Equivoci alimentari da ieri a oggi.


Molti alimenti, modi di preparare o interpretare il cibo o, addirittura, informazioni legate alla cultura alimentare, sono soggetti a dei veri e propri equivoci legati all' origine, all'idea che ci siamo fatti di loro e che è, tuttavia, difforme rispetto alla realtà. Generalmente questi fraintendimenti sono sorti a causa di una cattiva conoscenza della storia alimentare e culturale e, al tempo stesso, dalla diffusione di informazioni non corrette. Comprendere il vero significato di questi aspetti non vuol dire solo restituirne l'autenticità e il valore, ma assegnar loro i giusti significati e inserirli correttamente all'interno del panorama storico e culturale, non solo italiano.





I casi che si potrebbero analizzare sono molti, ho deciso di proporne solo alcuni come esempi importanti di credenze o convinzioni esistenti legate al mondo del cibo.
Il sale è il primo esempio che desidero analizzare. Questo prodotto per secoli infatti è stato importante per l'economia e la cucina delle persone povere, il suo utilizzo infatti era indispensabile per la conservazione delle derrate alimentari e il loro impiego quando non erano "naturalmente" disponibili. Un prodotto indispensabile certo, ma non costoso, o meglio, non ovunque. Mi spiego meglio, esso poteva divenire costoso su quei territori che per motivi geografici avevano un accesso difficoltoso alle sue vie di commercio. Bisogna infatti ricordare che per le motivazioni che ho appena esposto per secoli fu il sapore compagno di generazioni di gente povera (il famoso gusto di sale).
Un altro mito da sfatare è il concetto di "passato" visto come epoca storica in cui l'uomo aveva uno stretto legame con l'ambiente e quindi con la stagionalità, aspetto visto oggi con una valenza fortemente positiva perché sinonimo di equilibrio con la natura e le fasi produttive della terra. In realtà nei secoli scorsi aveva una valenza negativa; l'uomo infatti ha da sempre lottato per vincere e spezzare il legame con i fattori climatici e ambientali. Chiaramente con modalità differenti a seconda dei ceti di appartenenza: i poveri attraverso i diversi metodi di conservazione (che a dir la verità venivano utilizzati chiaramente in minima parte anche dai ceti elevati); i ricchi invece potendosi permettere materie prime fresche anche fuori stagione. Nel "Capitulare de Villis" di Carlo Magno, emanato per disciplinare le realtà rurali dell'impero, ai contadini si raccomandava di possedere un orto per il sostentamento della famiglia e degli animali da cortile. Significative sono anche le parole presenti in una lettera redatta da Cassiodoro, funzionario di Teodorico re dei Goti in cui si chiedevano i prodotti migliori da ogni parte dei possedimenti del re perché la ricchezza e il potere di un regnante si misuravano anche con la quantità e soprattutto la varietà di materie prime che poteva mettere in tavola per i propri ospiti. Due mondi diversi certo, ma con la stessa finalità: rompere il legame con le leggi della natura.
Un altro elemento che oggi è molto di moda ed è strettamente connesso alla riflessione che ho appena presentato è l'orto, visto come il frutto più concreto e tangibile del rapporto dell'uomo con la natura e l'alternanza delle stagioni, ma che in realtà nacque per sconfiggerla, garantendo un rifornimento di verdura per tutto l'anno.
Le spezie sono un'altra questione interessante su cui ho già avuto modo di argomentare. Molti infatti pensano che il loro cospicuo utilizzo fosse dovuto all'impiego come agenti conservanti o per camuffare il sapore disgustoso delle carni troppo frollate. Nulla di più sbagliato! Le spezie erano dei prodotti costosissimi e che quindi erano simbolo di ricchezza e possibilità economiche, più costose di moltissimi altri prodotti alimentari e tanto pregiate da rientrare nei lasciti testamentari ed essere esibite durante le occasioni più importanti. Anche la convinzione che era presente una predilezione per le carni molto frollate è errata, molti cuochi e gastronomi dei secoli scorsi infatti, già a partire dal Cinquecento, precisano che la carne andava cotta subito dopo la macellazione (o comunque dopo una brevissima frollatura). Un esempio chiaro di quanto appena affermato è fornito dal brano delle "Nozze di Camaccio" presente nella seconda parte del "Don Chisciotte" di Cervantes:

"Le lepri già spellate e le galline già spennate che penzolavano qua e là dagli alberi per essere tumulate nelle pentole non si contavano; i volatili e la cacciagione di diverse specie erano un'infinità, appesi ai rami degli alberi perché infrollissero all'aria"

"Le spezie d'ogni sorta non pareva che fossero state comprate a libbre, ma a staia, e tutte eran lì alla vista di tutti in una grande cassa."

(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia; BUR Rizzoli).

Infine l'ultimo aspetto che desidero brevemente trattare è la concezione di grasso e magro relativa agli uomini che si ha oggi. Spesso infatti pensiamo che nei secoli scorsi il corpo grasso e abbondante fosse sinonimo di ricchezza e, per le donne, prosperità, tutte caratteristiche importanti e assolutamente invidiabili, ma corrette solo in parte. Esistono infatti testi e testimonianze già prima del Seicento che documentano come le donne fossero spesso attente alla propria linea tanto da desiderare i periodi di digiuno e Quaresima non per spirito di devozione o pentimento ma per mantenere un fisico magro e non ingrassare, aspetti che non vengono assolutamente ricordati oggi ma che sono presenti e fanno parte di un modo di pensare che, per certi versi, è presente anche ai nostri giorni.
Un mondo complesso quindi quello alimentare, universo ampio che oggi è troppo spesso semplificato, dimenticando le mille sfumature che ha assunto nel corso dei secoli e che lo rendono affascinante e al tempo stesso importante per definire i significati che i vari aspetti alimentari possiedono ancora oggi nella cultura e nella società. Riflettere su tutto ciò aiuta a capire e conoscere meglio insomma una realtà importante per il nostro Paese e la nostra storia.

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