Musica e cibo, un binomio vincente!
Il legame tra la musica e il cibo è un rapporto molto saldo, non solo perché di lunga durata, ma perché strettamente collegato alla storia dell'uomo. Questa unione investì aspetti diversissimi legati al cibo e si rese concreta attraverso diverse forme e aspetti.
La prima cosa che viene in mente quando si parla di questo rapporto sono i componimenti e le sinfonie che venivano suonati durante i banchetti tenuti dai ceti elevati, con la funzione principale di intrattenere gli invitati e rallegrare il convivio. A tal proposito Georg Philipp Telemann, compositore ed organista tedesco, scrisse nel XVIII secolo un'apposita sinfonia per accompagnare i ricevimenti dei nobili della sua epoca.
Se ci pensiamo bene nelle comunità primitive la musica e il cibo, per alcuni aspetti, avevano finalità comuni: esorcizzare, propiziare, scacciare; funzioni magiche, esoteriche e cariche di significati che accorciarono di fatto le distanze (apparenti) tra questi due mondi.
L'iniziale intento comune di questi due grandi parti del sapere umano, sotto diversi aspetti, fece si non solo che essi entrassero quasi inevitabilmente a far parte della cultura umana, ma che le rispettive caratteristiche si influenzassero a vicenda.
Prima di tutto il cibo entra nella musica in diversi modi, con diverse intensità e attraverso situazioni difformi le une dalle altre: canzoni, opere liriche, rappresentazioni teatrali e tanto altro. Erik Satie, compositore e pianista francese della seconda metà dell'Ottocento riconobbe indirettamente l'importanza delle abitudini quotidiane e dell'alimentazione nella vita di un intellettuale, elaborando all'interno del proprio libro "Quaderni di un mammifero" (raccolta dei propri scritti, curata da O. Volta, Adelphi Editore) la cosiddetta "dieta del musicista", una sorta di decalogo contenente i cibi di cui soleva nutrirsi l'eccentrico ma geniale compositore, prova perfetta di come il binomio di cui ho parlato fino ad ora sia innegabilmente presente e complesso.
L'esempio appena citato tuttavia aiuta a mettere in luce un altro aspetto molto importante: la presenza della cucina nella vita dei musicisti; non sempre conosciuta ed apprezzata, per esempio, è la passione di Verdi per la buon cucina, espressione del territorio di appartenenza, intriso di saperi e sapori unici che vivono in piatti e prelibatezze tipicamente parmensi. Sono proprio questi ad essere presenti alcune volte in modo più o meno velato nelle proprie opere e, in forma più decisa, negli scritti privati. Sono proprio queste due passioni che emergono non solo in Villa Verdi a Busseto, ma nei luoghi e nei paesaggi che hanno visto ed incrociato il maestro e in cui, ancora oggi trascorso da poco tempo l'anniversario dei duecento anni dalla sua nascita (10 ottobre 1813 - ottobre 2013), trasudano storie di prodotti e ricette e riecheggiano di note e melodie.
E' proprio attraverso questi esempi che si capisce questo strettissimo legame che genera, come spesso accade, contaminazioni vicendevoli interessantissime che sfociano, non di rado, in veri e propri "sconfinamenti" culturali"; oltre al tanto conosciuto Turnedos Rossini, la cui origine è incerta poiché esistono versioni contrastanti, vi fu anche un'incursione gastronomica da parte di Paganini che inventò una complicata ricetta di ravioli.
La presenza del cibo nella musica non è solo una caratteristica italiana, ma nel corso dei secoli si è espressa anche in altre culture e Paesi; chi non ricorda la "torta di miele" dei Beatles?! Essa è dovuta essenzialmente a molteplici fattori: preferenze o passioni, voglia di stupire e mostrare magnificenza, critica e denuncia sociale e, non da ultimo, volontà di documentare (direttamente o indirettamente) vere e proprie mode. Questo ultimo aspetto è importante non solo per definire meglio i contorni del rapporto di cui sto argomentando, ma anche per tracciare i profili storici e culturali della società, è il caso della "Cantata del caffè" di Bach, o di altre opere o sonetti minori che hanno come protagonisti la moda del consumo della cioccolata o di altri cibi (chiaramente di epoche diverse gli uni dagli altri).
