Autarchia: cibo, mancanza e sostituzione.

 

"Condizione di un paese che mira all'autosufficienza economica, nell'obiettivo di produrre sul territorio nazionale i beni che consuma e utilizza, limitando o annullando gli scambi con l'estero"


Questa definizione contenuta sul sito dell'Enciclopedia Treccani spiega in realtà un vero e proprio fenomeno che ha caratterizzato non solo la storia del secolo scorso, ma affonda le proprie radici nella società umana attraverso basi culturali e sociali più profonde di quanto generalmente si pensa.

Si potrebbe infatti affermare, con le opportune precisazioni, che la cucina autarchica è stata per lungo tempo collegata al sistema alimentare delle classi povere della società, soprattutto in determinate realtà di matrice agraria. Nella convinzione comune, invece, essa è prevalentemente associata al periodo fascista e alle sue iniziative in campo alimentare e agricolo.


(Razionamento del cibo in Gran Bretagna, 1943)


Se riflettiamo, sistemi agricoli come il maso al Nord e la masseria al Sud (per citare solo due esempi noti e importanti) erano fondati sulla ferma volontà di articolare la produzione in modo che risultassero delle realtà sostanzialmente indipendenti, capaci cioè di produrre gran parte dei prodotti necessari per la loro sussistenza e sovente, attraverso il meccanismo della sostituzione, compensare le poche carenze senza rivolgersi all'esterno.

L'autarchia in campo alimentare fu quindi per certi aspetti il motore di generazioni di persone che, non potendosi permettere molte derrate alimentari, le sostituivano con quel poco che il territorio offriva loro ed era libero da tasse o diritti da parte di feudatari o, in generale, signori.

La parola "sostituzione" quindi è di fondamentale importanza per la cucina, non solo perché nel tempo ha generato prodotti nuovi ma anche e soprattutto ricette i cui ingredienti immateriali fondamentali furono l'abilità nell'arrangiarsi e l'inventiva nell'utilizzare materie prime semplici; preparazioni che spesso emulavano quelle dei ceti ricchi. Sono moltissimi gli esempi che potrebbero essere citati da Nord a Sud.


(Illustrazione; I misfatti del bolscevismo nel 1919, i benefici
del fascismo nel 1923; 1924)


Più complessa e articolata è invece l'autarchia di cui si è solo accennato all'inizio. In ambito fascista infatti questa pratica si diffuse ed evolse non solo (o non tanto) per sopravvivenza, soprattutto all'inizio, ma in particolare per motivi politici. Lo scopo era infatti rendere l'Italia autonoma per poter escludere la dipendenza da altri paesi. Nonostante ciò, è doveroso ricordare che a partire dal 1936 divenne una vera e propria esigenza perché, a causa della guerra in Etiopia e delle sanzioni economiche applicate al nostro Paese, l'autarchia fu uno strumento per intensificare le produzioni italiane e sopperire alle esigenze dei cittadini.

Sarebbe tuttavia riduttivo credere che ciò si limitasse a sostituire determinati prodotti (il caffè normale con quello di cicoria, la cioccolata con surrogati, solo per citare i più noti) con dei corrispettivi di matrice italiana che richiamassero nei nomi e nelle componenti quelli originali. L'autarchia in questo fu anzitutto un sistema di propaganda del regime che comprese varie azioni su più campi. Uno dei primi esempi che possono essere fatti è la bonifica di determinati territori paludosi per convertirli in produzioni cerealicole che potessero soddisfare le esigenze alimentari della popolazione. La battaglia del grano degli anni Venti ebbe proprio questa funzione, l'Italia infatti ne importava quantitativi ingenti, incidendo sia sui bilanci nazionali che sul desiderio di indipendenza. Tutto ciò fu, tra l'altro, l'anticipazione della più pressante politica autarchica del decennio successivo.

Altra caratteristica era una propaganda martellante che coinvolgeva tutte le fasce della popolazione, dai bambini fino agli adulti, anche attraverso numerosissime iniziative.

Un terzo aspetto che viene ricordato poco è, come accennato in precedenza, la sostituzione di nomi di origine straniera con corrispettivi italiani, evidenziando così una sorta di autarchia linguistica contro termini imposti da mode e costumi che provenivano dall'estero.

Gli orti di guerra, argomento che è già stato approfondito in articoli precedenti, sono un'altra iniziativa autarchica che fu caratterizzata dalla conversione dei piccoli e grandi terreni delle aree urbane in orti e coltivazioni. Si diffusero soprattutto attorno agli anni Quaranta per contrastare la grave crisi alimentare che colpì il nostro Paese.


(Coltivazioni utilitaristiche negli spazi verdi, 1942, Piazza 
Municipio, Napoli)

Ultimo punto interessante per questo viaggio culturale e storico attorno all'autarchia è l'insieme di norme per il razionamento dei generi alimentari e la tessera annonaria. Anche in questo caso furono tentativi di soluzione (che durarono per molto tempo, quasi tutto il decennio degli anni Quaranta) le cui finalità erano le stesse degli aspetti menzionati precedentemente.

Infine non possono mancare le elaborazioni gastronomiche che fecero dell'utilizzo degli avanzi di cucina un elemento estremamente importante per gran parte della popolazione. Autarchia, un termine estremamente complesso e articolato, soprattutto nei risvolti sociali e storici, un vero e proprio insieme che spesso viene banalizzato o eccessivamente ridotto a pochi aspetti ma che è in realtà, come abbiamo visto, un ventaglio di situazioni storiche e iniziative umane. Riflettere su ciò è come districarsi attorno a un puzzle, forse un po' complicato ma estremamente avvincente.

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