Cassoeula, storia e curiosità attorno a un piatto e ai suoi ingredienti.

 

Per parlare di Cassoeula, piatto tipico della tradizione culinaria lombarda, è necessario analizzare anche le implicazioni culturali e storiche di due degli ingredienti principali della ricetta: il maiale e la verza. Il primo è un animale che per secoli ha avuto un ruolo essenziale nell'economia rurale. La sua presenza era infatti diffusa in tutti i territori rurali d'Italia, da Nord a Sud, bene prezioso per garantire la sussistenza della famiglia per l'intero anno. Non è un caso se la macellazione era una vera e propria festa che coincideva generalmente con occasioni particolari di matrice religiosa o civile.

Un legame stretto è quindi nato e si è evoluto nel tempo attorno a questo animale e alla cucina che ha saputo elaborare numerosissime preparazioni che ne utilizzano sapientemente ogni parte, tanto da aver determinato l'origine del famoso proverbio che tutti conoscono: "del maiale non si butta via nulla".

Il maiale non era solo una fonte di cibo, ma un vero e proprio simbolo, concentrato di significati e tradizioni di differente origine. Il suo inserimento nella cultura alimentare italiana è consolidato nel corso del tempo e si è particolarmente accentuato in epoca medievale. Una presenza che certo non è solamente culinaria ma si è estesa alle differenti sfaccettature della cultura umana: arte, letteratura, tradizioni popolari, solo per citarne alcune.



In questo senso anche la verza, vegetale per eccellenza protagonista della cassoeula, era un prodotto profondamente legato alla sussistenza delle zone rurali e alla cucina di matrice popolare. Le maestose e belle verze che animavano gli orti spenti durante la brutta stagione erano infatti anche e soprattutto delle riserve fresche di cibo sempre disponibili e resistenti ai rigori invernali. Anzi, la ricetta risulta ottimale ancora oggi solo se si utilizzano quelle esposte alla prima gelata; così le foglie risultano più idonee (e resistenti) alla cottura. Anche questo secondo prodotto è stato oggetto di numerosissime elaborazioni gastronomiche e culturali nel tempo, alcune delle quali comuni a numerosi territori: gli involtini, per esempio, che assumono differenti nomi in funzione delle varie tradizioni culinarie e culturali, sono molto diffusi sia in Italia che in altri Paesi.

Altri due elementi importantissimi devono essere considerati nell'analizzare questo piatto: tempo di cottura e origine culturale, in realtà interdipendenti. Il primo infatti è fondamentale ancora oggi, i tempi di preparazione e cottura infatti diventano quasi una ritualità in cui i prodotti semplici dell'orto e della campagna, per mezzo del fuoco dolce e dell'abilità umana, diventano un qualcosa di unico. Ciò avviene tuttavia con calma, caratteristica che oggi può apparire ai più incomprensibile e che diventa, quasi, un rito, si, di matrice culinaria. In passato era invece un'esigenza duplice, dettata anzitutto dalla tradizione contadina, intrisa di piatti che consentivano alle massaie, una volta messi sul fuoco, di svolgere altri lavori. Ma era anche fondamentale per intenerire quelle parti che, per tradizione, costituiscono ancora oggi questa golosità: piedini, cotenne, costine e altri tagli certamente non nobili e derivanti dalla macellazione del maiale che, in tal modo, diventavano straordinari.

Sono proprio questi due ultimi aspetti che definiscono altre caratteristiche della preparazione, ovvero quella di essere strettamente connessa alla macellazione dell'animale e, di conseguenza, alle festività di matrice religiosa. Durante il periodo invernale infatti le occasioni in cui ciò avveniva erano diverse, generalmente: San Martino (non in tutti i territori italiani), ovvero in occasione della fine dell'anno agricolo e connessa all'obbligo di pagare i proprietari terrieri o, in generale, nobili e signori; per le feste natalizie e le celebrazioni di matrice civile a esse associate; infine (con differenze da una zona all'altra) in occasione della festa di Sant'Antonio Abate, 17 gennaio, un santo molto amato dal mondo rurale perché protettore degli animali e invocato per le attività di allevamento.

In questo senso va quindi ricordato anzitutto che la cassoeula è un piatto legato al periodo invernale, essa tuttavia non è una preparazione uniforme nella strutturazione e utilizzo degli ingredienti, ma caratterizzata dalla presenza di differenti varianti territoriali che ne costituiscono le sfaccettature culturali. Sono molto diffuse, tra l'altro, in vari territori anche non italiani, tipologie diverse da quella tipica (e nota) lombarda, dei parenti insomma, che si inseriscono tuttavia nell'insieme di aspetti storici, sociali e culturali citati in precedenza.

Una ricetta le cui origini sono incerte come del resto il significato del nome che divide gli storici: alcuni infatti sostengono che derivi dalla padella utilizzata per cuocerla, altri invece dal grande mestolo impiegato per prepararla e servirla. Certo è che anche in questo caso la storia è strettamente collegata alle tradizioni, infatti un altro nome con cui è chiamata è bottaggio, termine di probabile derivazione francese che indica "minestra", in relazione alle caratteristiche del piatto che può apparire come una sorta di zuppa decisamente ricca nella presenza di carne e di calorie.

Nonostante le numerose leggende che avvolgono questo piatto, la prima menzione è presente nel ricettario di Ruperto da Nola, a cavallo tra XV e XVI secolo, conosciuto anche come Mestre Robert, cuoco spagnolo e autore del primo libro di cucina stampato in catalano e, non da meno, a servizio presso la Corte del Re Ferdinando d'Aragona a Napoli.

Oggi la cassoeula sta assistendo a un processo di rivalutazione e promozione, soprattutto a Milano, tanto da essere proposta presso ristoranti di chef rinomati in varie versioni rivisitate. Un piatto che è un ponte insomma, tra passato e presente, vecchio e nuovo, ma, in fondo, soprattutto in cucina come nella cultura gastronomica, non esiste un passato inteso come periodo finito e slegato dall'oggi. Tutto ciò che mangiamo, utilizziamo, assaporiamo è frutto di un percorso storico ma è anche in costante cambiamento e dialogo con ciò che viviamo ogni giorno. Tocca a noi saperlo declinare e valorizzare al meglio, senza forzature o dimenticanze.

Commenti

  1. L'ho mangiata in uno dei miei viaggi a Milano, piatto particolare.

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    1. Si, è un piatto molto sostanzioso ... per intenditori diciamo.

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  2. dani sansugaro diego26 gennaio 2021 alle ore 10:30

    Io ci sono cresciuto con la Cassoeula.......particolare, unta, pesante ma ottima pietanza, consiglio, di abbinarla ad un buon Inferno della Valtellina che sgrassa la bocca^^
    Grazie Aldo ottimo articolo^^

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