolo, capocuoco alla corte dei Gonzaga di Mantova, pubblicò nel 1622 "L'arte di ben cucinare, et instruire i men periti in questa lodevole professione" , opera nella quale sollecitava il lettore a non utilizzare solo materie prime del territorio ma anche di altre località, effettuando così un vero e proprio lavoro di ricerca e scoperta non solo di prodotti ma anche di tradizioni nuove e/o poco conosciute. Un aspetto molto importante, che si ricollega al tema centrale di questo articolo. Si generarono così scambi commerciali, culturali e gastronomici che portarono alla nascita e alla conoscenza reciproche, anche con territori poco conosciuti o fino ad allora ignorati nei trattati specifici; il Piemonte e la sua gastronomia ne sono un esempio. Fatti di natura militare, economica e politica hanno indubbiamente influenzato questo aspetto, determinando inserimenti, modificazioni di percorsi e quindi cambi di rotta.
Un altro aspetto molto interessante per il rapporto cibo-viaggio-uomo, soprattutto per il secolo scorso, sono le emigrazioni, in questo discorso assai complesso ciò di cui ci nutriamo diventa un elemento forte per affermare l'identità culturale e culinaria di appartenenza di un popolo o un gruppo di persone in una terra diversa dalla propria; spesso il tutto diventa il centro anche dei valori sociali che ne derivano.
Il film "Big Night" del 1996 di Stanley Tucci e Campbell Scott è un esempio della divisione aspra tra rispetto delle tradizioni gastronomiche natie e loro stravolgimento secondo le mode e i gusti alimentari dei nuovi Paesi di appartenenza, di certo un tema scottante ancora oggi.
Un rapporto complicato quello che ho voluto analizzare in questo breve articolo, ma ritengo estremamente interessante perché ancora oggi ha ripercussioni sulla società in cui viviamo, sul modo di concepire il passato e di proiettarsi nel futuro. Forse conoscere meglio il primo potrebbe fornire molte risposte che renderebbero meno buio il secondo!

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