I crostacei tra storia e arte.


I crostacei sono prodotti del mare che da moltissimo tempo sono presenti non solo sulle tavole di uomini e donne ma, in forma più complessa, nei sistemi culturali, alimentari e sociali delle zone legate alla pesca.

In tal senso, i ritrovamenti di resti che testimoniano tali consumi in caverne abitate dall'uomo neolitico sono una prova di quanto affermato e della loro presenza nei sistemi di procacciamento di cibo dei primi uomini.

I crostacei, forse più degli altri prodotti del mare, sono oggetto di due modalità di consumo diametralmente opposte: come forma di sussistenza dei pescatori (questo naturalmente è valido soprattutto per alcune tipologie rispetto ad altre, ad esempio i gamberi); ma anche come simbolo di prestigio sociale, disponibilità economiche e raffinatezza, in particolar modo per le località lontane dal mare o nell'entroterra. La caratteristica che permette, per certi aspetti, la coesistenza di questa diversità nelle forme di consumo rispetto a molte altre materie prime, risiede nel fatto che questa categoria alimentare è soggetta a fenomeni di deterioramento piuttosto rapidi che nei secoli ne hanno condizionato la presenza sui mercati.


(Pieter Claesz, Still Life with a Crab, 1644, Musée des 
Beaux-Arts de Strasbourg, France)

Naturalmente l'aspetto che ho menzionato poco fa è in realtà molto complesso e si è articolato anche in svariate variabili che hanno determinato l'appartenenza a l'una o l'altra tipologia: la facilità di pesca, l'immagine di prestigio associata ad alcuni crostacei rispetto ad altri, i simbolismi legati al loro consumo, sono solo pochi dei svariati esempi degli aspetti che andrebbero presi in considerazione per un'analisi compiuta attorno a questo argomento. Anche elementi molto pratici sono fondamentali per questa riflessione, è necessario considerare che la loro pesca necessita, nella maggior parte dei casi, di una particolare attrezzatura che in passato non tutti i pescatori potevano possedere.

In generale, comunque, fin dall'antichità i crostacei furono sinonimo di raffinatezza e possibilità economiche, prerogative che rimasero anche durante tutto il Medioevo e nelle epoche successive. Come tutti gli alimenti, però, andavano consumati solo dopo precise modalità di trasformazione e cottura per non renderli potenzialmente dannosi alla salute umana.


(Sofonisba Anguissola, Fanciullo morso da un gambero, 1554,
Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli)


Diversi autori, infatti, li consideravano indigesti: Bartolomeo Sacchi detto Platina, umanista e gastronomo italiano del Quattrocento, per esempio consigliava di bollirli in acqua e aceto per stemperare questa loro attitudine.

I nostri protagonisti poi nel corso del tempo hanno assunto numerose simbologie differenti di natura religiosa, culturale e sociale. Aragosta e granchio, per esempio, negli scritti esegetici medievali erano il simbolo della Risurrezione. Una credenza assai curiosa in realtà, perché deriva dalle osservazioni di Plinio il Vecchio, scrittore, filosofo naturalista, comandante e governatore romano antico che nei suoi scritti evidenziò come essi in corrispondenza della primavera rinnovassero il proprio carapace. Un'osservazione di tipo naturalistico che venne utilizzata per associarli simbolicamente al passaggio dalla vita terrena a quella eterna in Cristo; convinzione condivisa anche da Filippo Picinelli, sacerdote e teologo italiano del Seicento.


(Giovanni Battista Recco, Composizione con pesci e 
crostacei, XVII secolo)

Sarebbe tuttavia corretto parlare della loro duplice valenza, a fianco infatti a quella appena citata se ne diffuse una, soprattutto durante il Medioevo, legata alla loro caratteristica di muoversi all'indietro. In numerosi affreschi dell'Ultima cena infatti la loro presenza indica anche chi si allontana dalla fede e, in generale, dalla Verità. Anche l'aragosta, crostaceo associato oggi all'opulenza, ha avuto in passato simbologie differenti. Come negli esempi precedenti, l'aspetto curioso che caratterizza parte di queste associazioni è legato alle caratteristiche dell'animale, o meglio, al suo comportamento: il fatto di salire dai fondali fino alle acque superficiali per poi scendere nuovamente era associato infatti ai predicatori che, contemplando la parola di Dio si elevano e poi, successivamente, scendono a terra per diffonderla agli uomini.

Aspetti interessanti se ci pensiamo perché associano i simbolismi all'osservazione del comportamento animale che viene tradotta in significati profondi e densi di fede. 


(Frans  Hals, Il banchetto degli ufficiali della milizia civica
di Sant'Adriano ad Haarlem, 1627, Haarlem, Frans Hals Museum)


Naturalmente questi significati, come accennato in precedenza, furono presenti anche nell'arte e a essi si affiancarono quelli di natura sociale e culturale, ne è un esempio il quadro posto qua sopra che evidenzia il prestigio associato al consumo di determinati tipi di crostacei.

Ma i nostri protagonisti sono presenti anche nell'arte relativamente recente; Salvador Dalì ne è un esempio significativo. Il "telefono aragosta" o "aphrodisiac telephone", conosciutissimo, è l'esempio più calzante di quanto appena affermato. Oggetto particolare, frutto del binomio tra due cose differenti unite però dall'avere per l'artista legami con la sfera sessuale. Dalì infatti riteneva che potessero rivelare i desideri segreti dell'inconscio; un vero e proprio oggetto feticcio. Non certo un caso isolato visto che, nel campo della moda, grazie alla collaborazione con la stilista Elsa Schiaparelli, nacque il famosissimo abito con l'immagine dell'aragosta e ciuffi di prezzemolo, reso celebre perché indossato da Wallis Simpson.

I crostacei, doni del mare gustosi e ricchi di storia e simbologie, una prelibatezza di gusto e sapere!

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