Dolci cuori rossi: vicissitudini culturali delle fragole.


Virgilio e Ovidio ne parlavano già, il primo nella II Egloga invitava i bambini a "guardarsi dai serpenti nascosti nell'erba quando vanno nei boschi a raccogliere nascentia fraga"; il secondo la cita due volte: I libro delle Metamorfosi e XIII libro quando Polifemo, amante di Galatea, le si rivolge dicendo: "con le tue mani potrai raccogliere le morbide fragole che crescono all'ombra dei boschi".
Nonostante fossero conosciute e apprezzate da Greci e Romani non è dato sapere come mai, fatta eccezione dei casi sopra citati, non se ne trovi traccia in scritti fino al XIII secolo, quando ricompaiono a opera di uno scrittore greco: Nicholas Myrepsus. Non solo scrittori ed oratori ne erano incantati ma anche santi e asceti se consideriamo che erano i frutti spontanei prediletti da san Giovanni Battista e san Francesco di Sales. Ho scritto di "frutto spontaneo" non a caso, perché fino al 1400 le fragole che si consumavano erano diverse da quelle di oggi, la sola specie conosciuta era infatti quella selvatica.


(Pierre - Auguste Renoir, Le fragole, XIX secolo,
Musée des Beaux-Arts, Bordeaux)


Nel 1368 Carlo V di Francia ne fece piantare molte nei propri giardini e lo seguirono quasi tutti i sovrani europei. Ebbe così un lento sviluppo tra il XV e il XVIII secolo.
Gli Inglesi furono gli inventori di un nuovo modo di coltivazione: su lettiere di paglia, non a caso l'espressione inglese "strawberry", che indica tale frutto, deriverebbe dal termine "straw" ovvero paglia, cosparsa sul terreno per proteggere le piantine, e "berry", termine generico per indicare bacca.
Una delle prime raffigurazioni botaniche della fragola compare nell'Erbario di Magonza (1485).
Dopo il 1500 i riferimenti alle fragole si fecero molto più frequenti sia nei testi scientifici che in quelli culinari.
Apprezzata da sovrani, politici, alti prelati e uomini di potere, re Luigi XIV le amava a tal punto che indisse un concorso letterario per celebrarla a cui tra l'altro parteciparono anche Racine e La Fontaine; il primo premio venne dato a questo componimento:

"Quando di giugno si risveglia il mese
andate ad ammirare le fragole nei boschi
rosse fra la verzura
più rosse del corallo vivo
che fanno ondeggiare come un ventaglio
le loro foglie frastagliate."

Fu solo nel Settecento che le nostre protagoniste iniziarono a essere coltivate in larga scala in campi, orti e giardini.
Anche in ambito medico furono importanti: per secoli vennero infatti considerate da molti medici un toccasana per svariate malattie e disturbi. L'unica voce in contrasto con queste credenze fu Ildegarda di Bingen (1000 d.C.), badessa e medico tedesca del monastero di Ropertsberg, vicino a Francoforte, che sconsigliava invece di mangiarle in quanto: "possono venir contaminate dai serpenti, rospi e lumache, che vivono a contatto con il terreno".     



                                  
Erano anche simbolo di prestigio e potere quando venivano consumate  (ovviamente dai nobili) in periodi in cui non potevano essere coltivate. A tal proposito l'esempio più calzante lo troviamo negli scritti di Bartolomeo Stefani, capocuoco alla corte dei Gonzaga che riporta come il 27 novembre 1655 a un banchetto allestito in onore della regina Cristina di Svezia si ordinò di servire come prima vivanda fragole al vino bianco.
Del resto come possiamo dare torto a Shakespeare che le definiva: "cibo delle fate".

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