Tradizioni di metà quaresima.

 

Ci sono alcune tradizioni che, più di altre, sono poco conosciute, per molti fattori: non sono presenti in tutti i territori, sono un retaggio molto antico, in molti casi sono cadute in disuso; il tema protagonista di questo approfondimento rientra proprio in tutti questi aspetti.

A metà quaresima infatti in alcuni territori italiani si organizzano feste e pratiche che mescolano il folklore a riti di matrice molto antica. Un insieme di tradizioni multiforme associato al giovedì grasso, giorno particolare in alcune provincie italiane perché dedicato ai festeggiamenti e, conseguentemente, al temporaneo abbandono del rigore quaresimale. In varie località infatti, è bene precisarlo, con tale termine non si intende l'ultimo giovedì prima dell'inizio della quaresima ma quello posto a metà del percorso penitenziale. Un giorno che in realtà racchiude numerose tradizioni al suo interno: vi è anzitutto l'influenza religiosa dovuta alla vicinanza della quarta domenica di questo periodo liturgico, denominata "Domenica Laetare", segno della Pasqua imminente; ci sono poi i riti di matrice agraria che hanno un'origine molto antica; infine si innestano le tradizioni locali, legate ai singoli territori e al loro patrimonio culturale e storico.



Questo complesso sistema ha dato quindi origine ad alcune pratiche estremamente interessanti e molto variegate. La più conosciuta è chiamata la "vecchia di mezza quaresima", una tradizione in realtà diffusissima non solo in differenti parti geografiche anche al di fuori dell'Italia, ma anche in vari momenti dell'anno, a seconda delle tradizioni. Consiste sostanzialmente nel bruciare un fantoccio delle sembianze di una vecchia che simboleggia non solo tutti gli aspetti negativi dell'anno trascorso ma anche i peccati umani e, non meno importante, consente la propiziazione dell'anno agricolo che sta per cominciare con il risveglio della natura. 

Nello specifico tutto ciò è un vero e proprio rito, costituito da fasi: l'individuazione dell'accusata, il suo processo con l'elenco dei peccati e delle nefandezze compiute e di cui essa diviene il simbolo e l'atto di esecuzione della pena che, a dire il vero, può essere differente: in alcune aree infatti il fantoccio viene ritualmente annegato, in altre bruciato e in altre ancora fatto a pezzi per mezzo di una sega. In ogni caso il significato è facilmente intuibile: l'estinzione degli aspetti negativi e l'augurio di un inizio felice e fecondo. Nei secoli scorsi tuttavia, più precisamente dal Medioevo fino addirittura all'Ottocento, il fantoccio bruciato era anche la personificazione della quaresima e quindi di: rinuncia, sacrificio e  privazione. La sua distruzione quindi era anche l'augurio di abbondanza, spensieratezza e, sostanzialmente, poter estendere i festeggiamenti a tutto l'anno.




Cosa c'entra il cibo in tutto ciò? In realtà come per tutte le pratiche e le ricorrenze il mondo dell'alimentazione entra in modo significativo arricchendo queste tradizioni e potenziandone i significati.

Durante il giovedì grasso infatti il regime alimentare quaresimale viene interrotto e, per un giorno, si consumano carne e i piatti tipici di carnevale delle varie tradizioni territoriali. Non possono quindi mancare frittelle, lattughe, altre tipologie di dolci ma anche piatti destinati alle feste e quindi rigorosamente al di fuori del regime alimentare comune, soprattutto quello penitenziale.

Alcune materie prime poi entrano anche nel rito stesso legato "alla vecchia", è il caso della frutta secca che arricchisce il fantoccio e, contemporaneamente, è presente nei dolci consumati con un chiaro richiamo all'abbondanza e alla fertilità, caratteristiche che da sempre le sono state associate anche dai testi esegetici cristiani e da arte, letteratura e tradizione popolare, il tutto unito al suo forte potere apotropaico.

Anche le erbe che spuntano proprio in questo periodo e spesso rientrano nelle ricette tradizionali sono utilizzate nei riti o, a volte, nei piatti consumati, oppure vengono inserite nel fantoccio assieme ai rami delle piante potate, a simboleggiare il rinnovamento della natura, della vita dell'uomo e, non meno importante, delle attività agricole.

Significati profondi che uniscono riti antichi a pratiche legate alle credenze popolari e, non da ultimo, il ruolo del cibo nella vita umana e nelle sue articolazioni temporali, simboliche ed esistenziali, tutte riunite in piatti golosi che, al tempo stesso, costituiscono una pausa (gustosa e densa di significati) da un cammino sicuramente faticoso come era una volta quello legato alla quaresima. Oggi, soprattutto per i momenti che stiamo vivendo, credo che queste piccole soste, metafore dell'esistenza e del ritorno alla vita, siano ancora più importanti per creare isole felici e, al tempo stesso, cercare di riprendere il cammino ritemprati e rinvigoriti. Almeno, questo è l'augurio che vi faccio!

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