Dai casi esposti fino ad ora, tuttavia, parrebbe che il rapporto sia fondamentalmente univoco, ovvero quando la cucina entra nell'ambito musicale; in realtà è avvenuto (e avviene) anche il contrario, pensiamo ad esempio alla rivoluzionaria e poco convenzionale cucina futurista. In questo modo di intendere l'arte culinaria l'esperienza con il cibo era mediata anche attraverso l'uso di profumi, giochi di luce e colori, consistenze particolarissime, abbinamenti alquanto stravaganti e, nel nostro caso, l'uso della musica non come accompagnamento del piatto ma (ed è qui l'atto rivoluzionario) come parte attiva dell'esperienza gustativa. E' proprio attraverso quest'ottica che la sua presenza nei vari momenti in cui si presentava e degustava un piatto assumeva un ruolo essenziale. Attraverso il desiderio di rompere col passato e con le abitudini di una società che si pensava dovesse cambiare radicalmente, anche nel modo di mangiare, il Movimento Futurista di Marinetti apportò un contributo non irrilevante nel consolidare il legame tra cibo e musica.
Per certi aspetti non nego che le argomentazioni dei teorici futuristi possono risultare molto strane, tuttavia se riflettiamo potremmo quasi stabilire una connessione sul piano sociale tra cibo e musica. Quante volte abbiamo sentito dai nostri genitori o (ancor meglio) nonni che una determinata preparazione deve fare un suono particolare per potersi dire cotta, oppure confezionata in modo corretto?! Il suono di un piatto perfettamente gratinato, l'inconfondibile melodia della sfoglia preparata correttamente che documenta la sua estrema friabilità e leggerezza, il rumore del pane che viene spezzato o il brasato che deve borbottare dolcemente come una lieve sinfonia. Gli esempi sarebbero davvero tanti, uno per ogni preparazione ed ognuno di noi associa ad almeno uno di essi una particolare raccomandazione ricevuta. Forse, proprio in questo caso l'unione tra musica e gusto si fa autentica e vera, perché coinvolge in primo luogo i sensi, divenendo non solo un mezzo di trasmissione del sapere o di interpretazione, ma evoca immediatamente ricordi ed emozioni di un pezzo della nostra vita che credevamo passati o sopiti.
La prima cosa che viene in mente quando si parla di questo rapporto sono i componimenti e le sinfonie che venivano suonati durante i banchetti tenuti dai ceti elevati, con la funzione principale di intrattenere gli invitati e rallegrare il convivio. A tal proposito Georg Philipp Telemann, compositore ed organista tedesco, scrisse nel XVIII secolo un'apposita sinfonia per accompagnare i ricevimenti dei nobili della sua epoca.
Se ci pensiamo bene nelle comunità primitive la musica e il cibo, per alcuni aspetti, avevano finalità comuni: esorcizzare, propiziare, scacciare; funzioni magiche, esoteriche e cariche di significati che accorciarono di fatto le distanze (apparenti) tra questi due mondi.
(Pieter Claesz) |
L'iniziale intento comune di questi due grandi parti del sapere umano, sotto diversi aspetti, fece si non solo che essi entrassero quasi inevitabilmente a far parte della cultura umana, ma che le rispettive caratteristiche si influenzassero a vicenda.
Prima di tutto il cibo entra nella musica in diversi modi, con diverse intensità e attraverso situazioni difformi le une dalle altre: canzoni, opere liriche, rappresentazioni teatrali e tanto altro. Erik Satie, compositore e pianista francese della seconda metà dell'Ottocento riconobbe indirettamente l'importanza delle abitudini quotidiane e dell'alimentazione nella vita di un intellettuale, elaborando all'interno del proprio libro "Quaderni di un mammifero" (raccolta dei propri scritti, curata da O. Volta, Adelphi Editore) la cosiddetta "dieta del musicista", una sorta di decalogo contenente i cibi di cui soleva nutrirsi l'eccentrico ma geniale compositore, prova perfetta di come il binomio di cui ho parlato fino ad ora sia innegabilmente presente e complesso.
