Cachi, i colori dell'autunno.


 Il cachi è una pianta che fa parte dei nostri territori e della loro storia; credo sia impossibile immaginare le campagne in autunno senza quegli alberi nodosi che producono frutti rotondi, colorati e ... golosi! Diospyros kaki appartiene alla famiglia delle Ebenacee e al genere dei Diospyros.

E' definito anche "Mela d'Oriente" o "Loto del Giappone", sono ormai i frutti che più associamo alla brutta stagione ma, a causa del loro colore vivace, sono anche il simbolo della vita che sopravvive all'apparente morte di tutto e alla desolazione della natura addormentata e spoglia.



A partire da metà Ottocento iniziò a diffondersi in America ed Europa, in Italia fu introdotto nel 1870 a Firenze presso il Giardino botanico di Boboli in cui ne fu piantato un esemplare e nel 1879 altri presso l'Orto botanico di Palermo. Inizialmente venne considerato una pianta ornamentale e solo successivamente si iniziarono a consumare i frutti. Si originò così il suo profondo legame con il nostro Paese, conquistando il palato di moltissime persone di ogni ceto; Verdi, per esempio, ne andava matto.

La sua coltura in Italia divenne importante nel tempo per due territori: la Campania, in cui il primo esemplare venne piantato nel 1916, e l'Emilia; tuttavia si diffusero anche alcune particolari varietà in qualche località della Sicilia.

Una pianta ricca di simbologie, sia passate che presenti. E' infatti considerato "albero della pace" perché alcuni esemplari sopravvissero al bombardamento atomico di Nagasaki nell'agosto 1945; oltre a ciò, nei secoli venne associato dalla tradizione popolare non solo ai simbolismi della rinascita ma anche a Cristo ed alla Vergine Maria.

In Cina le prime notizie risalgono al II secolo a. C. sotto la dinastia Han. Ebbero enorme successo sia sulle mense della popolazione che in quelle dell'alta società. Le regole alimentari in Oriente, similmente all'Occidente, erano anche di salute, di conseguenza la struttura del pasto era rigidamente regolata in funzione di esse. I cachi, nello specifico, erano consumati alla fine perché la loro astringenza aveva la capacità, secondo la scienza medica, di sigillare lo stomaco. Di conseguenza, essendo considerati dolci e freddi, erano adatti ad eliminare gli eccessi di calore ma anche i problemi ai polmoni.



Nei decenni scorsi attraversarono un periodo di decadenza, sia a causa delle particolari caratteristiche organolettiche, che per l'immagine di povertà a cui erano associati. Da alcuni anni sono oggetto di rivalutazione da parte dei consumatori, degli chef che li inseriscono sempre più all'interno dei loro menù, ma anche dalla gastronomia in generale; non sono infatti certamente trascurabili le loro proprietà benefiche.

Storia, tradizioni e associazioni culturali e sociali che hanno reso il legame tra uomo e questo prodotto della natura sempre più saldo e particolare. Oggi, quando passeggiamo per le campagne umide e apparentemente spoglie di vita dei nostri paesaggi autunnali, li troviamo incastonati qua e la per ricordarci che la natura non si ferma e, anche quando tutto sembra finito, è capace di donarci frutti gustosi e belli da vedere. Chi può dire che l'autunno è triste?

Commenti

  1. In Europa (e quindi anche in Italia) fu il mio bisnonno materno ad importarli, il Cav. Casimiro Ferreri di Carrù (CN)

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