Prodotto e territorio: la Farina di Neccio della Garfagnana.

La castagna si sa, ha da sempre avuto molta importanza per l'economia di numerosi territori del nostro Paese. Questo naturalmente non solo per quanto riguarda il prodotto in se ma anche per i tanti derivati ottenuti dalla sua lavorazione e che venivano utilizzati dai ceti meno abbienti come sostituti di materie prime costose e/o poco reperibili. L'esempio più conosciuto e importante in questo senso è la farina di castagne che per secoli è stata utilizzata in moltissime zone d'Italia per la preparazione di pane e pasta (soprattutto), ma anche prodotti da forno.
La farina dalla Garfagnana a denominazione DOP rientra proprio in queste vicende culturali e storiche.

(Paolo Antonio Barbieri, Natura morta, 1640)

Il castagno è presente nella Garfagnana da moltissimo tempo, si hanno infatti attestazioni già a partire dall'anno Mille. E' proprio attorno a questo periodo che, a  motivo del boom demografico, vennero piantati numerosi esemplari per poter soddisfare la crescente richiesta alimentare. Dalla seconda metà del XIV secolo il Comune di Barga emise rigide norme in merito alla raccolta delle castagne ad alla loro esportazione ed anzi, venne fissato anche un dazio sulla nostra protagonista. Sempre la stessa località sul finire del XV secolo creò addirittura una legge atta a tutelare i castagneti e la farina ricavata dalle castagne. Questi due aspetti storici fanno capire quanto la nostra protagonista fosse importante per l'economia del territorio!
Fu proprio a partire da questo secolo che la farina di castagna si unì saldamente al territorio non solo per quanto riguarda gli aspetti legati alla produzione ma anche e soprattutto alla cultura che ebbe riflessi rilevanti nell'elaborazione di numerose ricette e preparazioni.
Ma come si ottiene questo straordinario prodotto? Essa è ottenuta dalle castagne raccolte tra il primo di ottobre e il trenta di novembre in castagneti aventi una densità non superiore alle 150 piante per ettaro.
A seguito della raccolta vengono essiccate in apposite strutture chiamate metati attraverso il fuoco lento prodotto esclusivamente dalla combustione di legno di castagno. Va però precisato che le castagne vanno inserite in questa struttura in modo da formare uno strato da 20 a 90 cm per facilitare la fuoriuscita dell'umidità. Dopo 40 giorni vengono sbucciate (operazione che anticamente veniva fatta a mano) attraverso apposite macchine e poi passate manualmente per eliminare eventuali impurità. La resa massima delle castagne secche pelate rispetto a quelle crude non può superare il 30% in peso.
A seguito di ciò attraverso il mulino si procede alla trasformazione delle castagne secche in farina. A tal proposito va ricordato che il mulino non può macinare più di 5 quintali di castagne secche al giorno, per evitare il surriscaldamento delle apparecchiature e quindi la compromissione delle qualità organolettiche del prodotto finale. Successivo a ciò poi è il confezionamento.
Un prodotto unico insomma, non solo nel gusto ma anche nella storia e nel rapporto con l'uomo, la sommatoria di esigenze quotidiane, capacità dell'uomo di utilizzare le risorse naturali del territorio ma anche cultura. Un legame che si fa vivo nei tanti prodotti gastronomici che ne derivano: dalla pasta al castagnaccio (solo per citarne i più conosciuti) e che si rinnova ancora oggi ogni anno.

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