La verdura: storia, arte e cultura.
La verdura è presente nella dieta umana quasi fin dalle origini. Già durante la Preistoria i primi gruppi di cacciatori che si spostavano sul territorio in funzione delle migrazioni degli animali di cui si nutrivano integravano la loro dieta carnivora con radici, erbe e tuberi che raccoglievano o, per meglio dire, trovavano nelle zone circostanti. Il legame con il mondo vegetale si fece ancora più stretto nelle comunità stanziali dedite non più solo alla raccolta ma anche all'agricoltura ed alla coltivazione. Le verdure divennero importanti non solo sotto l'aspetto puramente alimentare, ma anche economico; la stanzialità e la coltivazione permisero infatti di avere una maggiore disponibilità di derrate alimentari che potevano essere scambiate, e di conseguenza determinarono la nascita dei primi commerci. Tutti questi aspetti provocarono anche e soprattutto un forte sviluppo culturale che si tradusse nella nascita delle prime civiltà, come quelle sorte in area mediterranea che fecero delle verdure non solo uno dei simboli dei loro modelli alimentari, ma anche i soggetti delle rappresentazioni artistiche e validi alleati nella preparazione di medicinali e composti medicamentosi.
Durante il Medioevo il loro consumo assunse un forte carattere di identificazione sociale, esse erano un alimento per poveri, ovvero chi non poteva permettersi la carne o altri alimenti costosi e basava la propria dieta su ciò che poteva coltivare (o che sfuggiva alle tassazioni) e su quello che poteva essere raccolto. Non mi stancherò mai di precisare tuttavia che anche i nobili consumavano verdure, con la differenza che in questo caso esse facevano da accompagnamento ad altri piatti ben più pregiati come carni arrosto o allo spiedo, oppure erano accompagnate da spezie o abbondantemente condite; tutte modalità necessarie per sancire le differenze sociali.
Il Seicento fu un secolo importante per la nostra protagonista, non solo dal punto di vista alimentare, ma per una maggiore attenzione verso questo dono della natura che si tradusse anche nella sua rappresentazione nei trattati botanici e scientifici, tanto che Giacomo Castelvetro (nel 1614) e Giovan Battista Barpo (1633) scrissero trattati sull'agricoltura.
Fu proprio a partire da questo secolo che cominciò una vera e propria rivoluzione che sconvolse i gusti dei palati europei: i profumi forti ed esotici delle spezie vennero sostituiti da quelli freschi e delicati dei prodotti dell'orto e della campagna, un cambiamento di gusto molto importante non solo sotto il profilo alimentare ma anche societario ed economico.
Attraverso il progresso della scienza nel Settecento il consumo delle verdure venne accettato anche dagli intellettuali che fino ad allora erano rimasti piuttosto restii a riguardo, tanto che nel 1781 venne pubblicato un trattato che proponeva la dieta vegetariana come elemento fondamentale per la vita dei filosofi.
In generale non furono importanti solo sotto questi aspetti, nell'assetto culturale italiano esse assunsero un ruolo rilevante anche nella scansione tra periodi di magro e di grasso che regolavano l'anno.
Potremmo stabilire una connessione tra le verdure e i periodi di guerra o post bellici, più nello specifico, è facilmente intuibile (ed analizzabile attraverso i dati di consumo) che il loro utilizzo aumentava considerevolmente in questi periodi a causa di povertà, mancanza di valide alternative, e soprattutto fame, compagna fedele dell'uomo per secoli.
Ad inizio Novecento in Italia le verdure e il loro consumo furono assunti come modelli identificativi della società povera malnutrita del Sud Italia, in netto contrasto con il Nord ben più ricco e fiorente. La situazione tuttavia venne drasticamente cambiata dalle scoperte importantissime nei decenni successivi dello scienziato americano Keys che, studiando i modelli di consumo alimentari del Sud, scoprì la loro importanza nel mantenimento della salute fisica e nell'aumento dell'aspettativa di vita.
Le verdure nell'arte, come ho voluto dimostrare attraverso i tre esempi che ho inserito in questo articolo, divennero le protagoniste nel corso dei secoli di nature morte, scene di mercato o di mercanti e in famosi trattati botanici e scientifici, con tutti i significati allegorici che queste rappresentazioni assunsero. Nell'arte del Novecento poi divennero l'emblema di un Sud colorato, profumato, profondamente variegato e baciato dal sole dove, attraverso la Vucciria di Renato Guttuso (per esempio) è possibile sentire i profumi delle derrate alimentari, i colori e i sentori degli ortaggi che maturano e si fanno straordinari con il clima caldo del Mediterraneo.
