Ceci. Una bontà, tanti usi.

Il legame dell'uomo con molti prodotti che ancora oggi trovano posto sulla sua tavola è profondo e immerso nella storia; indubbiamente i ceci rientrano in questa categoria. La loro origine risale al 5000 a. C. in Turchia da cui ci sono pervenute anche le prime testimonianze archeologiche appartenenti all'Età del Bronzo.
Originari dell'Oriente quindi, da molto tempo accompagnano l'uomo e lo hanno sfamato. Naturalmente anche le civiltà del Mediterraneo li utilizzavano; in Egitto, per esempio, erano il cibo povero consumato dagli schiavi.



Due caratteristiche che contribuirono al successo del nostro protagonista all'interno delle società mediterranee furono la versatilità e, soprattutto, l'elevato potere nutritivo aspetto, quest'ultimo, che favorì la sua predilezione a discapito di altri prodotti. Ancora oggi molte cucine, anche orientali, hanno al loro interno un discreto numero di proposte alimentari in cui i ceci la fanno da padrone. Due esempi che sicuramente tutti ricordano sono i falafel, polpette di legumi o ceci speziate che vengono fritte; hummus, una delle icone arabe, salsa particolarissima il cui nome significa, appunto, "ceci".
Gli antichi Romani li utilizzavano molto nella cucina, soprattutto per la preparazione di polentine nutrienti e che erano tipiche anche di altre civiltà.  Ridurre infatti semi, cereali e/o altri vegetali in farine e unirli ad acqua o altri ingredienti per creare delle pappe fu  probabilmente una delle prime modalità di cottura e trasformazione degli alimenti, successiva ovviamente a quella di arrostire. Da questa pratica, come ho evidenziato in altri approfondimenti, si originarono nel corso del tempo altre preparazioni: le polente (come le conosciamo noi oggi), gli gnocchi, le zuppe di cereali e legumi. Il ruolo insomma di questi preparati fu importantissimo, come il loro valore nutritivo. 
Naturalmente, come accade per molti prodotti che consumiamo, nel corso del tempo si sono caricati di molti significati antropologici e culturali; i Greci, per esempio, pensavano dessero forza e potenza, non a caso il loro nome "kikus" significava proprio "forza".
Una credenza basca li considera utili contro il demonio. Infatti dice che, se si pensa di essere seguiti da un demone, è sufficiente gettare alcuni ceci a terra, lo spirito maligno si fermerà a contarli e, quindi, il malcapitato potrà fuggire. Un esempio interessante che ho voluto inserire per far capire come spesso tradizione e superstizione si mescolino e convivano in molti prodotti ancora oggi consumati. Ciò è reso possibile perché i nostri protagonisti appartennero per lungo tempo ad una dieta prevalentemente di matrice contadina e rurale associata alle classi meno abbienti, quindi consumati in sostituzione della carne.
Proprio questi aspetti spiegano in modo significativo la presenza dei ceci in molte preparazioni italiane, da Nord a Sud. La farina che se ne ricava, poi, era importante in passato non solo per preparare le polente di cui ho accennato prima ma, successivamente, anche molte altre golosità gastronomiche. Oggi sta avendo notevole successo per la realizzazione di numerosi prodotti sia dolci che salati.
Una golosità conosciuta e ricavata da questa materia prima è la farinata, originaria della Liguria (ma presente anche in altre zone con varianti simili, come quella della Toscana) attualmente è uno degli street food più apprezzati da italiani e stranieri. Un prodotto che la dice lunga sulle capacità di adattamento dei nostri antenati e nasce come sostituto del pane, un tempo costoso e certamente non alla portata di tutti. Fa parte insomma di quella grande categoria di alimenti pensati per sopperire all'impossibilità di utilizzare determinate materie prime e dalla capacità di impiegare ingredienti che il territorio poteva offrire, sostituti validi e gustosi da portare in tavola.
La panella palermitana  è un'altra golosità nota. Si tratta di una frittella di ceci servita come farcitura alle mafalde, pagnottelle la cui crosta è ricoperta di semi di sesamo.
Come non ricordare poi lagane e ciciari (ceci), piatto che si lega saldamente alla Calabria e che è una sorta di zuppa costituita da pasta all'acqua e ceci stufati, preparata in occasione della festa di San Giuseppe. Una specialità gustosa che veniva realizzata dalle massaie e poi distribuita ai poveri che non riuscivano a sfamarsi. Anche oggi questa tradizione è rimasta in molte località, in altre invece è consumata in famiglia per festeggiare la festa del papà. Il nome poi è assolutamente curioso perché "lagana" è uno dei termini più antichi con cui veniva menzionata la pasta nei secoli scorsi e, anzi, per certi aspetti può essere considerata la progenitrice di preparazioni che oggi conosciamo bene: le lasagne. Altro esempio di come la cultura del cibo sia assolutamente interessante e si innesti profondamente nella storia ma anche nelle tradizioni sociali e culturali tipiche di ogni popolo.
Come non concludere poi con un dolce? I Calzoncelli dolci ai ceci tipici di diverse zone d'Italia come Abruzzo e Puglia e preparati in occasione del Carnevale, sono un esempio assolutamente gustoso che ci mostra come i nostri protagonisti siano entrati nelle cucine attraverso mille varianti, dolci o salate. Simili a questi ultimi sono i Cauciuni del Molise, a cui però manca il cacao, che vengono preparati in occasione delle festività natalizie.
Curiosità, storie, tradizioni e golosità attorno ad un prodotto che spesso è stato sottovalutato ma che, come la storia ci insegna, può donare molto ai nostri territori, alla cucina ma anche, soprattutto, al nostro futuro rurale. 

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