La fata verde. Controversie culturali e storiche attorno ad una bevanda particolare.


L'assenzio è una bevanda il cui nome ancora oggi è avvolto da fascino, mistero e da un alone decadente. Sicuramente un prodotto dalla reputazione controversa, soprattutto in passato! Considerata da un lato fonte e mezzo d'ispirazione, dall'altro pericolosa bevanda, da qui i due  nomi con cui veniva soprannominata: "il pericolo verde" o "la fata verde".



(Viktor Oliva, The Absinthe Drinker, 1901, Cafe Slavia, Praga)



L'assenzio maggiore assieme ad anice e finocchio è naturalmente uno degli ingredienti fondamentali per produrre l'omonimo prodotto; considerato da lungo tempo una bevanda dalle virtù terapeutiche era conosciuto anche dalle popolazioni antiche, tanto da essere annoverato nei rimedi degli antichi Egizi come documentano alcune iscrizioni del 1600 a. C. che gli attribuiscono proprietà toniche, antidolorifiche e come rimedio per la febbre. Ma quelle appena citate furono solo alcune delle possibilità di utilizzo terapeutico che nel corso del tempo gli furono associate.
In epoca romana era addirittura utilizzato per profumare il vino assieme a cedro, rosa ed altri ingredienti aromatizzanti; Apicio inoltre, famoso gastronomo conosciuto ancora oggi per il suo trattato, lo consigliava anche nella preparazione delle salse.
Il suo utilizzo a scopo terapeutico non si limitò alle antiche popolazioni ma continuò nelle epoche successive, nel Rinascimento infatti Platina lo suggeriva per abbassare la febbre.
Va precisato però, come tutti sanno, che l'essenza dell' Artemisia Absinthium (l'assenzio appunto) è molto tossica perché contiene una sostanza che eccita il sistema nervoso centrale e può provocare vertigini, allucinazioni (uno dei motivi principali per cui veniva consumata in passato), modificazioni del comportamento, per poi sfociare in conseguenze ben più gravi.
Come liquore nacque attorno al Settecento in Svizzera, sotto forma di elisir utilizzato come rimedio per differenti patologie. C'è da aggiungere che l'attribuzione della paternità della sua invenzione è controversa ed incerta ancora oggi.



(Edouard Manet, La prugna, 1878, National Gallery
of Art, Washington D. C.)



La sua vera diffusione iniziò intorno al 1830 con il ritorno in patria delle truppe francesi che avevano conquistato l'Algeria. Inizialmente il suo consumo fu  accentuato dalla circolazione di numerose voci che sostenevano che la sua somministrazione alle truppe durante i conflitti le aveva protette da numerose patologie. Da ciò questa particolare bevanda a fine del XIX secolo divenne un vero e proprio rito sociale che univa paradossalmente persone di cultura e livello assai diversi: artisti, ricchi borghesi ed intellettuali ma anche tanta gente del popolo. Si può affermare che divenne la responsabile di una sorta di "intossicazione collettiva" che caratterizzò soprattutto gli ambienti artistici d'avanguardia. Poeti, scrittori, artisti e pittori ne facevano largo uso; il pittore Toulouse-Lautrec, addirittura, ne nascondeva una fiala nel suo bastone da passeggio per poterla avere sempre con sé. Del resto il suo alto gradimento ed il costo accessibile anche alle classi più povere la fecero diventare la bevanda più richiesta e consumata tanto che, nello stesso periodo, le aziende vinicole registrarono ingenti perdite nelle vendite.
Naturalmente gli effetti sulla salute di moltissime persone furono gravi, divenne una vera e propria piaga documentata, del resto, anche dall'arte come ho voluto dimostrare con le tre opere che accompagnano questo approfondimento.  Vi erano addirittura persone che la mescolavano al laudano ed al solfato di rame provocando così effetti devastanti. Anche Alexandre Dumas documentò nei suoi scritti le conseguenze nefaste dell'uso e abuso di questa bevanda.



(Jean-Francois Raffaelli, The Absinthe Drinkers, 1880-1881, California Palace
of the Legion of Honor)


Come tutte le mode sociali fortunatamente subì un declino inesorabile dovuto a tre cause fondamentali: da un lato la grande influenza della nascita e conseguente azione di un movimento che investì sostanzialmente tutta l'Europa ed il cui scopo fu quello di contrastare l'imperante alcolismo e l'abuso di questa bevanda; il secondo fattore fu la diffusione di studi che evidenziavano come la sostanza caratterizzante del prodotto fosse la responsabile di effetti negativi sulla salute, ma anche l'attività di contrasto dei produttori di vino volta a contrastare la popolarità della nostra protagonista che aveva messo a repentaglio i propri affari. Da qui sorsero le proibizioni: da inizio Novecento fino al 1988 divenne irregolare a livello europeo, mentre in Italia il divieto fascista del 1931 venne sanato solo nel 1992.
Storia di usi (e abusi) di una bevanda controversa dalle origini antiche e che è giunta fino a noi.

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