Il cibo, una forma di comunicazione.


Il cibo dice molto della nostra persona, ma anche della società in cui viviamo. Non è solo puro nutrimento, l'esigenza quotidiana per eccellenza è stata arricchita e mutata da generazioni di uomini e donne.

Ciò di cui ci nutriamo, quindi, fin da tempi antichi è divenuto veicolo e/o metafora di significati, nei differenti aspetti che lo coinvolgono: procacciamento, trasformazione, cottura, consumo e, in alcuni casi, dono o atto d'offerta. Queste fasi che coinvolgono il cibo nel suo percorso che lo porta, letteralmente, a divenire parte di noi comunicano molto non solo sulla sua natura ma anche su chi lo trasforma e consuma (che possono non essere la stessa persona, naturalmente). L'insieme di simbologie racchiuse in un alimento forniscono informazioni anche sul legame esistente tra le varie parti che vengono coinvolte in questo processo o sul modo di interagire tra di loro. Infatti i termini: dono, offerta, atto gratuito, utilizzati spesso anche in ambito alimentare, non sono in realtà sinonimi perché identificano differenti casi e modi con cui i soggetti interagiscono ma anche il rapporto sociale e culturale esistente tra di loro. Marcel Mauss, antropologo, sociologo e storico delle religioni francese del secolo scorso in una sua interessante opera, "Saggio sul dono", ha affrontato proprio alcune delle tematiche che ho citato brevemente in precedenza.




In senso più ampio il cibo fornisce informazioni generali riguardanti la nostra collocazione nella società in cui viviamo, le caratteristiche di quest'ultima e, non da ultimo, il contesto storico/temporale. In questa complessa analisi l'appartenenza a un determinato ceto è sicuramente uno degli aspetti che, più di altri, viene alla mente quando riflettiamo attorno a ciò di cui ci nutriamo. Il consumo infatti di alcuni cibi rispetto ad altri o, in senso generale, il gusto e disgusto per alcuni prodotti, definiscono inevitabilmente gli aspetti antropologici che si sviluppano attorno a questo rapporto.

Connessa a quanto affermato è l'appartenenza a un determinato ceto e quindi la collocazione dell'individuo all'interno della società. Gli alimenti infatti definiscono chi siamo in generale e ciò che siamo in relazione al gruppo di persone (che chiamiamo comunità) in cui viviamo. Da sempre tuttavia il mondo alimentare è stato tra gli elementi attraverso cui l'uomo ha distinto la società in ceti. Ho già avuto modo di spiegare in numerosi precedenti approfondimenti come ciò si sia articolato nel tempo e, soprattutto, il legame tra materie prime, atto del nutrirsi e collocazione dell'individuo in una scala sociale. Arte, letteratura, teatro da sempre hanno documentato queste implicazioni importanti e le loro metamorfosi temporali.

In tal senso, a volte, il nostro protagonista è stato utilizzato anche per definire le condizioni economiche di un individuo rispetto al ceto di appartenenza, sia in senso migliorativo che peggiorativo. Per il primo caso l'episodio delle nozze sfarzose del contadino arricchito Camaccio, inserito nella seconda parte dell'opera "Don Chisciotte della Mancia" di Cervantes, fa capire bene il benessere dell'individuo rispetto al ceto di appartenenza. Dal lato opposto, è interessante l'esempio del romanzo d'appendice ottocentesco "Il Capitan Fracassa" di Théophile Gautier in cui il barone di Sigognac, nobile decaduto, consuma una minestra di cavolo e altre verdure e una conserva d'oca tipica della Guascogna chiamata "garbure" che così viene commentata:


"ingrassata da un pezzettino di lardo tanto sottile da pensare che fosse stato rubato all'esca di una trappola per topi"


Una descrizione di un piatto che la dice lunga sulle condizioni economiche del personaggio rispetto al rango nobiliare di appartenenza. 

Sempre in riferimento alla società, determinate forme di cibo (crudo o rifiuto della carne, solo per citarne due) sono state adottate nei secoli scorsi da santi, eremiti, monaci come rifiuto della società e degli aspetti sociali a essa associati ma, al tempo stesso, mezzo per l'elevazione spirituale.




Il tema religioso appena citato è assolutamente importante ancora oggi nel rapporto che è protagonista di questa analisi. Il consumo di determinati cibi, l'interdizione di altri, l'adozione di particolari regimi alimentari in specifici periodi e, non da ultimo, l'utilizzo delle materie prime come elemento e atto d'offerta per il culto divino, hanno da sempre caratterizzato le differenti religioni che si sono succedute nei secoli. Anche il culto dei morti, le pratiche a essi associate e le forme rituali di sepoltura hanno da sempre avuto cibi e materie prime tra i protagonisti.

Il nostro protagonista è anche un mezzo potente per conoscere l'altro, farsi un'idea sul suo modo di pensare e sul sistema di valori che possiede. Numerosi film hanno evidenziato le tante sfaccettature che quest'ultima tematica ha assunto: "Il pranzo di Babette" o "Chocolat" ne costituiscono due esempi significativi. Può anche essere utilizzato come strumento di denuncia della società, l'opera "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fornisce un esempio curioso e importante di quanto appena affermato. Infatti, tutti gli aspetti legati alla società ottocentesca siciliana, ancora profondamente legata a una strutturazione medievale, sono concentrati nell'opera in un piatto: il timballo di maccheroni che con la sua crosta color camoscio e il suo forte profumo di spezie è un riassunto efficace di una società profondamente legata al passato. 

Il cibo comunica anche, soprattutto oggi, la vita di un individuo, il suo stato d'animo e può essere utilizzato per narrare le vicende della propria esistenza, condividendole così con gli altri in un modo alternativo, forse più immediato. Nora Ephron, regista, produttrice cinematografica, sceneggiatrice e scrittrice statunitense è un esempio importante di quanto appena affermato.

Ma, soprattutto oggi, gli alimenti sono un simbolo delle scelte di vita, mezzo per agire e cambiare la società o il territorio in cui si vive. Tanti sono gli esempi che potrebbero essere citati a tal proposito: da Slow Food al veganismo etico, dal pensiero attorno all'adozione di alcune forme di agricoltura alla sua scelta in base ai mezzi con cui viene trasportato e/o distribuito. Sono temi estremamente interessanti che anche negli anni futuri saranno oggetto di interesse e promozione per la loro importanza e l'impatto materiale e simbolico cui possono essere portatori.

Comunicare col cibo è un aspetto quindi ancora fondamentale e che deve essere preso in considerazione prima di rapportarci con esso, semplicemente perché vuol dire riconoscergli un valore nella nostra vita, a prescindere dal modo con cui ne parliamo e, al tempo stesso, essere consapevoli delle sue potenzialità. Oggi più che mai.

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