L'esempio appena citato tuttavia aiuta a mettere in luce un altro aspetto molto importante: la presenza della cucina nella vita dei musicisti; non sempre conosciuta ed apprezzata, per esempio, è la passione di Verdi per la buon cucina, espressione del territorio di appartenenza, intriso di saperi e sapori unici che vivono in piatti e prelibatezze tipicamente parmensi. Sono proprio questi ad essere presenti alcune volte in modo più o meno velato nelle proprie opere e, in forma più decisa, negli scritti privati. Sono proprio queste due passioni che emergono non solo in Villa Verdi a Busseto, ma nei luoghi e nei paesaggi che hanno visto ed incrociato il maestro e in cui, ancora oggi trascorso da poco tempo l'anniversario dei duecento anni dalla sua nascita (10 ottobre 1813 - ottobre 2013), trasudano storie di prodotti e ricette e riecheggiano di note e melodie.
E' proprio attraverso questi esempi che si capisce questo strettissimo legame che genera, come spesso accade, contaminazioni vicendevoli interessantissime che sfociano, non di rado, in veri e propri "sconfinamenti" culturali"; oltre al tanto conosciuto Turnedos Rossini, la cui origine è incerta poiché esistono versioni contrastanti, vi fu anche un'incursione gastronomica da parte di Paganini che inventò una complicata ricetta di ravioli.
(Cristoforo Munari, 1703 - 1706) |
La presenza del cibo nella musica non è solo una caratteristica italiana, ma nel corso dei secoli si è espressa anche in altre culture e Paesi; chi non ricorda la "torta di miele" dei Beatles?! Essa è dovuta essenzialmente a molteplici fattori: preferenze o passioni, voglia di stupire e mostrare magnificenza, critica e denuncia sociale e, non da ultimo, volontà di documentare (direttamente o indirettamente) vere e proprie mode. Questo ultimo aspetto è importante non solo per definire meglio i contorni del rapporto di cui sto argomentando, ma anche per tracciare i profili storici e culturali della società, è il caso della "Cantata del caffè" di Bach, o di altre opere o sonetti minori che hanno come protagonisti la moda del consumo della cioccolata o di altri cibi (chiaramente di epoche diverse gli uni dagli altri).
Dai casi esposti fino ad ora, tuttavia, parrebbe che il rapporto sia fondamentalmente univoco, ovvero quando la cucina entra nell'ambito musicale; in realtà è avvenuto (e avviene) anche il contrario, pensiamo ad esempio alla rivoluzionaria e poco convenzionale cucina futurista. In questo modo di intendere l'arte culinaria l'esperienza con il cibo era mediata anche attraverso l'uso di profumi, giochi di luce e colori, consistenze particolarissime, abbinamenti alquanto stravaganti e, nel nostro caso, l'uso della musica non come accompagnamento del piatto ma (ed è qui l'atto rivoluzionario) come parte attiva dell'esperienza gustativa. E' proprio attraverso quest'ottica che la sua presenza nei vari momenti in cui si presentava e degustava un piatto assumeva un ruolo essenziale. Attraverso il desiderio di rompere col passato e con le abitudini di una società che si pensava dovesse cambiare radicalmente, anche nel modo di mangiare, il Movimento Futurista di Marinetti apportò un contributo non irrilevante nel consolidare il legame tra cibo e musica.
Per certi aspetti non nego che le argomentazioni dei teorici futuristi possono risultare molto strane, tuttavia se riflettiamo potremmo quasi stabilire una connessione sul piano sociale tra cibo e musica. Quante volte abbiamo sentito dai nostri genitori o (ancor meglio) nonni che una determinata preparazione deve fare un suono particolare per potersi dire cotta, oppure confezionata in modo corretto?! Il suono di un piatto perfettamente gratinato, l'inconfondibile melodia della sfoglia preparata correttamente che documenta la sua estrema friabilità e leggerezza, il rumore del pane che viene spezzato o il brasato che deve borbottare dolcemente come una lieve sinfonia. Gli esempi sarebbero davvero tanti, uno per ogni preparazione ed ognuno di noi associa ad almeno uno di essi una particolare raccomandazione ricevuta. Forse, proprio in questo caso l'unione tra musica e gusto si fa autentica e vera, perché coinvolge in primo luogo i sensi, divenendo non solo un mezzo di trasmissione del sapere o di interpretazione, ma evoca immediatamente ricordi ed emozioni di un pezzo della nostra vita che credevamo passati o sopiti.
I tuoi articoli sono sempre interessanti Aldo. Ho la musica di Teleman che uso spesso durante le mie cene con amici particolari.
RispondiEliminaGrazie mille! Gentilissima! Anche io ascolto spesso durante le cene con gli amici Telemann :)
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