Cibo e tradizione, le declinazioni di un legame nei film.


Il cibo ha da sempre un ruolo centrale nel cinema, la sua presenza si è infatti consolidata nel corso del tempo arricchendosi di significati che coinvolgono i differenti aspetti del vivere. Storia, società, voglia di rivalsa e cambiamento ma anche, allo stesso tempo, forti richiami alla tradizione, con tutte le declinazioni possibili a essa associate.

Interessante è la spiegazione di tale termine fornita da Treccani:


"Trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze; anche le memorie così conservate"


Questa definizione, indubbiamente generica, è stata interpretata e declinata dai film attraverso differenti variabili che coinvolgono più fattori: periodo, ubicazione geografica, trama del film e, non da ultimo, sensibilità del regista. Non si può parlare di un modo di intendere il rapporto tra tradizione e cibo ma tante e variegate possibilità; tenterò quindi di analizzare alcune di esse, anche attraverso degli esempi.




Il film "L'età dell'innocenza" del 1993 diretto da Martin Scorsese, tratto dall'omonimo romanzo della scrittrice e poetessa statunitense Edith Wharton, è il primo esempio che desidero proporre. Un esempio che fa emergere lo stretto rapporto esistente tra il cibo e i riti sociali e come essi si manifestino attraverso le pratiche alimentari. Sebbene i cibi che appaiono nei film non siano corretti dal punto di vista storico, sono infatti preparati e serviti con modalità non conformi al periodo in cui si svolgono i fatti, emerge chiaramente il senso di cui si fanno portatori: la tradizione come veicolo di affermazione di appartenenza a determinati ceti e, conseguentemente, la coesione dei significati alimentari con quelli sociali. La diretta conseguenza di ciò è l'ipocrisia associata a questa modalità di pensiero che diviene tangibile nella difformità tra l'immagine perfetta del cibo della cucina del protagonista e la sua assoluta mediocrità. L'esempio più conosciuto in tal senso è una fetta di carne servita ai commensali, tanto dura da non riuscire nemmeno a essere tagliata, metafora efficace dell'inconsistenza di valori di un intero ceto. Tematiche queste legate a ipocrisia e mancanza di valori di parte della società, che negli anni sono state affrontate e declinate da differenti film, anche in funzione al rapporto con le varie culture e i Paesi di appartenenza.

Diametralmente opposto, dal punto di vista geografico, è "Mangiare bere uomo donna", film del 1994 diretto da Ang Lee. Nella pellicola la cucina è metafora generale del vivere. Simbolo di una società, quella di Taiwan in cui la vicenda si svolge, divisa tra la forte influenza dei modelli occidentali sugli stili di vita (e quindi alimentari) locali e, allo stesso tempo, una tensione al mantenimento della tradizione orientale. Protagonista è il signor Chu, il più importante cuoco di Taipei. Nel film il cibo e i temi che a esso si associano, i pranzi in famiglia per esempio, fanno parte della cultura cinese e del complesso sistema che ruota attorno a essa. Un'altra declinazione del concetto di tradizione in questo secondo esempio coinvolge anche la strutturazione culturale e sociale con cui il mondo dell'alimentazione inevitabilmente si intreccia. Un esempio importante di quanto appena affermato è l'assenza di donne chef, nel film ciò si concretizza in Jia-Chien, figlia del protagonista, che ama la cucina ma nella vita svolge un lavoro diverso dalla sua passione, un impiego scelto dal padre. Il concetto di tradizione nel film, tuttavia, non si ferma certo a questo aspetto, al suo fianco infatti è presente la traduzione di questa parola anche a livello personale. E' la tradizione associata ai ricordi che emerge sempre nel personaggio della figlia che evoca l'infanzia, quando andava nel ristorante dove lavorava il padre e lui le faceva trovare dei gioielli particolari, fatti di pane, zucchero e spezie. Il rapporto protagonista del nostro approfondimento è declinato quindi all'interno di questo ultimo film su più livelli, da collettivo a individuale o, comunque, legato a pratiche familiari. La complessità del film anche in riferimento all'aspetto sociale fa emergere la volontà del regista di porre la cucina come potente simbolo del disfacimento della famiglia e, in generale, della società. Punto sostanzialmente in comune con l'esempio precedente.

Un altro film che si ricollega a quanto appena affermato è "The dead" del 1987, regia John Huston, tratto dall'omonimo romanzo di James Joyce, la cui narrazione ruota attorno al pranzo che ogni anno le signorine Morkan offrono ad amici e parenti il giorno dell'Epifania. Il menù e i cibi non cambiano mai, anche in questo caso la tradizione e il cibo sono associati a pratiche vuote e ormai prive di senso, emblema della crisi della borghesia ottocentesca e del suo presunto sistema valoriale. 

Ma il tema che fa da filo conduttore a questo approfondimento può essere analizzato anche in riferimento agli eventi che scandiscono lo scorrere del tempo ogni anno: Natale, Giorno del Ringraziamento, o anche occasioni come matrimoni. E' il caso di "Little man tate", film d'esordio alla regia dell'attrice Jodie Foster, del 1991. In questo caso, addirittura, l'alimento per eccellenza del Thanksgiving, il tacchino, perde le sue valenze di unità e vita, divenendo così fonte di dissidio per i protagonisti.

Anche "Hannah e le sue sorelle", film del 1986 di Woody Allen e, per il panorama italiano, "Parenti serpenti" , film di Mario Monicelli del 1992, hanno declinato la tematica appena menzionata.

Altro film molto interessante che analizza tematiche legate alla tradizione è "Big Night" del 1996 di Stanley Tucci e Campbell Scott. Il tema? La storia di due fratelli, Primo e Secondo Pileggi, ristoratori italiani di origine abruzzese emigrati negli Stati uniti dove hanno aperto un ristorante italiano in una cittadina della East Coast. I due si scontrano costantemente sulle modalità di gestire il locale: Primo (il maggiore e chef) è fortemente legato all'Italia, alla terra natia e alle tradizioni gastronomiche a essa collegate; Secondo invece (maitre) cerca di assecondare la clientela americana che spesso distorce la cultura alimentare italiana.

Un film non solo bello ma anche interessante per capire le mutazioni gastronomiche legate alla grande tematica delle emigrazioni e ai processi di mutazione delle tradizioni alimentari che si ricollegano a questi grandi argomenti. I caratteri dei due fratelli, il loro modo di affrontare il tema delle origini legate alla cucina ben sintetizza la diversità generazionale, accentuata anche dai nomi che incarnano le fasi differenti del processo di integrazione. Un film interessante che affianca differenti tematiche e permette riflessioni interessanti sul ruolo che ha avuto la tradizione legata al cibo all'interno dell'identità culturale di generazioni di italiani che sono dovuti emigrare per necessità. Al tempo stesso consente di analizzare non solo il processo evolutivo di una tradizione gastronomica in un dato Paese differente da quello di origine ma, soprattutto, gli effetti di questa mescolanza sociale e culturale i cui risultati, sostanzialmente, sono visibili ancora oggi.

La tradizione legata al cibo è quindi un legame assolutamente articolato e complesso che può essere analizzato e compreso anche attraverso l'analisi dei film, documenti assolutamente validi ed efficaci dei mutamenti sociali e delle mode.

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