Oggi, come tutti sappiamo, è incorso un rinnovato interesse nei confronti delle verdure e del loro consumo, sia a seguito delle frequenti (e mai sufficienti) campagne di sensibilizzazione alimentare, ma anche per una maggiore attenzione dei consumatori a ciò che mangiano e alla loro salute, segno che il legame millenario tra uomo e verdura non è fortunatamente ancora terminato.
(Arcimboldi Giuseppe, Natura morta con frutta e verdura di stagione) |
Durante il Medioevo il loro consumo assunse un forte carattere di identificazione sociale, esse erano un alimento per poveri, ovvero chi non poteva permettersi la carne o altri alimenti costosi e basava la propria dieta su ciò che poteva coltivare (o che sfuggiva alle tassazioni) e su quello che poteva essere raccolto. Non mi stancherò mai di precisare tuttavia che anche i nobili consumavano verdure, con la differenza che in questo caso esse facevano da accompagnamento ad altri piatti ben più pregiati come carni arrosto o allo spiedo, oppure erano accompagnate da spezie o abbondantemente condite; tutte modalità necessarie per sancire le differenze sociali.
Il Seicento fu un secolo importante per la nostra protagonista, non solo dal punto di vista alimentare, ma per una maggiore attenzione verso questo dono della natura che si tradusse anche nella sua rappresentazione nei trattati botanici e scientifici, tanto che Giacomo Castelvetro (nel 1614) e Giovan Battista Barpo (1633) scrissero trattati sull'agricoltura.
(Joachim Beuckelaer, donna che vende frutta, verdura e pollame, 1564) |
Fu proprio a partire da questo secolo che cominciò una vera e propria rivoluzione che sconvolse i gusti dei palati europei: i profumi forti ed esotici delle spezie vennero sostituiti da quelli freschi e delicati dei prodotti dell'orto e della campagna, un cambiamento di gusto molto importante non solo sotto il profilo alimentare ma anche societario ed economico.
Attraverso il progresso della scienza nel Settecento il consumo delle verdure venne accettato anche dagli intellettuali che fino ad allora erano rimasti piuttosto restii a riguardo, tanto che nel 1781 venne pubblicato un trattato che proponeva la dieta vegetariana come elemento fondamentale per la vita dei filosofi.
In generale non furono importanti solo sotto questi aspetti, nell'assetto culturale italiano esse assunsero un ruolo rilevante anche nella scansione tra periodi di magro e di grasso che regolavano l'anno.
Potremmo stabilire una connessione tra le verdure e i periodi di guerra o post bellici, più nello specifico, è facilmente intuibile (ed analizzabile attraverso i dati di consumo) che il loro utilizzo aumentava considerevolmente in questi periodi a causa di povertà, mancanza di valide alternative, e soprattutto fame, compagna fedele dell'uomo per secoli.
Ad inizio Novecento in Italia le verdure e il loro consumo furono assunti come modelli identificativi della società povera malnutrita del Sud Italia, in netto contrasto con il Nord ben più ricco e fiorente. La situazione tuttavia venne drasticamente cambiata dalle scoperte importantissime nei decenni successivi dello scienziato americano Keys che, studiando i modelli di consumo alimentari del Sud, scoprì la loro importanza nel mantenimento della salute fisica e nell'aumento dell'aspettativa di vita.
(Renato Guttuso, Vucciria, 1974) |
Le verdure nell'arte, come ho voluto dimostrare attraverso i tre esempi che ho inserito in questo articolo, divennero le protagoniste nel corso dei secoli di nature morte, scene di mercato o di mercanti e in famosi trattati botanici e scientifici, con tutti i significati allegorici che queste rappresentazioni assunsero. Nell'arte del Novecento poi divennero l'emblema di un Sud colorato, profumato, profondamente variegato e baciato dal sole dove, attraverso la Vucciria di Renato Guttuso (per esempio) è possibile sentire i profumi delle derrate alimentari, i colori e i sentori degli ortaggi che maturano e si fanno straordinari con il clima caldo del Mediterraneo.
Oggi, come tutti sappiamo, è incorso un rinnovato interesse nei confronti delle verdure e del loro consumo, sia a seguito delle frequenti (e mai sufficienti) campagne di sensibilizzazione alimentare, ma anche per una maggiore attenzione dei consumatori a ciò che mangiano e alla loro salute, segno che il legame millenario tra uomo e verdura non è fortunatamente ancora terminato.
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